venerdì 5 luglio 2013

Munchau sul FT: la UE rimpiangerà di aver affossato l'unione bancaria (e il piano Letta è ridicolo)

Wolfgang Munchau nel suo articolo sul Financial Times, The EU will regret terminating a banking union, afferma senza mezzi termini che Bruxelles ha definitivamente seppellito l'idea di un'unione bancaria, e che questa decisione peserà e avrà profonde conseguenze sull'economia dell'eurozona, e sulla permanenza dell'Italia. 


Dopo l'impegno solenne del luglio 2012, in cui il Consiglio Europeo ha preso la decisione di procedere alla costruzione di un'unione bancaria che rompesse il pericoloso legame tra stati sovrani e banche, in apparenza la settimana scorsa il progetto è stato riconfermato: tutti i rischi saranno spostati dagli stati di origine delle banche per essere condivisi tra le varie categorie dei creditori. Il problema è che la nuova struttura in realtà non solleva gli stati di appartenenza delle banche in crisi dal peso del salvataggio, perché i creditori sono principalmente gli istituti nazionali, e gli stessi stati di appartenenza.

Ecco un ampio estratto del ragionamento di Munchau:

"In teoria, secondo le regole un bail-in dovrebbe spostare il peso di almeno alcuni degli oneri finanziari dallo stato d'origine della banca. Ma questo può funzionare solo nella misura in cui alcuni di questi azionisti ed obbligazionisti (che dovrebbero sopportare le perdite, ndt) siano stranieri. Il guaio è che, dopo la crisi, le banche sono diventate sempre più a carattere nazionale. Sono le acquirenti di ultima istanza del debito pubblico dei loro paesi d'origine e in cambio i governi sostengono le loro banche nazionali. La maggior parte dei loro creditori sono nazionali. Importa quindi poco se è lo stato spagnolo a salvare le sue banche, o se sono coinvolti gli obbligazionisti, per lo più spagnoli. La questione di fondo è che tutto il rischio rimane in Spagna. La conseguenza finale è sempre una responsabilità dello Stato spagnolo. 

Il rapporto debito/Pil che vale come indicatore della solvibilità globale del paese non è il tanto citato rapporto tra il debito pubblico netto e il prodotto interno lordo, ma quello che conta è il debito estero totale, del settore pubblico e privato messi insieme. 
Nel caso della Spagna, alla fine del 2012 questo era quasi al 170 per cento del PIL, secondo gli ultimi dati della Banca Mondiale. Per la Spagna, un'unione bancaria che spezzasse il legame tra lo Stato e le banche sarebbe stata una garanzia necessaria, e forse anche sufficiente, per l'adesione sostenibile a un'unione monetaria. Anche se questo sarebbe vero solo se vi fosse il sostegno politico agli aggiustamenti fiscali e alle riforme economiche. Senza questa garanzia, non vedo alcuna possibilità. 
Quando i politici lo scorso anno presero in considerazione l'unione bancaria come un passo meno oneroso di un'unione fiscale, era già chiaro che o non prendevano sul serio il progetto, o almeno non lo prendevano sul serio come strumento di risoluzione delle crisi. Come la realtà del nuovo regime mostrerà i suoi limiti, i dubbi circa la vitalità dell'unione monetaria potrebbe presto riemergere. 

In tempi normali, anche l'insostenibile può durare a lungo in maniera sorprendente. Ma non è necessariamente così in tempi in cui i sistemi bancari di alcuni grandi Stati europei sono in passivo. 

La situazione Italiana è diversa da quella della Spagna, per alcuni importanti aspetti. Le banche italiane non sono sedute su montagne di debiti ipotecari inesigibili. L'Italia ha una posizione di debito estero inferiore, al 124 per cento del PIL. Ma il problema in Italia è il circolo vizioso tra una stretta creditizia, una recessione, e un settore pubblico con poco margine di manovra per sostenere un sistema bancario sottocapitalizzato. L'attenzione del nuovo governo su un minimale e insignificante piano per ridurre la disoccupazione giovanile, quando il suo vero problema è la crisi di liquidità, è incredibilmente sbagliata. Con l'aumento dei tassi di interesse a livello mondiale, il paese è sempre più vicino ad un programma del MES, che farebbe scattare gli acquisti di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea. Ma la BCE non può ricapitalizzare le banche italiane. E neppure lo Stato italiano può farlo. Né lo può il MES. Secondo Mediobanca, una banca d'investimento italiana, il grado in cui lo stato Italiano può toccare la ricchezza privata come fonte di nuovi fondi è limitato, dal momento che le imposte patrimoniali sono già relativamente elevate. Quindi, in assenza di un'unione bancaria con responsabilità comune, anche la sostenibilità dell'Italia nella zona euro non è garantita."

fonte:  http://vocidallestero.blogspot.it

Nessun commento:

Posta un commento