sabato 30 novembre 2013

La lettera che la BCE voleva tenere nascosta

Dal meritorio sito Voci dall'estero che consiglio a chiunque di leggere ed aggiungere fra i suoi favoriti per informarsi correttamente, attraverso la lettura di articoli della stampa estera, riporto un post di notevole interesse, tanto per capire con chi abbiamo a che fare, e cosa vale il concetto di sovranità nazionale e cooperazione in Eurozona...

La Lettera segreta della BCE all'Irlanda, che ancora non è stata resa pubblica

Forbes in un articolo di agosto 2012 pubblica delle testimonianze su una lettera della BCE in cui si fanno forti pressioni all'Irlanda perché entri nel programma di "salvataggio", minacciando di tagliarle l'accesso al sistema dei pagamenti. Ma la BCE pretende di mantenere il segreto... Grazie a Giorgio D.M. per la segnalazione



 
Annunciando di essere disposta ad acquistare titoli di Stato spagnoli e italiani, solo se questi governi fanno richiesta difinanziamento al fondo di salvataggio EFSF, la BCE sta ora esercitando delle pressioni su questi paesi perché firmino degliaccordi di salvataggio. Ufficialmente , la posizione di Mario Draghi su come la BCE si relaziona con i governi (come spiegato nella suaconferenza stampa di giugno) è la seguente:

 "Io non considero compito della BCE quello di spingere i governi a fare qualcosa. Accedere o meno all'EFSFE è solo una loro decisione."
 
In realtà, i dati disponibili sul ruolo della BCE nella richiesta disalvataggio dell'Irlanda (in effetti all'epoca sotto la guida del predecessore di Draghi) suggeriscono che questo organismo non sia affatto contrario a spingere i governi nei fondi di salvataggio.Come dimostrano i fatti che seguono, questi dati non incoraggiano a credere che la BCE agisca in modo aperto e trasparente.
 
Nei mesi che hanno portato all'accordo di salvataggio dell'Irlanda, la BCE era sempre più preoccupata per la quantità di denaro che stava prestando alle banche irlandesi. Ai primi di novembre, sembra che la BCE abbia deciso che c'era bisogno di intervenire.
 
Il Venerdì 12 novembre 2010, Reuters ha riferito che l'Irlanda era in trattative con l'Unione europea per ricevere finanziamenti di emergenza. Il governo irlandese ha negato che dei colloqui ufficialifossero in corso. Tuttavia, Brian Lenihan, l'allora ministro irlandese delle Finanze, successivamente disse in un documentario della BBC che quello stesso giorno aveva ricevuto una lettera da Jean-Claude Trichet che lo avvertiva che l'Irlanda sarebbe dovutaentrare in un programma Ue-Fmi. Lehihan ha detto chiaramenteche " la principale forza di pressione per un piano di salvataggio è venuta dalla BCE ".
 
L' Irish Times ha riferito che:

I funzionari Dublino hanno considerato la lettera molto diretta, con la minaccia implicita che il sostegno alle banche irlandesi fosse a rischio.”
 
Alan Ahearne, allora consigliere economico di Lenihan, ha confermato all'Irish Independent :
 
"Sì, la lettera di Trichet è arrivata Venerdì. La BCE stava diventando molto aggressiva sulla quantità di denaro che dovevaconcedere in prestito alle banche irlandesi. La BCE ha chiesto che si facesse qualcosa in proposito e ha detto che l'Irlanda dovevaentrare nel piano di salvataggio. Erano ansiosi di far entrarel'Irlanda nel programma."
 
 Ed ha aggiunto: "Lenihan ha telefonato Trichet quel giorno, e hanno deciso che i funzionari si sarebbero incontrati il giorno successivo a Bruxelles. Quando si incontrarono, la BCE fece dellepressioni enormi sull'Irlanda perché entrasse nel programma."
 
Ahearne ha detto che Lenihan era ormai al centro del caos internazionale e che il futuro dell'Irlanda era in bilico.
 
"Il Martedì seguente, Lenihan è andato alla riunione dell' eurozona ... "
 
La storia dell'Independent non precisa la data di arrivo della lettera di Trichet, ma il riferimento ad una riunione dell'Eurozona il Martedì seguente conferma la data del 12 novembre.
 
A poche settimane dal ricevimento di questa lettera, l'Irlanda sarebbe entrata in un programma di assistenza finanziaria Ue-Fmi. Dato il ruolo chiave che la lettera della BCE del 12 novembre sembra aver giocato in un evento così importante della storia economica europea, si potrebbe sperare che questa lettera potesse essere ora di dominio pubblico. Tuttavia, la lettera non è statapubblicata.
 
Lo scorso dicembre, un giornalista irlandese, Gavin Sheridan, ha chiesto che la BCE gli fornisca "tutte le eventuali comunicazioni della BCE indirizzate al ministro delle finanze irlandese ( o al suo ufficio), nel mese di novembre 2010".
  
La BCE ha risposto esibendo una lettera del 18 novembre (una comunicazione tecnica relativa ai sistemi di pagamento), ma ha rifiutato di consegnare un'altra lettera che in data 19 novembre (una settimana dopo la storia di Reuters e un giorno dopo l'ammissione del governatore della Banca Centrale d'Irlanda Patrick Honohan che un salvataggio era probabile).
  
La giustificazioni della BCE sul rifiuto di pubblicare la lettera sonoesposte nel paragrafo seguente:
 
"La seconda lettera, datata 19 novembre 2010, è una comunicazione strettamente confidenziale tra il presidente della BCE e il ministro delle Finanze irlandese e riguarda le misure per affrontare la situazione straordinariamente grave e difficile del settore finanziario irlandese e la sua ripercussione sulla integrità della politica monetaria della zona euro e sulla stabilità del settore finanziario irlandese."
 
Si allude così al contenuto della lettera:
 
"La BCE deve essere in grado di trasmettere messaggi pertinenti echiari alle autorità europee e nazionali nel modo che sia il più efficace per servire l'interesse pubblico nell'adempimento del suo mandato. Se necessario, e nel migliore interesse pubblico, deve essere possibile anche una efficace comunicazione informale e confidenziale, che non deve essere compromessa da eventualepubblicità. In questo caso, la comunicazione riservata era volta a discutere le misure atte a proteggere l'efficacia e l'integrità della politica monetaria della BCE e promuovere un contesto che contribuisse infine a ripristinare la fiducia degli investitori nella solvibilità globale e nella sostenibilità del settore finanziario irlandese, che, a sua volta , è di rilevante importanza per la buona conduzione della politica monetaria."
 
Queste comunicazioni sollevano una serie di domande:
 
1 . La BCE ha comunicato con Brian Lenihan il 12 novembre 2010? Se sì, perché questa lettera non è stata indicatin risposta alla richiesta del signor Sheridan?
 
2 . La BCE ha minacciato di ritirare i finanziamenti dalle banche irlandesi a meno che l'Irlanda non entrasse in un programma UE-FMI, o nella lettera del 12 novembre o nelle riunioni del seguente fine settimana?
 
3 . Quali sono i contenuti della lettera del 19 novembre e perché questa lettera è considerata così sensibile, dato che era chiaro a tutti dopo le osservazioni del governatore Honohan del 18 novembre che un accordo di salvataggio era stato concluso?
 
Credo che l'opinione pubblica irlandese ed europea a livello più ampio meritino una migliore spiegazione degli eventi del novembre 2010 da parte della BCE. La pubblicazione di tutte le comunicazioni da parte del signor Trichet al ministro Lenihan dovrebbe far parte di questa spiegazione.

Tradotto da Carmen Gallus.

venerdì 29 novembre 2013

Di chi è la colpa? Parte seconda: abbiamo sprecato il dividendo dell'euro e abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità

Nella parte prima di questo post abbiamo esaminato le prime due voci dell'elenco delle colpe di noi italiani per la crisi che ci attanaglia ormai da quasi sei anni, secondo quanto ci dicono i politici e la stampa. Ora è tempo di esaminare la terza e la quarta: abbiamo sprecato il dividendo dell'euro e abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità.

Vi dico francamente, ritenevo che confutare queste due affermazioni fosse diventato inutile, data l'evoluzione che piano, piano sta avvenendo nella percezione della crisi, delle sue cause e l'abbandono da parte dei sostenitori più accorti dell'euro e dell'eurozona di alcuni dei vecchi caposaldi della propaganda eurista, ma sentire ieri il giornalista, ex consulente di D'Alema, poi consulente della Santanché ed attuale firma de Il Giornale, Fabrizio Rondolino, spiegare all'inclito ed alla plebe, ribadendo che la colpa è nostra, che l'euro ci stava facendo tanto bene, che potevamo fare le riforme ed invece abbiamo perso tempo ed opportunità, che praticamente abbiamo gozzovigliato invece di fare come l'austera Germania che ha eliminato le tredicesime (...) ed è ripartita, beh mi ha fatto capire che forse due righe di chiarimento meritano di essere scritte. E dunque

ABBIAMO SPRECATO IL DIVIDENDO DELL'EURO

Innanzitutto: qual'è o quale sarebbe stato questo dividendo? La risposta è unanime: il poter usufruire di tassi bassi di interesse per il servizio del debito, dal 1999, inizio di fatto dell'euro come moneta degli scambi intervìnazionali, al 2007, quando è scoppiata la crisi. In questo periodo, ci dicono, l'appartenenza all'eurozona ha fatto sì che potessimo godere, grazie alla "credibilità" data dalla stabilità del cambio, di tassi di interesse calanti con risparmi di centinaia di miliardi (700, secondo una famosa dichiarazione di Giannino, poi ribadita da Marco Bollettino sul sito di FARE), miliardi che abbiamo dilapidato con più spesa pubblica, quindi più debito, più interessi, più tasse.

Vediamo qualche dato:



Cosa si nota? Che tutti i Paesi, sia UE, eurozona e non, che extra UE avevano lo stesso trend: i tassi di interesse erano in calo costante e si stavano allineando al 4/5%; è pertanto probabile che, anche non entrando in eurozona, l'Italia avrebbe comunque beneficiato di tassi di interesse più bassi, anche perché la discesa dei suoi tassi inizia ben prima del 1997, quando ormai la partecipazione futura all'euro era una certezza, ma è un trend costante dal 1993, con una accelerazione nel 1995 fino al 1996, probabilmente dovuto alla crescita del PIL, che portava maggior gettito per coprire il fabbisogno, e quindi del minor ricorso al finanziamento. Va ricordato che gli interessi erano saliti a dismisura per il tentativo di sostenere un cambio sopravvalutato della lira all'interno dello SME, fino all'inevitabile tracollo ed uscita, poi l'economia ha ripreso e con la svalutazione non c'è stato più bisogno di difendere il cambio ed offrire rendimenti così alti.

ABBIAMO VISSUTO AL DI SOPRA DELLE NOSTRE POSSIBILITA'

Si può quindi affermare che il "beneficio" dei tassi basi di interesse non è un beneficio che dobbiamo all'euro, ma era un trend mondiale. Se lo si fa notare all'eurista o euroentusiasta ci si trova di fronte alla seconda obiezione: "va bene, i tassi forse sarebbero stati bassi ugualmente, ma ciò non toglie che abbiamo goduto di un periodo in cui potevamo finanziarci a costi minori ed, invece di sanare il debito e fare le riforme per migliorare la nostra competitività ed il funzionamento dell'economia, abbiamo fatto spesa allegra, ecc. ecc.".

In effetti sembra un'obiezione ragionevole: abbiamo perso tempo e ci siamo cullati. Sembra: ma è proprio così?

Vediamo l'andamento dei debiti del Paese nel suo complesso in quei anni:



Fermiamo lo sguardo fino al 2007, prima del fallimento Lehman: il debito pubblico è in trend negativo, passa dal 120% del PIL del 1997 al 103%, lo Stato quindi sta facendo i suoi compiti; chi invece sta peggiorando la sua situazione è il comparto delle imprese che nello stesso periodo passa da un debito pari al 85% del PIL ad un debito che tocca il 108%, quello delle famiglie che si indebitano con una percentuale rispetto al PIL dal 30% al 45%, ma soprattutto il settore finanziario, il cui debito decolla dal 30% al 80% del PIL in soli dieci anni. La ragione è questa:



fonte: goofynomics

Cosa ci dicono questi due grafici? Una cosa semplice: che l'inflazione nella zona euro va sì, verso la convergenza con l'adozione di una moneta unica, ma le differenze fra Paese e Paese permangono, come ci dimostra il grafico di comparazione dei prezzi rispetto alla Germania. Cosa provoca questa permanenza di diversi tassi, pur ristretti, di inflazione? La perdita progressiva di competitività delle aziende degli Stati ove l'inflazione è relativamente più alta: questo è il vero "dividendo dell'euro", l'impossibilità di aggiustare con il cambio le pur minime differenze di prezzo dei beni prodotti e quindi la perdita di convenienza dei prodotti, sia sul mercato esterno, che sul mercato interno. Il risultato è che i Paesi con l'inflazione più bassa esportano i loro prodotti che diventano più convenienti di quelli fabbricati all'interno dei Paesi a più alta inflazione; quindi in quest'ultimi aumentano le importazioni, ed il debito con l'estero sale, tutte cose che abbiamo già visto.

Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità? No, direi che abbiamo vissuto con gli stessi standard di consumo, solo che invece di consumare beni nazionali abbiamo cominciato a consumare beni prodotti all'estero, convenienti e con finanziamenti agevolati, con rate piccolissime e praticamente senza interessi, amorevolmente forniti dai Paesi del nord Europa, soprattutto la Germania, i quali ci fornivano anche i capitali per acquistarli. Fino a che i prestatori sono andati in crisi ed hanno smesso di prestare.

Siamo stati vittime di un avido mercantilismo ed ora dobbiamo espiare questa colpa non nostra: questo è quello che in realtà ci dicono quando rimproverano che siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità: è bene capirlo.


giovedì 28 novembre 2013

Alberto Bagnai: Il competente anonimo (da istwine)


(da istwine ricevo e immediatamente pubblico questa piccola pièce il cui contenuto satirico, degno del miglior Flaiano, potrà forse sfuggire a chi ha avuto l'ottima idea di non mettersi su Twitter. Giunge proprio a fagiolo in un periodo nel quale il trollaggio, visti gli ottimi risultati che abbiamo conseguito in due anni, si fa un pochino fastidioso. Ma comunque, amici cari, quando il troll arriva si può sempre fare come i due protagonisti. Sconsigliabile invece il "guarda cosa hanno detto di te", perché io so prima di voi chi lo ha detto, perché lo ha detto, e cosa devo fare. Non regalate clic a questi perdenti. Regalatevi invece questa piacevole ed istruttiva lettura...)


 IL COMPETENTE ANONIMO
Sipario
Due amici, intenti a bere un caffè seduti ad un tavolo di un bar, discutono del verbale dell’ultima assemblea dei docenti all’Istituto dove insegnano entrambi.

Francesco – A mio avviso c’è qualcosa che non quadra nella faccenda, voglio dire, logicamente il resoconto non regge. In un certo senso è come se mancasse una parte, e il resto fosse stato appiccicato in maniera frettolosa.
Valentino – Condivido, non ho capito se gli autori volessero suggerire indirettamente un falso, non so, una sorta di trabocchetto da svelare, oppure credano veramente che il pubblico possa ritenere valido il racconto.
Francesco – Sì d’accordo, ma se fosse un trabocchetto però dovrebbero anche dar spazio a colui che lo

domenica 24 novembre 2013

La Germania uscirà dall'EURO per prima.

Da économie-matin.fr un articolo che delinea lo scontro in atto all'interno della BCE: alla fine, può anche essere che sarà il falco tedesco a farci il favore di uscire, costretta dalle colombe che vogliono imporre il Quantitative Easing per mantenere la moneta unica...



I rimproveri della UE sulle eccedenze tedesche che superano il 6% del PIL potrebbero convincere la Germania a uscire dall'eurozona. 


Sicuramente avete avuto notizia dell'apertura di un'inchiesta da parte della Commissione europea, non contro la Francia e il suo deficit eccessivo, ma contro la Germania e i suoi avanzi abusivi!
Un mondo alla rovescia, dove il bravo studente viene sanzionato dal maestro perché fa venire dei complessi ai somari della classe, e Dio sa quanti ce n'è!
Questa è la prima lettura. Tuttavia, questo conflitto e questa procedura avviata contro la Germania da parte della Commissione nasconde in realtà una grande battaglia diplomatica ed economica all'interno di un'Europa divisa in due campi.
Da un lato ci sono i paesi latini in senso lato, tra cui la Francia e l'Irlanda, vale a dire i paesi superindebitati e in panne con la crescita. Dall'altra, i paesi più virtuosi, con la Germania in prima fila, seguita dai Paesi Bassi e anche dall'Austria.
Al centro di questa lotta e di questo conflitto vi è il mandato della BCE scolpito nel marmo dal Trattato di Maastricht e che tiene bloccata la politica monetaria Europea sotto il giogo della disciplina.

L'obiettivo è di piegare la Germania di Angela Merkel e consentire alla BCE di lanciarsi in una politica di quantitative easing con acquisto massiccio di obbligazioni di Stati quasi in fallimento. Ritorniamo così al punto in cui eravamo all'inizio della crisi quasi cinque anni fa. La scelta tra salvare la moneta unica al prezzo di un'immensa deflazione / recessione, o imbarcarsi in una politica di stampa di moneta in stile anglosassone che, alla fine, distruggerà l'economia e la moneta con l'iperinflazione (va beh, al netto delle esagerazioni, ndt).

Solo che questa volta i paesi del Sud Europa, impantanati in una crisi sociale senza precedenti e in un marasma economico innegabile, sono dalla stessa parte e il peso è sulle spalle di dirigenti francesi totalmente sopraffatti e spaventati. La Francia vacilla. Il rigore è impossibile. Una riduzione della spesa improbabile. L'aumento delle tasse inattuabile. Quindi non c'è più molta scelta. O la Francia esplode, rischiando di destabilizzare l'Europa intera, o si offre ai paesi come la Francia una soluzione a colpi di stampa di moneta, cosa che va contro tutti i principi economici finora difesi con le unghie e coi denti da Berlino.

Da un lato la Germania blocca l'unione bancaria e impedisce la monetizzazione da parte della Banca centrale europea. Dall'altro lato, la Commissione avvia un procedimento contro la Germania al fine né più né meno di mettere all'angolo la Germania e farle pagare il prezzo del suo rifiuto, nel senso stretto del termine.

Due articoli sono stati pubblicati di recente, che sono da collegare tra loro perché rappresentano la battaglia tra due concezioni dell'Europa e della moneta che attualmente si gioca nei corridoi silenziosi e ovattati di Bruxelles e dei governi europei.

Perché la Germania sta bloccando l'unione bancaria

Il primo è un articolo de La Tribune, che discute le presunte ragioni del blocco tedesco all'unione bancaria.

"Sull' unione bancaria i Ministri delle finanze si sono zelantemente affrettati a non decidere nulla sull'argomento. Nessun meccanismo di risoluzione unico, nessuna garanzia comune dei depositi. Null'altro che l'ennesima dichiarazione di buona volontà. Come è possibile che questa unione bancaria, una volta così imperativamente necessaria, sia ora così lenta a nascere? La risposta, come spesso accade, si trova dalle parti di Berlino."

Anche in questo caso, dare la colpa alla Germania è sempre la spiegazione più semplice. I tedeschi non vogliono avere nulla a che fare con il nostro debito, la nostra mancanza di coraggio politico che dura da 40 anni, la cattiva gestione delle élites francesi che se la fanno sotto e non hanno mai voluto far pagare ai francesi il vero costo del loro sistema di welfare, che oggi ci torna indietro come un boomerang, in un momento che per il nostro paese è ovviamente il più delicato e in piena crisi economica mondiale.

«Ma se Berlino ha acconsentito non senza limiti e reticenze a far monitorare le sue banche dalla BCE, quando si tratta di pagare è diverso. Cioè quando si arriva alla creazione di un meccanismo che permetta al

giovedì 21 novembre 2013

L'euro contro l'Europa



(...pacatamente...) 


Sul sito di a/simmetrie trovate le informazioni e il modulo per registrarvi (gratuitamente) al convegno L'euro contro l'Europa, organizzato dalla Fondazione Nuova Italia (che ha preso l'iniziativa) e da a/simmetrie (che ha assicurato il supporto organizzativo e scientifico).

Partecipano Diego Fusaro, Brigitte Granville, Jacques Sapir, Stefano Fassina, Alberto Bagnai, Luigi Casero, Guido Crosetto e...

E...

E...

E...

Gianni Alemanno! 


Ecco. Non lo volevo dire, ma l'ho detto. Sì, non lo volevo dire. Non per un fatto personale. La politica non mi ha mai interessato molto, e infatti, come sapete, tutti i miei colleghi (quelli che "la colpa è dell'austerità", quelli che "a settembre andiamo da Bersani", quelli che "le carriole di Weimar") non si esentano dal grato (per loro) compito di farmi adeguate lezioncine in merito. Io, poi, quando vado a correre lungo il fiume, dietro Saxa Rubra (portando sempre con me un sacchetto di sale da spargere sulle rovine fumanti che presto vedremo), getto ogni tanto uno sguardo distratto verso il Tevere, e li vedo, gonfi, portati a valle dalla corrente, questi miei colleghi fini politici. Li vedo mendicare attenzione da organizzazioni delle quali mi parlavano con disprezzo dodici mesi fa ("Ma che ci vai a fare, Alberto, sono quattro gatti!" - e io ci andavo). Li vedo sprofondare nell'irrilevanza e nell'oscurità della menzogna.

Allora, chiariamo subito un concetto. Non è colpa mia se questo dibattito in Italia sta diventando appannaggio della destra. Io avevo chiaramente avvertito più di due anni fa la sinistra dell'errore che stava commettendo e che le sarà fatale, e lo avevo fatto non in un luogo "oscuro", ma in un dibattito promosso sul Manifesto da Rossana Rossanda. Tutto quello che prevedevo in quell'articolo (l'avvento di un governo "tecnico" salutato dalla sinistra - Monti, il macellaio col grembiule rosa; l'avanzata delle destre prima in Francia e poi da noi, ecc.) si è puntualmente verificato, perché era ovvio che si sarebbe verificato.

Di questi saggi avvisi i compagni se ne sono ampiamente battuti il belino (sugli scogli di Quarto), salvo poi confessare di aver orientato il dibattito in senso eurista (come sapete). Hanno cioè confessato di voler difendere il più spietato e criminale progetto oligarchico promosso in Europa da secoli, un progetto il cui fallimento viene oggi dai suoi padri nobili imputato, con toni colpevolizzanti, ai governi cialtroni che non avrebbero bene operato, quando lo scopo del progetto stesso era, molto chiaramente, proprio quello di togliere ai governi tutti gli strumenti per operare: la politica fiscale, la politica monetaria, la politica valutaria, aggirando il consenso dei cittadini, per ridurre ideologicamente il government footprint, consegnando alla finanza privata tutto il risparmio intermediato dall'operatore pubblico, come ho spiegato qui.


Chiaro?

Se è stato Gianni Alemanno a contattarmi per organizzare questo dibattito, invece di Ferrero, di Vendola, di Epifani (mi viene da ridere), non è un problema mio: è un problema di Ferrero, Vendola, Epifani e zombie simili. Perché Alemanno faccia oggi questo, o perché abbia fatto altro in passato, scusatemi, non mi interessa. Siamo in una casa in fiamme. A chi ci aiuta ad indicare l'uscita non credo sia il caso di chiedere la carta di identità, come ha chiaramente detto

mercoledì 20 novembre 2013

Sapir: Le aspettative di miglioramento dell'economia sono del tutto infondate!! La colpa è dell'Euro ecco i dati.

Jacques Sapir nel suo blog Russeurope spiega, come sempre dati alla mano, le ragioni per cui le aspettative di miglioramento dell'economia francese e degli altri paesi dell'Eurozona siano del tutto infondate, e sottolinea l'urgenza di una dissoluzione della moneta unica per evitare la incombente deindustrializzazione: è ormai una questione di vita o di morte del paese...




L'ulteriore deterioramento della situazione economica - la Francia ha registrato un calo del PIL dello 0,1% nel terzo trimestre del 2013 - ha preso il governo francese in contropiede. Infatti, si attendeva un ulteriore miglioramento della situazione economica sulla base dei risultati registrati nel secondo trimestre. La ricaduta nel 3° trimestre suona la campana a morte per queste aspettative.

Vediamo infatti che l'economia francese non è uscita dalla stagnazione in cui si dibatte da quasi due anni ormai. Da questo punto di vista, l'analisi dei fattori che contribuiscono alla crescita del PIL è estremamente illuminante. La crescita è trainata solo dal movimento delle scorte. Ma è chiaro che questo movimento, che compensa le forti contrazioni di fine 2011 e 2012, non può continuare nel quarto trimestre. I consumi delle famiglie rimangono fermi e questo per due ragioni: i redditi vengono abbattuti dall'aumento del prelievo fiscale e lo saranno ancora di più con l'aumento dell'IVA all'inizio del 2014, e le preoccupazioni riguardo la politica del governo in materia di pensioni spingono le famiglie a non spendere i propri risparmi. Inoltre, ci sono due fattori che spingono il PIL verso il basso, il saldo della bilancia commerciale (che è parzialmente responsabile degli scarsi risultati del terzo trimestre) e gli investimenti.

Grafico 1
Fonte : INSEE : « Nel terzo trimestre del 2013 il PIL cala leggermente»

L'evoluzione del saldo della bilancia commerciale era prevedibile, poiché su di essa pesano diversi fattori. In primo luogo c'è il tasso di cambio dell'Euro contro il dollaro, che penalizza soprattutto l'economia francese, la quale intrattiene molti rapporti commerciali al di fuori dell'area dell'Euro.

Siamo uno dei paesi meno integrati nell’eurozona. Ma dobbiamo vedere nel deterioramento di questi risultati gli effetti delle politiche di svalutazione interna che alcuni dei nostri vicini, come la Spagna, il Portogallo e persino, in qualche misura, l'Italia, sono stati obbligati a intraprendere. La diminuzione del costo dei salari, ottenuta in maniera molto brutale con una politica dai risultati spaventosi in materia di occupazione (in Spagna e Portogallo) e di crescita (per l'insieme di tutti questi paesi), ha migliorato la loro competitività a nostro discapito. Questo sarebbe tollerabile se noi potessimo, a nostra volta, migliorare la nostra competitività rispetto alla Germania, le cui eccedenze commerciali destabilizzano l'economia europea, ma anche rispetto a quei paesi le cui valute sono indicizzate, più o meno direttamente, al dollaro. Se vogliamo impegnarci anche noi in un esercizio di svalutazione interna, come vuole l'opposizione (perché questa è in effetti la ricetta proposta dai signori Fillon, Copé e Le Maire dell'UMP) dobbiamo aspettarci un calo del PIL, a causa di un crollo dei consumi, e un'esplosione della disoccupazione, che potrebbe salire rapidamente al 16-18% della popolazione attiva. Il futuro sembra essere ridotto a questa alternativa: o un lento degrado con l'attuale politica socialista, o un molto prevedibile disastro con la politica proposta dall'opposizione.

È chiaro, tuttavia, che esiste un'alternativa: la dissoluzione dell'area dell'Euro. Riconsegnare ai paesi la loro sovranità monetaria e la possibilità di svalutare, consentirebbe istantaneamente un riallineamento della competitività francese, sia rispetto ai paesi che adottano il dollaro, sia rispetto alla Germania, e un aggiustamento dei paesi dell'Europa del sud rispetto alla Germania, ma anche in rapporto alla Francia. Se seguiamo i movimenti delle parità di cambio necessari per riequilibrare i saldi della bilancia commerciale, che implicano una svalutazione nell'Europa del sud maggiore che in Francia, ma per quest'ultima una svalutazione del 23%, vediamo che gli effetti sarebbero molto positivi per tutti questi paesi, Francia inclusa. La maggiore svalutazione della Spagna, dell'Italia e del Portogallo, sarebbe infatti più che compensata dalla svalutazione rispetto al dollaro e al 'nuovo' marco tedesco. Questi calcoli sono stati fatti nell'opuscolo Gli scenari di dissoluzione dell’eurozona, pubblicato dalla Fondazione Res Publica lo scorso settembre. Ricordiamo che essi includono l'effetto dell'aumento dei prezzi dell'energia e delle importazioni, ma anche i cosiddetti effetti "di secondo grado", ossia l’aumento delle importazioni indotte da un aumento delle esportazioni causate dal miglioramento significativo della nostra competitività. Infatti, la dissoluzione dell'eurozona appare come una politica vincente non solo per la Francia, ma anche per i paesi dell'Europa meridionale. In queste circostanze, non dobbiamo temere un effetto di svalutazione competitiva, perché l'impatto delle svalutazioni che sono state simulate è molto positivo per tutti questi paesi. 
Per la sola Francia, la crescita potrebbe aumentare del 20% nei tre o quattro anni successivi a questa dissoluzione dell'eurozona, mentre la creazione di posti di lavoro potrebbe essere tra 1 e 2,5 milioni. Al contrario, la continuazione della politica attuale si traduce in una costante erosione dell'occupazione. Non solo non abbiamo ancora raggiunto i livelli di occupazione precedenti la crisi nel 2007, ma possiamo constatare che l’occupazione nell'industria è in un declino molto allarmante fin dal 2002.

Grafico 2
Fonte : INSEE, indagine sull'occupazione.

Qui viene misurato l'impatto della deindustrializzazione provocata dall'Euro, impatto connesso sia con la perdita di competitività rispetto alla Germania (che ha intrapreso per prima una svalutazione interna, violando il contratto implicito su cui si basa l'Euro) sia con la perdita di competitività rispetto al dollaro collegata al significativo apprezzamento dell'Euro contro il dollaro iniziato nel 2003. In un certo senso, la dissoluzione della zona Euro permetterebbe di 'azzerare i contatori' sia in relazione alla Germania sia rispetto ai paesi dell'area del dollaro.

L'attuale politica ha, inoltre, un aspetto molto preoccupante: il declino degli investimenti produttivi (gli investimenti fissi lordi) che osserviamo dal 2000. Questo declino è particolarmente forte dal 2012 e tende a riportare il volume degli investimenti al livello che aveva nel 1997.

Grafico 3
Formation Brute de Capital Fixe, indice 100 = 1997



Ora, questo significa che rispetto ad uno stock di capitale (perché l’investimento è un flusso) che è aumentato dal 1997, il rinnovo del capitale produttivo in Francia avviene ora sempre più lentamente. Questo si traduce in un rallentamento degli incrementi di produttività, ma anche in un minor grado di innovazione dell'economia dato che, perché le innovazioni si materializzino, esse richiedono un forte investimento produttivo. Questo processo, sopravvenuto dopo lo shock della crisi del 2008, e dopo i cali negli investimenti che si sono verificati durante la transizione all'Euro, compromette seriamente le prospettive di crescita futura per il nostro paese. La crescita sarà possibile nei prossimi anni, assumendo di invertire questo trend di investimento dal 2014, solo con un fortissimo aumento della competitività, aumento che si può avere solo con un forte deprezzamento della nostra moneta rispetto alla valuta della Germania e al dollaro, ossia con una dissoluzione dell'euro. Si può anche sostenere che l'inversione dell’attuale trend di investimento sarà possibile solo dopo un forte deprezzamento del tasso di cambio e una dissoluzione dell'area euro. Infatti, solo una forte crescita, quale quella che si può verificare nel caso di una dissoluzione dell'euro e del deprezzamento della nostra moneta, produrrà gli incentivi sufficienti agli imprenditori privati per investire massicciamente. Si noti che questo vale anche per l’innovazione e la ricerca applicata. Se il processo di deindustrializzazione del nostro paese va avanti, vedremo i centri di ricerca delocalizzarsi per seguire le fabbriche in cui si utilizzano i loro servizi. Infatti, non ci può essere ricerca applicata senza produzione.

La dissoluzione dell'eurozona, il ritorno alla nostra sovranità monetaria e un forte deprezzamento della nostra moneta sono necessari ormai da diversi anni. I lettori che mi seguono sanno che lo dico pubblicamente dal 2006 [1]. Queste cose sono ormai assolutamente imperative per la sopravvivenza dell'economia francese a breve termine. Il rischio di distruzione del nostro tessuto produttivo da qui a tre anni è diventato tale che dobbiamo agire o morire. Più aspetteremo, più il costo di una politica di ritorno alla crescita e all'occupazione sarà alto, più i fenomeni di dissociazione del nostro tessuto sociale a causa di un aumento importante della disoccupazione saranno gravi.

Da questo punto di vista è abbastanza grave vedere un autore con cui possiamo ritrovarci su molte idee e posizioni come Jacques Généraux, continuare il suo voltafaccia su questo argomento in un articolo recente [2]. In questo articolo le posizioni che lui difende sull'euro sono in primo luogo economicamente sbagliate. Sì, la crisi è dovuta all'euro. I due argomenti in 'difesa' dell'euro sono totalmente in cattiva fede: (i) “la deregolamentazione della finanza, che ha portato ad una profusione di titoli tossici e speculazione» e (ii) “l’impropria distribuzone della ricchezza per più di 30 anni: non abbiamo interrotto la compressione delle remunerazioni del reddito da lavoro, a beneficio degli alti redditi e delle rendite finanziarie (le quali nutrono la speculazione).” Questi argomenti sono anzitutto parziali. Si tace sull'accumulo eccessivo delle eccedenze commerciali della Germania e sul fatto che, con la moneta unica, abbiamo perso il modo principale e più efficace per ristabilire regolarmente la nostra competitività. Jacques Généreux non è disposto a vedere che quando i paesi hanno diversi tassi di inflazione strutturali, come è il caso dell’Europa, e cercano di coesistere in una moneta unica, ciò non può che condurre alle catastrofi economiche e sociali che egli stesso denuncia. Inoltre, questi stessi argomenti si ritorcono contro di lui, perché in realtà essi sono indotti dall'euro. Se le banche europee si sono imbottite di titoli tossici americani, è a causa della crescita più bassa dell'Europa (a causa dell'eurozona) rispetto agli Stati Uniti. A causa del gap di crescita, e oggi possiamo ben affermare che esso deriva direttamente dall'euro, le banche europee non avrebbero potuto mantenere la loro posizione competitiva sulla base esclusivamente di titoli europei. È l'Euro che, indirettamente, li ha spinti a comprare titoli tossici americani. Inoltre, dire che non c'è nessun collegamento causale tra la distribuzione della ricchezza nell’eurozona e l'euro, sia per quanto riguarda la distribuzione tra i paesi membri che la distribuzione all'interno dei singoli paesi a seguito delle politiche di "svalutazione interna" (a cominciare dalla Germania) è una menzogna che sconfina verso la sfacciata malafede.

Poi, Jacques Généreux continua a ripetere a pappagallo la vecchia antifona sulle svalutazioni competitive. Riprendiamo le sue parole:“Rischiamo allora di assistere a uscite in serie: la Grecia, poi il Portogallo, la Spagna, l’Italia e anche la Francia: essa non sarà in grado di far fronte né alla competitività tedesca né alla ritrovata competitività – tramite svalutazione - dei paesi del sud. Nell'area dell'euro sarebbe l’inizio del caos. E se tutto il mondo svaluta, dov'è il guadagno? Entriamo in una logica di guerra economica"[3]

Cosa succede in caso di svalutazione a cascata, in realtà? Il primo paese ad uscire avrebbe un leggero vantaggio, ma nel giro di due anni, tutti i paesi usciti dall’euro beneficerebbero di questa uscita. L'analisi dell’elasticità di prezzo dimostra che esistono livelli ottimali di deprezzamento delle monete. Sì, tutto il mondo dovrebbe svalutare (ad eccezione della Germania), ma queste svalutazioni si differenzieranno a causa dell'esistenza di questi livelli ottimali che si possono calcolare sia per la Francia che per l’Italia e la Spagna.Questo argomento non vale niente e serve solo a insistere pesantemente sui cosiddetti "svantaggi" di una dissoluzione dell'euro che, nel suo intimo, Jacques Généreux rifiuta. Sarebbe più onesto e più chiaro per tutti che egli assumesse in pieno la sua posizione. 

Questa posizione, tra l’altro, è politicamente disastrosa perché impedisce agli elettori del Fronte di Sinistra e anche a gran parte degli elettori socialisti di vedere la dimensione centrale che oggi occupa l'euro in quanto strumento delle politiche di austerità e di deflazione in Europa.

L'euro è uno strumento economico, perché impedisce l'attuazione di politiche economiche per la crescita e l'occupazione. È uno strumento politico perché serve a giustificare le politiche di austerità e l'”imitazione” suicida della Germania (come si parlava nel XVII secolo di una “imitazione di Gesù Cristo”). Esso è infine uno strumento simbolico perché giustifica, nel campo delle rappresentazioni, le cessioni della sovranità a Bruxelles, cessioni che sono strumenti istituzionali per imporre queste politiche di austerità e di deflazione.

Oggi è chiaro che la questione si concentra sull'Euro, e la posizione di Jacques Généreux (e con lui senza dubbio del Fronte di Sinistra), a prescindere dalle giuste spiegazioni fornite sugli effettidelle politiche di austerità, poiché trasmette quest’enorme confusione politica ed economica, finisce per disarmare le classi popolari e le prepara a capitolare completamente.L'Euro è ormai irrecuperabile ed è un punto di chiusura essenziale della camicia di forza che stritola le economie del sud Europa. Più velocemente ce ne libereremo e meglio sarà, non solo per i francesi, ma anche per la maggioranza degli europei.

[1] « La crisi dell'euro: Errori e stalli dell'europeismo» in Prospettive repubblicane, n°2, Giugno 2006, pp. 69-84[2] Rue89, Jacques Généreux : la priorità è salvare l'Europa, non l'euro, URL :http://www.rue89.com/2013/11/16/jacques-genereux-priorite-cest-sauver-leurope-leuro-247475?imprimer=1


Fonte e ringraziamenti: http://vocidallestero.blogspot.it

martedì 19 novembre 2013

Grillo che c***o stai facendo? Perchè vai contro la Le Pen e Orban?


_ZIF4827.JPG
Ieri sul blog di Beppe Grillo è comparso questo post dove, il comico-politico genovese, ha dichiarato che la cattiva gestione della crisi europea stia spianando la strada al ritorno del fascismo in Europa; citando inoltre Alba Dorata, Marine Le Pen e Viktor Orban.
qui l’articolo completo (link diretto)
Le oligarchie finanziarie si baloccano con governi compiacenti o direttamente imposti da loro. Infatti la BCE ha ormai il potere di influenzare la composizione dei governi nazionali. Questi alchimisti dello spread evocano una nuova guerra santa contro i “populismi” rei di mettere in discussione un’architettura economica costruita sopra le teste dei cittadini, un atto profondamente anti democratico. La povertà e la disoccupazione dilagano ovunque in Europa insieme a un’emigrazione incontrollata dall’Africa e dall’Est dell’area Schenghen, a cui non aderisce la Gran Bretagna che sta studiando nuove limitazioni agli ingressi e sospesa in Danimarca, ennesimo fallimento della UE. La Grecia è stata lasciata morire dai “fratelli” europei, sacrificata sull’altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro “libbra di carne”. Questa Europa non è basata sulla solidarietà, chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Fino alla spoliazione dei beni dello Stato, con la distruzione del tessuto sociale, dei servizi di prima necessità, come la sanità. E’ quello che sta avvenendo ai greci abbandonati alla loro sorte come degli appestati. L’Europa sta diventando un lazzaretto. Chi si ammala è lasciato alla sua sorte. Che razza di Europa è questa? Assomiglia a quelle riunioni di mafiosi in cui chi sgarra viene assassinato. Solidarietà doveva essere la prima parola, il primo mattone dell’edificio europeo. Non è stato così. Non è così. I garanti dello status quo ormai insopportabile, in Italia la coppia al comando è Napolitano – Letta, continuano imperturbabili nelle loro convinzioni ignorando il mondo che gli sta crollando intorno. Indifferenti a un mostro che si sta svegliando e che sarà difficile, quasi impossibile, rinchiudere nelle gabbie del suo passato se diventerà più forte. Per questi finti democratici, tutori dei loro interessi personali, collegati con la finanza e non con il popolo che disprezzano sta suonando la campana a martello. Purtroppo, oltre che per loro, rischia di suonare per le democrazie. Il fascismo sta avanzando grazie a questi sciagurati in tutta Europa. Un sondaggio di ieri dà Alba Dorata primo partito in Grecia con il 26%, in Francia il Front National di Marine Le Pen è dato come primo partito dalla sua nascita con il 24%, in Norvegia ha vinto il Partito conservatore insieme all’affermazione del Partito del progresso, nel quale militò Anders Breivik, responsabile dell’uccisione di 77 persone. In Ungheria il governo di estrema destra ha stilato una lista nera di personalità che avrebbero fornito ai media stranieri informazioni contro l’immagine dell’Ungheria. Viktor Orban, il primo ministro, ha cambiato la Costituzione minando l’indipendenza della Banca centrale, l’autonomia della magistratura e dell’autorità garante della privacy e ha come obiettivo la Grande Ungheria nazionalista. Quali sono le cause della nascita dei nuovi fascismi? Chi sono i veri responsabili? Chi ha tradito la democrazia?
Ora, che la politica assurda imposta dall’UE ai paesi del Sud stia spingendo movimenti antisistema è senza dubbio vero, ma che questo sia un male mi permetterei di metterlo come minimo in discussione.
Grillo non si rende conto che quello che lui ha detto su questi movimenti, all’estero (ma anche in Italia), potrebbero dirlo tranquillamente su di lui. E’ ridicolo.
Inoltre, analizzando gli esempi fatti, se un po’ di cautela nei confronti di Alba Dorata sarebbe comprensibile,  ben diverso è il discorso già con Marine Le Pen, una donna relativamente giovane che ha rinnovato un movimento profondamente nostalgico e che rifiuta la dicotomia destra-sinistra. Quale fascismo potrebbe portare Marine Le Pen, ma Grillo ha mai letto il programma di Front National? Si può veramente aver paura di Marine Le Pen? Parliamone. Io dico di no. E anche molti francesi.
Capitolo Orban. Di solito chi scrive sul premier ungherese è un ignorante disinformato. L’Ungheria è un piccolo stato con una lingua praticamente inaccessibile, tutte le notizie che arrivano a noi non sono verificabili e spesso vengono
distorte a piacimento.
Per esempio, visto che di solito parlo di Euro, nessuno vi ha mai detto che l’Ungheria sta vivendo una buona ripresa economica (PIL +1,7%, Debito/PIL 79% in calo, Deficit/PIL 2%), sta riassorbendo la disoccupazione e la loro valuta, il fiorino ungherese, regge il mercato senza troppi problemi, i tempi del FMI sono un ricordo. Vivendo a Budapest per 6 mesi ho potuto tastare con mano una popolazione serena, laboriosa ed ordinata, chi pensa che Orban sia un dittatore autocrate non sa di cosa parla o è in malafede.
Viktor Orban è alla seconda esperienza di governo dopo quella del 1998-2002 (poi ha perso le elezioni, quale autocrate perde le elezioni?).
Ha rivinto, nel 2010, in maniera schiacciante, ottenendo una maggioranza bulgara, oltre il 50% dei consensi. Questi voti li ha utilizzati per fare delle importanti riforme. Ha riportato la Banca Centrale sotto controllo del Governo (attirandosi questo articolo moderato), ha riformato la costituzione, la giustizia, l’istruzione ecc. Ha fatto ciò che si chiede ad un governante regolarmente eletto. HA GOVERNATO. L’anno prossimo si presenterà di nuovo ad elezioni e vedremo i risultati, su quelli misureremo l’apprezzamento, che a chi scrive risulta molto alto.
Allego infine uno dei commenti nel blog di Grillo all’ultimo articolo sopracitato che trovo particolarmente interessante e condivisibile.
Fino a quando Grillo continuerà ad inserire tra indubbie verità alcune menzogne sarà sempre meno credibile. Parlare male dell’Ungheria di Orban significa mentire, e lo dico da persona che conosce bene l’Ungheria, dove Orban è amato, ma che dico, amatissimo, pressoché da tutta la popolazione. Quello che il blog di Grillo definisce un estremista è in realtà un moderato che combatte contro quelle lobby europee che anche Grillo dice di combattere. Continuare a parlare male di Orban significa continuare sulla strada di quell’estremismo di sinistra, in linea con i parlamentari del Movimento eletti in Parlamento, che sta distruggendo il Movimento e facendo perdere ogni voto moderato che Grillo aveva raccolto nel febbraio 2013.

Fonte e ringraziamenti:  http://scenarieconomici.it

Il prof.Luiz Carlos Bresser denuncia: La maledizione è l'Euro!



Luiz Carlos Bresser - Pereira

La creazione dell'euro è stato un errore per il quale i paesi europei stanno pagando a caro prezzo. 
La soluzione più razionale è l'interruzione concertata dell'Euro. 
Nel mese di maggio del prossimo anno ci saranno le elezioni al Parlamento europeo, e molti analisti prevedono una grande escalation di partiti di estrema destra ,caratterizzata da nazionalismo xenofobo, il rifiuto degli immigrati , e "Euroscetticismo". 
Questo è comprensibile . 
Se confrontiamo il supporto per l'integrazione europea misurata con il modo in cui ogni popolo guarda la sua partecipazione alla Unione Europea , il decremento di tale sostegno è impressionante. 
Prendendo il periodo 2007-2013, come riferimenti , la partecipazione dei Paesi Bassi nell'Unione europea era considerata una cosa buona per il 75 % degli intervistati , sceso al 28% nel 2013; in Spagna, le percentuali corrispondenti sono il 75 % e il 20 %, in Germania , 68 % e 37 %, in Francia , 52 % e 33 %, in Italia , il 50 % e il 35 % , e nel Regno Unito , il 38 % e il 20 % ( Eurobarometro , Gallup - FT , 16 Ottobre 2013 ) .
La ragione di questo brutale declino nel sostegno dell'Unione europea è chiara: è la crisi dell'euro. 
I problemi causati dal grave errore nell'adozione di una moneta comune, ha di fatto comportato che i paesi del Sud Eurozona e l'Irlanda siano in recessione o visto i loro tassi di crescita crollare bruscamente, che i paesi della zona euro del Nord, guidati dalla Germania, hanno visto i loro tassi di crescita diminuire anch'essi.

Le ragioni della crisi non sono quelle dei tassi fiscali ne derivate da deficit pubblico, ma sono le ragioni di scambio da deficit delle partite correnti . 
Il fatto scatenante è che i " tassi di cambio interni " dei paesi del Sud , tra cui la Francia, hanno apprezzato il loro tasso rispetto a quello dell' "euro tedesco", perché , nel 2003 , i Tedeschi entrarono crearono un contratto sociale in base al quale i lavoratori accettarono di non avere aumenti salariali in cambio della sicurezza di un lavoro, mentre nei paesi del Sud tale accordo non è stato fatto. 
Di conseguenza, l'unità di costo del lavoro ( salari medi divisi per produttività ) è aumentata in quei paesi rispetto alla Germania fino al 2010 , quando è scoppiata la crisi.
Se i paesi del Sud avessero avuto le proprie valute , l'aggiustamento di questo squilibrio sarebbe stato semplice: sarebbe stato sufficiente svalutare le loro valute in relazione al valuta tedesca. 
Dal momento che hanno una moneta comune , la soluzione è o un sospensione concordata dell'Euro o la "svalutazione interna", che significa, recessione, disoccupazione , e un calo dei salari reali . 
E 'questa la politica economica che è in corso di adozione sotto il comando di Germania, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.
È chiaro che la creazione dell'euro fosse un errore che i paesi europei stanno pagando a caro prezzo. 
La soluzione razionale è la concertazione per la sospensione del l'euro . 
L'Unione europea potrà essere salvata ma solo dopo la sospensione. 
Per far ciò abbiamo bisogno del coraggio dei paesi del Sud , in particolare dei loro leader dei loro capi di stato, e la volontà della Germania di raggiungere un accordo, anche se nessuno oggi sembra disponibile e pronto per fare questo in Europa .

La situazione dei paesi della zona euro mi ricorda molto la situazione dell'Argentina e il suo "piano de convertibilidad ". Fu necessaria una enorme crisi per sciogliere il Peso dal Dollaro. 
Ora stiamo vedendo l'Euro dei paesi del Sud legato all' "euro tedesco" e , a quanto pare , solo una enorme crisi potrebbe portare gli Europei a sbarazzarsi di questa maledizione che è la moneta comune europea .

lunedì 18 novembre 2013

PAUL KRUGMAN E IL “FRATELLO DRAGHI CHE SBAGLIA”




Non esiste in Italia un giornale che non sia complice del piano di sterminio in danno del popolo italiano. Con sensibilità e approcci differenti, tutte le principali testate hanno lavorato con malizia e astuzia per nascondere ai cittadini le vere finalità insiste in quelle politiche di austerità falsamente spacciate quale unico rimedio per uscire da un crisi inafferrabile. Secoli di storia dell’economia dimostravano con chiarezza l’assurdità di alcune ricette,dolorose quanto necessarie, imposte da partiti corrotti ed etero-diretti dall’esterno “per il bene del Paese”. Finalmente in molti cominciano a capire che la crisi altro non è se non un grimaldello strumentale, maneggiato da élite schiaviste e assassine, utile per distruggere secoli di progresso, civiltà e uguaglianza. 
Naturalmente l’informazione italiana, controllata in massima parte dalla massoneria reazionaria, copre questo disumano progetto politico con accenti, metodi e sfumature differenti. I complici cartacei del neonazismo tecnocratico oggi dominante in Europa si dividono fondamentalmente in due macrocategorie: da una parte i killer diretti e consapevoli in stile Ferruccio de Bortoli e il Corriere della Sera; dall’altra i sadici mascherati e fintamente pietosi che si aggirano dalle parti di Repubblica. Il risultato di insieme è ottimo, perché la pubblica opinione finisce con l’essere stordita attraverso un sapiente gioco delle parti. Il Corriere mena, mentre la Repubblica maschera cause e autori del massacro. Siamo di fronte cioè alla trasposizione su un piano differente di quell’ipocrita rituale che abbiamo già analizzato con riguardo ad alcune figure politiche fintamente critiche e progressiste (clicca per leggere). 
Mi sono accorto di preferire i malvagi a viso aperto anziché quelli propensi a versare di continuo copiose lacrime di coccodrillo. I vari Giavazzi, Alesina,Sergio Romano e Antonio Polito, perlomeno, non si sforzano di apparire migliori di quello che sono. Credono nella costruzione di una società fondata sul sopruso, lo sfruttamento e la barbarie esercitata con la forza della violenza economica da una ristretta aristocrazia finanziaria cementata da comuni appartenenze massonico-reazionarie e, coerentemente, usano la penna (a pagamento) per favorire il rapido trionfo di quei progetti meschini e ideologicamente nazisti che hanno intimamente sposato. 
Questi tipi fanno tornare alla mente il fortunato slogan di quella famosa campagna pubblicitaria andata in onda agli inizio degli anni novanta per sensibilizzare i cittadini contro il pericolo Aids: “Se lo conosci lo eviti”. 
Conoscere le vere e recondite intenzionalità perseguite dalle melliflue penne che lavorano sotto l’illuminato controllo del fariseo Ezio Mauro, invece, è molto più difficile. Sulla Repubblica di ieri, per esempio, a parte la solita e molesta presenza di un elemento pessimo del calibro di Federico Fubini (clicca per leggere), campeggiava in prima pagina una analisi di Paul Krugman tradotta da Marzia Porta (clicca per leggere). 
Bene, direte voi ingenuamente, finalmente la grande stampa rilancia il pensiero di un prestigioso pensatore liberal americano anziché i soliti peana dei soliti tromboni in difesa dell’ordine costituito. Mi spiace deludervi, ma, il vostro iniziale entusiasmo potrebbe scemare dopo una attenta lettura dell’articolo indicato. Fra le innumerevoli e lucide analisi vergate da Krugman negli ultimi anni per demolire le politiche economiche della Ue, quale fra queste viene casualmente rilanciata con palese risalto dalle parti di Largo Fochetti? Proprio quella nella quale, sbagliando, Krugman riversa inopportuni elogi nei confronti di uno dei principali responsabili del disastro che viviamo: ovvero il Venerabilissimo Maestro Mario Draghi. Dopo avere ricordato le critiche ricevute da Draghi da alcuni economisti tedeschi in virtù della decisone di tagliare i tassi, Krugman azzarda: “Simili insinuazioni sono estremamente ingiuste nei confronti di Draghi, i cui sforzi per contenere la crisi del’euro sono al limite dell’eroico”. Per una volta, con sommo gaudio di Repubblica, Krugman ha scritto una sonora fesseria. Spiace notare come un uomo di grandissimo ingegno possa farsi irretire da una costruzione narrativa chiaramente fuori dalla realtà. Draghi e Weidmann(capo della BuBa) recitano da anni con successo la parte del poliziotto buono e del poliziotto cattivo, lavorando in comunione di intenti non per salvare l’euro, che è un falso obiettivo, quanto per destrutturare il welfare europeo (clicca per leggere) così come tra l’altro ampiamente previsto con lungimiranza in tempi non sospetti dallo stesso Krugman. Come si spiega allora l’improvvida sviolinata (subito sfruttata dai sepolcri imbiancati di Repubblica) del premio nobel all’indirizzo del capo della Bce, membro forte di quella Troika responsabile di tutto il sangue versato nei Paesi mediterranei dell’area euro a partire dalla Grecia? L’unica spiegazione che mi viene in mente, a parte l’indiscussa capacità di Draghi di fiutare il vento e cambiare colore a seconda delle circostanze, riguarda la comune appartenenza di Krugman e Draghi al paramassonico Group of thirty (clicca per leggere). Probabilmente la speranza di Krugman, in perfetta buona fede e con sincerità d’animo, è quella di recuperare il “fratello che sbaglia” alla causa della verità e della giustizia. Ci dispiace far presente a Krugman che, pur cogliendo la nobiltà del suo gesto, il suo proposito è oggettivamente irrealizzabile. Questa volta il Venerabile e camaleontico Maestro Draghi ha ampiamente varcato il Rubicone.

Francesco Maria Toscano