tag:blogger.com,1999:blog-47528070584662478162024-03-12T18:08:29.145-07:00 Democrazia e Sovranità"Movimento italiano per la difesa della democrazia e per il ritorno alla sovranità monetaria"Italiasedestahttp://www.blogger.com/profile/16904377081213020078noreply@blogger.comBlogger389125tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-23896399777677704292015-06-26T03:04:00.001-07:002015-06-26T03:12:00.837-07:00LA CORRUZIONE DI "MIO CUGGINO" ED IL DOTTOR LIVORE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-YoeUYM0wgoU/VY0jdPamvZI/AAAAAAAABe8/EQszKxv89Cw/s1600/Mio-Cuggino-per-web3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="http://1.bp.blogspot.com/-YoeUYM0wgoU/VY0jdPamvZI/AAAAAAAABe8/EQszKxv89Cw/s400/Mio-Cuggino-per-web3.jpg" width="280" /></a></div>
<br />
<blockquote style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<div class="verdana2">
<span data-mce-style="font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;" style="font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">Mi ha detto mio cuggino che una volta in discoteca ha conosciuto una tipa che però poi non si ricorda più niente e alla fine si è svegliato in un fosso tutto bagnato che gli mancava un rene, mio cuggino mio cuggino.</span></div>
<span data-mce-style="font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;" style="font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">Mi ha detto mio cuggino che sa un colpo segreto che se te lo dà dopo tre giorni muori, mio cuggino mio cuggino.</span><br />
<span class="verdana2" data-mce-style="font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;" style="font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">Mi ha detto mio cuggino che da bambino una volta è morto.</span><br />
<div data-mce-style="text-align: right;" style="text-align: right;">
(Elio e Le Storie Tese -Mio Cuggino)</div>
</blockquote>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Questo meraviglioso pezzo di Elio mi è tornato in mente oggi, leggendo le domande e le risposte degli intervistati da Eurobarometer per il suo report 2014 sulla corruzione.</span></div>
<div style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;"><span style="color: #333333;">Sul problema corruzione, che cosa sia e come influisca o meno sull'economia di un Paese, ho scritto tempo fa </span><a data-mce-href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2015/03/le-pillole-rosse-8-pillola-la-corruzione.html" href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2015/03/le-pillole-rosse-8-pillola-la-corruzione.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo post</span></a><span style="color: #333333;"> che ha avuto un discreto successo e che vi invito a leggere. Oggi voglio integrare quanto detto, anche per approfondire un tema che era rimasto in sottofondo nel post, ovvero cosa in realtà ci dicono i dati raccolti. Cominciamo riguardando due grafici da me utilizzati:</span></span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<a data-mce-href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/TI_CPI_ITALIA.jpg" href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/TI_CPI_ITALIA.jpg"><img alt="TI_CPI_ITALIA" class=" wp-image-32321 aligncenter" data-mce-src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/TI_CPI_ITALIA.jpg" src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/TI_CPI_ITALIA.jpg" height="325" style="display: block; margin-left: auto; margin-right: auto;" width="640" /></a></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<br /></div>
<div class="mceTemp" style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<dl class="wp-caption aligncenter" data-mce-style="width: 653px;" id="attachment_32322" style="-webkit-user-drag: none; background-color: #f3f3f3; border: 1px solid rgb(221, 221, 221); margin: 10px auto; padding-top: 4px; text-align: center; width: 653px;">
<dt class="wp-caption-dt" style="-webkit-user-drag: none;"><a data-mce-href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia.jpg" href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia.jpg" style="-webkit-user-drag: none;"><img alt="5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia" class=" wp-image-32322" data-mce-src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia.jpg" src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia.jpg" height="312" style="-webkit-user-drag: none; border: 0px none; margin: 0px; padding: 0px;" width="643" /></a></dt>
<dd class="wp-caption-dd" style="-webkit-user-drag: none; font-size: 11px; line-height: 17px; margin: 0px; padding: 0px 4px 5px;">Fonte: Global Corruption Barometer</dd></dl>
</div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Questi grafici ci descrivono due realtà quasi opposte: nel primo vediamo che il nostro indice di corruzione, già alto per un Paese con un'economia avanzata, tende a peggiorare (0= max corruzione, 10= zero corruzione) e quindi ci si aspetta che il fenomeno aumenti e sia consistente; nel secondo abbiamo la misurazione di un reale fatto corruttivo e, <strong>incredibilmente, le persone che si dichiarano vittime di corruzione rientrano percentualmente nella fascia dei Paesi più virtuosi</strong>. Come può essere?</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Per capirlo dobbiamo chiarire cosa si intende quando si parla di indici di corruzione: il CPI o Corruption Perception Index è, come dice il suo nome, un indice che misura la corruzione<strong> percepita</strong> dall'intervistato, di solito un imprenditore o un manager di una grande azienda, ovvero <strong>la sua sensazione del livello di corruzione che esiste in un Paese</strong>, sensazione basata sull'esperienza diretta, ma anche dall'impressione avuta da articoli di stampa, dalla risonanza di fenomeni corruttivi sui media o da esperienze a lui riferite da terzi. Il fatto è che non esiste ad oggi un metodo empirico rigoroso per misurare la corruzione, essendo un fenomeno per sua natura nascosto e non determinabile nell'ammontare.</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Andiamo quindi a vedere per quanto riguarda l'Italia le domande e le risposte degli intervistati (1.020 soggetti):</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<a data-mce-href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz1.jpg" href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz1.jpg"><img alt="Corruz1" class=" size-full wp-image-32354 aligncenter" data-mce-src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz1.jpg" src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz1.jpg" height="640" style="display: block; margin-left: auto; margin-right: auto;" width="622" /></a></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Alle domande generiche sul grado di corruzione che si pensa esista nel nostro Paese il panel di intervistati ha risposto con un plebiscito: <strong>il 97% crede che la corruzione sia un fenomeno molto o abbastanza diffuso in Italia</strong>, contro il 76% della media UE. <strong>Il 74% poi ritiene che il fenomeno sia peggiorato negli ultimi tre anni</strong>: ciò è in linea con il trend della CPI registrato dal 2002 al 2011. <strong>Il 93% ritiene che essa si annidi nelle istituzioni pubbliche nazionali e l'87% in quelle locali</strong>. Neanche l'Unione Europea ne esce bene, visto che 3/4 degli intervistati la ritengono corrotta.</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Un quadro desolante. Andiamo a vedere però nel dettaglio e già vengono fuori delle strane incongruenze:</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<a data-mce-href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz2.jpg" href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz2.jpg"><img alt="Corruz2" class=" size-full wp-image-32353 aligncenter" data-mce-src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz2.jpg" src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz2.jpg" height="640" style="display: block; margin-left: auto; margin-right: auto;" width="622" /></a></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">A sinistra abbiamo le risposte a dove si pensa si annidi la corruzione ed è il solito campionario di risposte: vincono naturalmente i partiti politici con il 68% del panel che li ritiene corrotti ed i politici, sia nazionali che locali, poi si piazzano i funzionari che aggiudicano gli appalti quelli che rilasciano permessi edilizi (tutti sopra al 50%), gli ispettori del lavoro e dei NAS, i funzionari che rilasciano licenze commerciali ed il sistema sanitario in generale (intorno al 40%). Da questo quadro sembrerebbe che quasi ogni attività lavorativa con il pubblico sia svolta tramite mazzette e tangenti, <strong>ovvero che statisticamente sia quasi impossibile non imbattersi durante un iter amministrativo in almeno un funzionario che non richieda una tangente</strong>.</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Invece no. Incredibilmente se andiamo all'esperienza diretta, ovvero sul lato destro (ricordiamo che gli intervistati sono tutti imprenditori e manager), il dato cambia:<strong> solo il 42% del panel conferma di essere stato colpito personalmente dalla corruzione</strong> e soprattutto una percentuale irrisoria (11%) considera accettabile dare denaro per ottenere qualcosa da un funzionario pubblico, contro uno sdegnoso 87% che si rifiuta categoricamente di farlo. Allora mi chiedo: ma chi è che corrompe o viene concusso dal funzionario pubblico? Se un gruppo selezionato di imprenditori e manager non lo farebbe mai e meno della metà hanno avuto esperienza diretta di tangenti o mazzette, o questi sono tutti irrilevanti o lavorano per imprese irrilevanti, fuori dal giro degli appalti, delle licenze, dei controlli, o tutta questa corruzione percepita attorno è puro miocugginismo. E in effetti lo è:</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<a data-mce-href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz5.jpg" href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz5.jpg"><img alt="Corruz5" class=" size-full wp-image-32378 aligncenter" data-mce-src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz5.jpg" src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz5.jpg" height="354" style="display: block; margin-left: auto; margin-right: auto;" width="640" /></a></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Questo ultimo grafico è straordinario: quando si chiede agli intervistati (ricordo che tutto si svolge in maniera anonima e con metodologie aggregate per cui non è possibile risalire al dichiarante, per ovvi motivi) se hanno vissuto o assistito personalmente ad episodi di corruzione negli ultimi 12 mesi<strong> la risposta è un vero plebiscito, NO al 90%!</strong> E guardate la sanità!</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<a data-mce-href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz4.jpg" href="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz4.jpg"><img alt="Corruz4" class=" size-full wp-image-32357 aligncenter" data-mce-src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz4.jpg" src="http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2015/06/Corruz4.jpg" height="355" style="display: block; margin-left: auto; margin-right: auto;" width="640" /></a></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Questo è ancora più sorprendente: il 71% degli intervistati in Italia si sono recati negli ultimi 12 mesi in una struttura pubblica ed <strong>il 95% di loro ha dovuto ammettere che, oltre al normale ticket, nulla ha dovuto versare ad alcun medico o funzionario o infermiere. Nulla, nessuna corruzione o regalia</strong>.</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Insomma la corruzione dilaga, permea tutti i gangli dell'attività pubblica, infesta la Sanità, soffoca qualsiasi concorrenza leale, ma <strong>quasi nessuno l'ha vista personalmente o l'ha subita</strong>! Quindi quasi tutto il CPI che indica l'Italia come il Paese europeo più corrotto (vi ricordate i titoloni?) è fondato su sentito dire, propaganda dei media, insomma "mio cuggino mi ha detto". Ciò è fantastico.</span></div>
<div style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;"><span style="color: #333333;">Allora chiediamoci: ma chi è che sparge questa voce, oltre alla cassa di risonanza dei media che amplificano i fenomeni pur importanti che vengono scoperti, </span><strong style="color: #333333;">spesso senza valutare le cifre reali</strong><span style="color: #333333;"> (come nel caso di Mafia Capitale, dove</span><a data-mce-href="http://www.ilpost.it/davidedeluca/2014/12/12/mafia-capitale-numeri-appalti-tangenti/" href="http://www.ilpost.it/davidedeluca/2014/12/12/mafia-capitale-numeri-appalti-tangenti/"><span style="color: #333333;"> </span><span style="color: #cc0000;">le cifre reali sono ridicole</span></a><span style="color: #333333;">)? Tanti Dottor Livore. Ve lo ricordate </span><a data-mce-href="https://youtu.be/igTFty5Rrd4" href="https://youtu.be/igTFty5Rrd4"><span style="color: #cc0000;">questo personaggio di Guzzanti</span></a><span style="color: #333333;">?</span></span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Ecco, come il Dottor Livore tanti italiani sfogano la propria frustrazione e la propria inadeguatezza su chi è chiamato a giudicarli. La gara d'appalto l'ha vinta il concorrente? Eh, certo, sicuramente avrà corrotto il funzionario. Non mi viene rilasciata la licenza o il permesso per costruire? Certo, senza tangente non me la rilasciano, anche se mi spetterebbe, perché sono tutti corrotti, e così via. <strong>Molti insuccessi, magari legittimi, diventano ingiustizie patite, perché qualcuno ha corrotto, o si è fatto corrompere, o vuole la tangente per fare il suo dovere</strong>. Io ne ho esperienza diretta nella Giustizia: se avessi un euro per tutte le volte che ho sentito una persona dire che ha avuto torto in una sentenza, non perché aveva torto (mai sia!), ma perché il Giudice o l'Avvocato (suo o della controparte) si erano fatti corrompere, sarei milionario. La prima esortazione appena ottengo un incarico è generalmente "mi raccomando, avvocato, non si lasci tentare da XY che quello ci prova sempre" e quando vogliono fare un complimento ti dicono "si vede che lei non è di quelli che si mette d'accordo con l'avvocato di controparte per fregare il cliente, come fanno tanti". Tanti. In 26 anni di carriera mi è capitato una volta di essere contattato da un collega a questo scopo. Ma tant'è.</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Questo esercito di piccoli Dottor Livore, confermati da quello che vedono ed ascoltano nei media nella loro convinzione che "è tutto un magna magna", con un perverso effetto di feedback <strong>contribuiscono ad alimentare la percezione che solo con la corruzione si ottiene il giusto (o l'ingiusto) e solo per colpa di essa non si è fatto od ottenuto quello che era dovuto</strong>. Come diceva Sordi in un suo memorabile personaggio "a me è la guerra che m'ha fregato, se non c'era la guerra adesso stavo ad Hollywood".</span></div>
<div style="color: #333333; font-family: Georgia, 'Times New Roman', 'Bitstream Charter', Times, serif; font-size: 16px; line-height: 21.8181819915772px;">
<span data-mce-style="font-size: 12pt;" style="font-size: 12pt;">Non dico che la corruzione non ci sia, intendiamoci, o che non sia un grave fenomeno distorsivo da combattere (e se avete letto il mio precedente post già lo sapete), ma <strong>tra realtà e percezione c'è fortunatamente un abisso</strong>. Tenetelo a mente la prossima volta che sentite parlare di Italia corrotta.</span></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-56598263667971321992015-04-30T03:24:00.000-07:002015-04-30T03:30:14.515-07:00Fenomenologia dell'ideologia economica liberista<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-qk14HfFjoP0/VUIAQMOBTlI/AAAAAAAABeY/YyteonvmdQ8/s1600/ideologia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-qk14HfFjoP0/VUIAQMOBTlI/AAAAAAAABeY/YyteonvmdQ8/s1600/ideologia.jpg" height="460" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
Stiamo assistendo in questi ultimi anni ad un fenomeno anomalo: una teoria economica, che come tale dovrebbe rientrare in canoni scientifici di verifica sperimentale e falsificazione - anche se attenuati dall'essere una scienza sociale e quindi dotata di una certa non linearità e quindi imprevedibilità - per raggiungere la costruzione di un modello teorico efficace e testato, per quanto possibile, dall'esperienza, <b>sta assumendo le caratteristiche di una costruzione ideologica totalizzante, come tale svincolata dalla verifica empirica</b>.<br />
<br />
Nel campo delle scienze, quando una teoria messa alla prova si mostra incapace di spiegare la realtà, o ancor peggio, viene smentita dai fatti empirici, viene semplicemente abbandonata. In campo economico attualmente sta accadendo l'esatto contrario: <b>la teoria liberista si dimostra incapace di spiegare i fenomeni economici che accadono</b>, ed anzi, i risultati attesi della sua applicazione come modello sono l'esatto contrario di quanto teorizzato, <b>ma, incredibilmente, ad aver torto è la realtà e non la teoria!</b><br />
<br />
Una prova di ciò l'abbiamo da <a href="http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2014/09/blanchard.htm" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">un recente articolo di Blanchard</span></a>, già citato <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2015/03/lausterita-e-lestremismo-il-sonno-della.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un post</span></a>: il capo.economista del FMI riconosce che l'applicazione del modello classico non sta funzionando, ma da <b>la colpa al fatto che la realtà si trova attualmente in un angolo oscuro (dark corner) dove le teorie ed i modelli non funzionano</b>, una zona di anomalia nella quale i soggetti agenti di politica economica si sono andati a cacciare per loro colpa ed incapacità.<br />
<br />
Una ulteriore prova da ultimo la da un'altro luminare del pensiero liberista, Kenneth Rogoff, già aspramente criticato per aver teorizzato una correlazione fra alto debito pubblico e bassa crescita che è stata demolita nel suo impianto, il quale <a href="http://www.voxeu.org/article/debt-supercycle-not-secular-stagnation" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ha tentato di spiegare</span></a> la diversità fra quello che sarebbe dovuto accadere secondo il modello (fine della crisi e forte recovery ovunque) e quello che sta accadendo (crisi ancora forte in molti Paesi e debole e instabile recovery per gli altri) con il fatto - banalizzo il concetto - che siamo in presenza di una specie di superciclo economico, di ampiezza maggiore di quanto previsto, ma che <b>alla fine si andrà a mutare in forte crescita, anche se ci vorrà più tempo</b>.<br />
<br />
Se un fisico o un astronomo facesse delle considerazioni del genere la comunità scientifica lo deriderebbe, considerandolo un ciarlatano. Al contrario un ragionamento come quello di Blanchard o Rogoff apparirebbe perfettamente legittimo ad esempio ad un teologo, perché <b>rientra nella logica di una costruzione ideologica della realtà</b>.<br />
<br />
L'ideologia ha alcune caratteristiche ben precise che vediamo di esaminare:<br />
<br />
1- Ha il compito di definire e spiegare compiutamente la realtà.<br />
<br />
L'ideologia è tale perché da un'interpretazione univoca e totalizzante. Attraverso essa ogni evento trova una ragione ed, all'interno della razionalità della costruzione ideologica, ogni cosa può essere spiegata ed interpretata.<br />
<br />
2- Cristallizza la realtà così da lei definita in un modello statico<br />
<br />
Per funzionare una ideologia deve per forza bloccare la realtà all'interno dei suoi parametri interpretativi. Ciò comporta necessariamente man mano uno scostamento fra la realtà, che è mutevole ed in continua evoluzione, e la sua ricostruzione dogmatica che la vorrebbe immutabile.<br />
<br />
3- Solo all'interno di essa si trova la giusta risposta<br />
<br />
Questo fenomeno lo si riscontra in tutte la ideologie, sia religiose che laiche, come ad esempio quelle politiche: l'interpretazione dogmatica è l'unica giusta ed il seguace deve attenersi a questa. Pensare diversamente è eresia e cercare di ragionare sulla correttezza e coerenza dell'interpretazione dogmatica è errore. Non si deve ragionare, ma avere fede.<br />
<br />
4- Ciò che è in contrasto con la costruzione ideologica è eresia e deve essere ignorato<br />
<br />
Bisogna porre attenzione al fatto che la concezione di contrasto/errore per una ideologia non è uguale a quella della scienza: <b>l'errore scientifico è la falsificazione popperiana che viene cercata, mettendo alla prova la teoria e ne stimola la revisione o l'abbandono</b>, è un elemento da prendere in considerazione ed ha una valenza positiva di controprova. <b>Il contrasto con l'ideologia, poiché è un <i>vulnus</i> alla perfezione e verità della stessa, è qualcosa di malsano</b>, non deve essere cercato, pena la emarginazione come eretico, ed anzi deve essere ignorato poiché <b>è sicuramente frutto di una non perfetta comprensione della "vera verità" o di una sua distorsione da parte del fedele</b>. Nelle religioni il contrasto con la verità dogmatica è spesso frutto di forze del male che vogliono mostrare l'utilità e quindi la giustezza di comportamenti diversi. Tutta la lotta alle tentazioni, da Gesù nel deserto a <a href="http://www.padrepio.catholicwebservices.com/il_maligno.htm" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Padre Pio</span></a>, non è che una lotta fra comportamento non utile nelle finalità immediate, ma corretto e comportamento utile, ma non corretto dal punto di vista dogmatico.<br />
<br />
<b>Se andiamo ad analizzare quanto affermato dai due economisti citati sopra, vediamo che rientra perfettamente nel comportamento del custode dell'ortodossia</b>: per Blanchard il modello è corretto perché lo deve essere: non importa che storicamente non abbia mai funzionato e che il FMI abbia portato ogni paese al quale lo ha imposto alla distruzione di ricchezza ed alla deflazione o, se andava bene, ad una crescita stentata a costo di enormi sacrifici sociali (per dati e riferimenti cfr. Chang, Bad Samaritans), il modello è "giusto" perché conforme ai dettati. Se la realtà non risponde al modello ci deve essere un problema nella realtà, un fattore negativo che agisce contro.<br />
<br />
Per Rogoff troviamo lo stesso meccanismo (se il ciclo del modello non funziona, c'é un'anomalia nella realtà, per cui si ha un ritardo nei tempi, ma le dinamiche saranno comunque quelle) ed anche il rifiuto/rigetto del contrasto: quando venne fuori l'errore nell'implementazione dei dati su cui era basato lo studio sugli effetti di un elevato debito pubblico sulla crescita, si scoprì anche dell'altro, ovvero che <b>i dati utilizzati per il modello erano stati "aggiustati", dando un peso maggiore a quelli che coincidevano con la teoria e minore, o addirittura escludendo del tutto, quelli che ne contrastavano</b>. Poiché la buona fede dell'insigne studioso non è in discussione, è probabile che questo meccanismo di sottovalutazione dei dati a contrasto debba essere spiegato con l'<b>inconscia necessità di ribadire una verità assiomatica</b> e nella convinzione che, in quei Paesi in cui le dinamiche erano contrarie all'assunto, vi fosse qualche anomalia, tale da non risultare accettabili per un calcolo statistico, che fossero, come si dice in gergo tecnico, dei "dummies".<br />
<br />
Evidentemente una scienza, pur sociale, che procede per fede non può essere attendibile e può portare a gravi conseguenze: è notizia recente che, sempre il centro studi economici del FMI a capo del quale vi è Blanchard <a href="http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/10/lfmi-ci-ripensa-liberalizzare-mercato-non-spinge-leconomia/1577281/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ha dovuto ammettere</span></a>, sempre ex post, che <b>la maggiore flessibilizzazione del lavoro non provoca un aumento della produttività ed una crescita dell'economia</b>. Nel frattempo però in Spagna, in Grecia ed in parte anche in Italia si è proceduti, sulla base della teoria ora smentita, a togliere diritti ai lavoratori, a comprimerne i salari ed a rendere sempre più facile licenziare, precarizzando il futuro dei giovani. Risultato: disoccupazione a livelli inaccettabili, pari al 26% (anche in Italia l'ISTAT dà in aumento il tasso al 13%), redditi in forte calo, aumento del debito complessivo e prospettive di futuro incerto per i nuovi assunti.<br />
<br />
In campo economico la fede non smuove le montagne, ma può far crollare gli Stati...Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-39192589585078901732015-04-30T02:00:00.000-07:002015-04-30T02:00:16.983-07:00Fact-checking: qualche dato reale sull'immigrazione clandestina africana<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-jMsh7V1F-BA/VT5enkYk0ZI/AAAAAAAABck/tiQjF6KaDdc/s1600/Africa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-jMsh7V1F-BA/VT5enkYk0ZI/AAAAAAAABck/tiQjF6KaDdc/s1600/Africa.jpg" height="496" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Le due ultime tragedie di migranti affondati su barconi nel Mar Mediterraneo hanno scatenato i media: oltre alla copertura sistematica degli eventi da parte di TG e talk show, praticamente 24 ore su 24, politici, operatori, uomini della Polizia e perfino esperti militari sono stati intervistati ed hanno rilasciato dichiarazioni, principalmente su come risolvere il problema degli sbarchi e del trasporto dei migranti, arrivando alcuni a definire gli scafisti come i "nuovi schiavisti", dimenticando che gli schiavi erano prelevati contro la loro volontà, non migranti, e non pagavano certo per farsi trasportare...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Non mi interessa in questa sede esaminare le soluzioni proposte al problema immigrazione, ma controllare la veridicità di qualche assioma: ecco i principali capisaldi, che tutti noi sentiamo ripetere sui c.d. migranti:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
1- I migranti sono in buona parte dei rifugiati</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
FALSO Su 100.000 persone circa sbarcate fra agosto 2013 ed agosto 2014 solo il 30% ha richiesto lo status di rifugiato e <a href="http://blog.openpolis.it/2014/09/19/rifugiati-politici-status-riconosciuto-10-dei-richiedenti/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">solo al 10% dei richiedenti è stato concesso</span></a>, valutate le domande. Ciò significa che <b>il 97% dei clandestini sbarcati non sono e non hanno lo status di rifugiati.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
2- I migranti provengono dai Paesi del Medio Oriente e dall'Africa sub-sahariana per colpa delle guerre</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
PARZIALMENTE VERO Le principali provenienze degli immigrati irregolari al 2010 sono qui indicate:</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-iL4MkatcKi4/VT5p_8qv4PI/AAAAAAAABc0/2TMU1Y3meaY/s1600/Irregolari%2Bfermati.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-iL4MkatcKi4/VT5p_8qv4PI/AAAAAAAABc0/2TMU1Y3meaY/s1600/Irregolari%2Bfermati.JPG" height="196" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Come si vede nei tre anni presi in considerazione i luoghi di provenienza dei clandestini fermati sono principalmente il Marocco, la Tunisia ed il Senegal, con l'Egitto che è andato via via perdendo importanza e la Nigeria che invece ha aumentato i suoi flussi. <b>Fino al 2010 nessuno Stato mediorientale fortemente instabile o in guerra, come Siria o Iraq è nei primi dieci</b> ed in Senegal, paese sub sahariano, la situazione politica è stabile, <a href="http://www.infomercatiesteri.it/politica_interna.php?id_paesi=27" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">come ci ricorda la stessa Farnesina</span></a>:</div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>ll Senegal è un Paese tradizionalmente democratico, stabile sin dall'indipendenza e che ha saputo sperimentare pacificamente la cosiddetta alternanza politica. Il 25 marzo 2012 si è concluso un lungo, combattuto ma ordinato processo elettorale con la vittoria alle presidenziali di Macky Sall (di stampo liberale) che si è assicurato il 68% dei voti a fronte del 32% del Presidente uscente Wade, capo del Partito Democratico Senegalese (PDS) e al potere dal 2000. Lo scrutinio, giudicato positivamente dai principali osservatori internazionali, <b>ha dimostrato la maturità politica del Senegal quale esempio di democrazia per il continente africano</b> ed attore fondamentale per rafforzare il dialogo interafricano e regionale. Le elezioni del luglio 2012 per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale hanno assicurato alla coalizione presidenziale anche una consistente maggioranza parlamentare.</i>".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tale situazione è rimasta pressoché stabile anche nel 2011 e 2012, con il Marocco ad essere predominante come Nazione di provenienza.<b> Negli ultimi due anni la situazione però è radicalmente cambiata</b>, con un incremento enorme delle provenienze da Siria e Eritrea, prima scarse, e da non definiti Paesi dell'Africa sub-sahariana, prima totalmente assente, come si vede dal prospetto del <a href="http://frontex.europa.eu/assets/Publications/Risk_Analysis/Annual_Risk_Analysis_2015.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">più recente report della Frontex</span></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-E4G9hq3IOtY/VT-a750y89I/AAAAAAAABdY/Epz7Wx7FA4s/s1600/Rotte%2B2014.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-E4G9hq3IOtY/VT-a750y89I/AAAAAAAABdY/Epz7Wx7FA4s/s1600/Rotte%2B2014.JPG" height="640" width="628" /></a></div>
<br />
A fuggire sono soprattutto maschi adulti<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-Ip1ydqpDqJc/VT-c44OXnWI/AAAAAAAABdk/_2sg44H4AJ4/s1600/Gender.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-Ip1ydqpDqJc/VT-c44OXnWI/AAAAAAAABdk/_2sg44H4AJ4/s1600/Gender.JPG" height="342" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
3- I migranti fuggono da Paesi in grave crisi economica</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
PARZIALMENTE VERO <a href="http://www.infomercatiesteri.it/quadro_macroeconomico.php?id_paesi=110" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Sempre secondo la Farnesina</span></a> il Marocco, che è stato a lungo il primo per flussi migratori verso l'Italia, ha questo outlook economico:</div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>In relazione al 2013 e’ prevista una crescita del PIL marocchino del 3,3%, grazie ad un miglioramento atteso dell’attività’ agricola la quale, a causa di condizioni climatiche avverse nel 2012 , aveva registrato un indice inferiore agli anni precedenti (2,9% rispetto a 3,8% nel 2011).</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Tuttavia, <b>il ritmo di crescita economica in questo paese continuerà ad essere frenato dalla debolezza della zona euro. Il Marocco è fortemente ancorato in termini economici all’Europa</b>, e la crisi europea limiterà gli introiti del turismo ed i trasferimenti dei marocchini all’estero. La ripresa ed il miglioramento delle attività economiche europee dovrebbero indurre una crescita del PIL marocchino dell’ordine del 4,8% nel periodo 2014-2017.</i>". Quindi <b>se il Marocco non cresce ai ritmi previsti è colpa della nostra debolezza, della crisi della zona euro! </b></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-weight: bold;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
La Tunisia sconta un'instabilità politica che dura dalla c.d. "rivoluzione dei gelsomini", una delle tante "primavere" arabe (che <a href="http://www.disinformazione.it/primavere_rivoluzioni_spa.htm" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qualche dubbio hanno sollevato</span></a> sulla loro "spontaneità"); nonostante ciò ha avuto una crescita di PIL reale del 3,3% nel 2013 ed una lieve diminuzione della disoccupazione dal 18,1% al 17%, anche se il quadro macroeconomico rimane molto fragile.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Il Senegal, infine nel 2013 è cresciuto del 4,1% del PIL reale, ma ancora ha gravi squilibri nella distribuzione dei redditi e delle difficoltà a sviluppare una propria base imprenditoriale, per il costo dell'energia e la carenza di materie prime.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Questi Paesi sono quindi ancora molto fragili ed instabili, con forti disuguaglianze, ma in crescita e con buone prospettive future</b>. Stati da cui si può emigrare, ma non fuggire, e comunque per poi tornare, come hanno fatto altri provenienti da Paesi in via di sviluppo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I migranti da Siria ed Eritrea fuggono da zone di guerra o guerriglia e non per ragioni meramente economiche.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
4- i clandestini in Italia sono oltre un milione ed in aumento</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
FALSO L'ultimo dato del 2012 da una presenza di irregolari stimata su 326.000, in calo rispetto agli anni passati e pari al 6% dei stranieri residenti. Sono aumentati invece gli stranieri regolari come si vede qui</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-d6423kxVx7Y/VT54dxYxKBI/AAAAAAAABdE/HLmvoOYMy4A/s1600/Immigrati.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-d6423kxVx7Y/VT54dxYxKBI/AAAAAAAABdE/HLmvoOYMy4A/s1600/Immigrati.JPG" height="340" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Secondo il report di Frontex nel 2014 si sono aggiunti circa 170.000 irregolari, portando il totale a poco sotto le 500,000 unità. E' interessante notare che la percezione dell'italiano sulla presenza di immigrati in italia è totalmente distorta, come dimostra questo studio dell'IPSOS</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-jlMg_mV4rFI/VT-pHeKny_I/AAAAAAAABd0/6URRAv5yydA/s1600/Percezione%2Bimmigraz.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-jlMg_mV4rFI/VT-pHeKny_I/AAAAAAAABd0/6URRAv5yydA/s1600/Percezione%2Bimmigraz.JPG" height="428" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Alla domanda quanti sono in percentuale della popolazione gli immigrati nel tuo Paese gli italiani hanno risposto mediamente il 30%, su un dato reale del 7/8%; c'è da notare che una sovrastima anche proporzionalmente maggiore accomuna tutti i Paesi oggetto dell'analisi, spia di un disagio generalizzato verso il fenomeno migratorio.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
5- I clandestini sono in gran parte delinquenti</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
VERO Questo è il numero e la composizione degli stranieri detenuti in Italia</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-PmXpZdCRDcg/VT-uUN-YjoI/AAAAAAAABeE/GC5b9LwwvEo/s1600/Detenuti.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-PmXpZdCRDcg/VT-uUN-YjoI/AAAAAAAABeE/GC5b9LwwvEo/s1600/Detenuti.JPG" height="640" width="385" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Come si vede le nazionalità più presenti coincidono con i flussi irregolari più cospicui che abbiamo visto sopra: <a href="http://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/Rivista1.nsf/servnavig/9" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">l'unico studio sistematico esistente su clandestinità e criminalità è del 2004</span></a> e riporta che, su 16.788 detenuti stranieri nel 2002, 15.900 erano irregolari, una percentuale del 94% della popolazione carceraria straniera. Ciò confermerebbe che vi è un rapporto forte fra clandestinità e delinquenza, cosa piuttosto logica, trattandosi di una condizione che favorisce la commissione di reati. Come afferma il rapporto "<i>Se andiamo a vedere la percentuale di stranieri accusati di reati si vede che a commettere più assiduamente i reati sono gli immigranti senza permesso di soggiorno (sono infatti clandestini il 70% degli stranieri condannati per lesioni volontarie, il 75% di quelli condannati per omicidi, l’85% di quelli condannati per i furti e le rapine)</i>". Ma quali reati sono più frequenti?</div>
<div style="text-align: justify;">
a) la prostituzione ed il suo sfruttamento: le prostitute nel nostro Paese sarebbero (secondo l’Eurispes) circa 70 mila. Di queste il 70% sono straniere irregolari (quasi 50 mila). Le straniere che vengono indirizzate verso questa attività provengono:</div>
<div style="text-align: justify;">
• il 48% dall’Est (Albania, Romania, repubbliche ex-sovietiche);</div>
<div style="text-align: justify;">
• il 28% dall’Africa (soprattutto dalla Nigeria);</div>
<div style="text-align: justify;">
• il 22% dal Sud America (soprattutto dal Brasile).</div>
<div style="text-align: justify;">
Lo sfruttamento della prostituzione è invece gestito dagli albanesi, che rappresentano oltre il 42% dei denunciati, da cittadini provenienti dai paesi dell’ex-Jugoslavia (10% del totale) e solo in minima parte da nigeriani (7% del totale);</div>
<div style="text-align: justify;">
b) il contrabbando. <b>Questo tipo di attività illecita è</b>, secondo le stime del Ministero dell’Interno, <b>gestito, soprattutto nella fase della distribuzione finale, prevalentemente da immigranti clandestini provenienti dal Marocco (l’80% dei denunciati per tale reato provengono da questo Paese)</b>;</div>
<div style="text-align: justify;">
c) lo spaccio di sostanze stupefacenti. <b>La commercializzazione e la distribuzione della droga (soprattutto hascish) appaiono monopolizzate da clandestini provenienti dal nord Africa (marocchini, tunisini e algerini)</b>. Secondo statistiche più recenti, in alcune città del nord Italia (Genova, Torino, Bologna), l’80% degli arrestati e/o denunciati per tale traffico sono emigrati clandestini (inseriti ai livelli più bassi), mentre <b>rimane monopolio delle organizzazioni criminali italiane il grande traffico internazionale</b>;</div>
<div style="text-align: justify;">
Non sono invece significative le statistiche riguardo furti e rapine, che sono monopolio di immigrati dell'est europeo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come si vede accanto a verità comprovate vi sono anche falsità o esagerazioni del fenomeno e delle sue motivazioni, a volte funzionali ai discorsi pro o contro l'accoglienza: adesso avete modo di farvi la vostra idea in maniera più accurata. E di questi tempi non è poco.</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-77393119689011368402015-04-14T07:54:00.000-07:002015-04-14T07:54:19.675-07:00Perché l'Italia continua a tagliare i fondi per l'istruzione?<div style="text-align: justify;">
Colgo l'occasione da<span style="color: #cc0000;"> q<a href="http://www.corriere.it/scuola/dati-e-statistiche/15_aprile_10/istruzione-spesa-pubblica-scendera-prossimi-15-anni-9f0018b2-df70-11e4-9755-7346caf2920e.shtml" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">uesto recente articolo del Corriere della Sera</span></a></span> che mi ha lasciato piuttosto basito per compiere un esame dello stato dell'istruzione in Italia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Innanzitutto poniamoci una domanda semplice: se questo è il livello di investimento sul sistema formativo</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-CTlr3oEs-8w/VSzIujvN3vI/AAAAAAAABak/HR2Es_DVddM/s1600/Exp%2Bper%2Bedu%2Bperc%2BPIL.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-CTlr3oEs-8w/VSzIujvN3vI/AAAAAAAABak/HR2Es_DVddM/s1600/Exp%2Bper%2Bedu%2Bperc%2BPIL.jpg" height="368" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2014</td></tr>
</tbody></table>
<br />
perché continuiamo a tagliare? Questa è la variazione di spesa negli ultimi anni:<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-gpuiavaSnNA/VSzLyoMNaeI/AAAAAAAABa4/3yXDqnECL1M/s1600/EvidChange%2Bexp%2Bby%2BGDP.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-gpuiavaSnNA/VSzLyoMNaeI/AAAAAAAABa4/3yXDqnECL1M/s1600/EvidChange%2Bexp%2Bby%2BGDP.jpg" height="640" width="460" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2014</td></tr>
</tbody></table>
<br />
e qui vediamo quanto è stato speso, o meglio, tagliato per l'istruzione rispetto alla spesa pubblica:<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-Zc9O67I3ZJA/VSzKOAAFbnI/AAAAAAAABas/0aG6E0WvdHg/s1600/Change%2Btotal%2Bexp%2Bedu%2Bas%2Bperc%2Btotal%2Bexp.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-Zc9O67I3ZJA/VSzKOAAFbnI/AAAAAAAABas/0aG6E0WvdHg/s1600/Change%2Btotal%2Bexp%2Bedu%2Bas%2Bperc%2Btotal%2Bexp.jpg" height="354" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2014</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Siamo l'unico grande Paese e fra i pochi in assoluto che dal 2008 ha tagliato la spesa per l'istruzione. Non solo: <b>abbiamo tagliata la formazione molto di più di quanto abbiamo tagliato per gli altri servizi pubblici!</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
La nostra spesa per la formazione, data la scarsa percentuale sulla spesa pubblica, è quasi solo per il pagamento degli stipendi</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-qP_76pGq9RQ/VSzzglskWfI/AAAAAAAABcE/PtLEmD2w2Dk/s1600/Current%2Band%2Bcapital%2Bexp.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-qP_76pGq9RQ/VSzzglskWfI/AAAAAAAABcE/PtLEmD2w2Dk/s1600/Current%2Band%2Bcapital%2Bexp.jpg" height="530" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2012</td></tr>
</tbody></table>
che non sono poi così elevati<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-is7gkMr3uWM/VSz1Y-Zh4II/AAAAAAAABcQ/8LnXurS9ngs/s1600/Salary%2Bcost%2Bof%2Bteachers.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-is7gkMr3uWM/VSz1Y-Zh4II/AAAAAAAABcQ/8LnXurS9ngs/s1600/Salary%2Bcost%2Bof%2Bteachers.jpg" height="316" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2012</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<span style="text-align: justify;">Colpisce è che il maestro elementare costa di stipendio allo Stato quanto il professore di liceo, ma è vero che va considerato il numero di ore lavorate e la consistenza delle classi e questo fenomeno lo si riscontra anche in altri Paesi.</span><br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Da questi numeri appena visti sorge una considerazione: poiché uno dei parametri fondamentali per misurare l'Indice di Sviluppo Umano (I.S.U.), che è un parametro di sviluppo macroeconomico utilizzato dall'ONU dal 1993 per valutare il grado di qualità della vita in uno Stato, è il tasso di alfabetizzazione degli adulti ed il loro tasso di istruzione, visto il livello della spesa, come sarà questo tasso per l'Italia?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-gQEWY-Xql30/VSzROKORQrI/AAAAAAAABbQ/ypuEfJ1Fr54/s1600/Edu%2Battainment%2Bupper%2Bsecond.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-gQEWY-Xql30/VSzROKORQrI/AAAAAAAABbQ/ypuEfJ1Fr54/s1600/Edu%2Battainment%2Bupper%2Bsecond.jpg" height="640" width="470" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2012</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-Zu9UUXNz2gM/VSzSOF7KngI/AAAAAAAABbY/yxui0DTbZRg/s1600/Educated%2Badults.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-Zu9UUXNz2gM/VSzSOF7KngI/AAAAAAAABbY/yxui0DTbZRg/s1600/Educated%2Badults.jpg" height="284" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2014</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Una breve spiegazione per quanto riguarda i livelli di studio; l'"upper secondary" corrisponde grossomodo alla nostra scuola superiore o liceo e la "tertiary" alla formazione accademica (sia triennale che specializzata).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come si vede l'Italia non ne esce bene: le percentuali di adulti scolarizzati oltre la scuola elementare è tra le più basse e gli adulti sopra i 25 anni, soprattutto nella fascia 45-54, che hanno raggiunto almeno un'istruzione superiore sono poco sopra la metà della popolazione adulta. Questa percentuale cala drasticamente se vediamo quanti adulti raggiungono e completano un'istruzione universitaria: solo la Turchia in Europa aveva una percentuale minore, ma ha avuto un miglioramento maggiore tra il 2000 ed il 2012 raggiungendoci. Ciò evidentemente influisce sulla capacità di comprensione ed elaborazione</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-BYKc4pGnrqk/VSzYuVP_6KI/AAAAAAAABbo/Sr3jC5pxYhw/s1600/Distribution%2Bliteracy%2Blevels.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-BYKc4pGnrqk/VSzYuVP_6KI/AAAAAAAABbo/Sr3jC5pxYhw/s1600/Distribution%2Bliteracy%2Blevels.jpg" height="494" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: OECD 2012</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Anche qui una breve spiegazione: i livelli indicati da 0 a 5 corrispondono al grado di comprensione ed elaborazione concettuale di un testo ed all'utilizzo di strumenti per reperire ed integrare informazioni; il grado 0 significa una capacità di lettura di un semplice testo ma l'incapacità di comprenderlo pienamente e farne una sintesi e la capacità di estrarre una semplice informazione da esso, come indicato da una domanda; all'opposto il grado 5 corrisponde ad una piena comprensione di un testo complesso, di estrarne le informazioni volute, di elaborale e la capacità di creare un proprio testo (o discorso articolato) a confutazione, teorizzando un modello esplicativo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Gli adulti italiani che hanno una buona od ottima comprensione di un testo e capacità di reperire ed elaborare informazioni sono davvero pochi, sia in assoluto come percentuale, sia e soprattutto in rapporto agli altri Paesi. Solo la Spagna tra i grandi Stati europei ha un livello simile, soprattutto nella fascia di età più avanzata di popolazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se questa è la situazione, e così torniamo alla domanda che ci siamo posti all'inizio, perché continuiamo a tagliare e quindi a deprimere la spesa per la formazione futura del nostro popolo? Una chiave di lettura ce la dà un grande scrittore italiano: Italo Calvino.</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-jjs77L0JPc0/VSzcEcMVp-I/AAAAAAAABb0/f47up0Y3wJY/s1600/IMG_20150412_111750.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-jjs77L0JPc0/VSzcEcMVp-I/AAAAAAAABb0/f47up0Y3wJY/s1600/IMG_20150412_111750.jpg" height="320" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/12/considerazioni-di-fine-anno-la.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Come ho già evidenziato su un altro post sulla democrazia</span></a>, <b>uno dei meccanismi che fa sì che un sistema democratico funzioni è quello di avere un'opinione pubblica informata ed in grado di capire e valutare l'azione del proprio Governo e conseguentemente promuoverlo o bocciarlo con il voto</b> ai partiti che lo esprimono; ciò si ottiene solo se i cittadini hanno un grado di istruzione abbastanza elevato da poter comprendere, sia la comunicazione dei politici su quanto hanno fatto ed hanno intenzione di fare, sia le valutazioni e le notizie riportate dalla stampa e dai mezzi di informazione. Per far ciò evidentemente occorre saper maneggiare un discorso od un testo abbastanza complesso, ovvero avere un'istruzione medio-alta. Ma non c'è solo questo aspetto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Una buona istruzione è anche la base per i politici per poter ben governare</b>: in un mondo complesso ed articolato come quello di oggi, le scelte decisionali presuppongono la comprensione dei problemi, in tutti i suoi aspetti, la conoscenza di varie materie, anche solo per comprendere i consigli dei tecnici incaricati di studiare le soluzioni, ed una visione ampia delle conseguenze delle varie soluzioni proposte. Una classe politica efficiente è quindi (anche, ma non solo) una classe politica colta.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo se si è un Paese con piena sovranità.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se infatti si è una Nazione eterodiretta (ricordatevi il "pilota automatico" di Draghi...) <b>la classe politica non deve essere capace di decidere, ma semplicemente di obbedire e di mettere in opera quanto deciso in altre sedi</b>. Per far ciò non occorre un elevato grado di istruzione, che magari porterebbe ad obiettare rispetto ad alcune scelte imposte, ma semplicemente un buon grado di fedeltà, che si ottiene facilmente <b>concedendo ai soggetti politici un livello di potere secondario sufficiente a garantirsi un certo prestigio ed un ritorno economico personale</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo spiega dunque la ragione per cui non si investe e non si investirà nel futuro nell'istruzione delle generazioni a venire: il manovratore europeo non vuole essere disturbato e per governare una colonia non è indispensabile essere colti e neanche tanto intelligenti. Basta essere furbi e saper catturare l'elettorato, magari con un modo di fare superficialmente simpatico.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come Renzi, ad esempio...</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-36309008053852907792015-04-03T04:30:00.001-07:002015-04-03T04:30:47.664-07:00Reddito di cittadinanza, flex-security e disoccupazione<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-Cixka15lb2E/VR55fAde5RI/AAAAAAAABaI/yqBeRCljGIo/s1600/E%2Bsold.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-Cixka15lb2E/VR55fAde5RI/AAAAAAAABaI/yqBeRCljGIo/s1600/E%2Bsold.jpg" height="450" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
Del reddito di cittadinanza <a href="https://www.dropbox.com/s/2cbx9oetvfosbp5/Il%20reddito%20di%20cittadinanza.pdf?dl=0" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ne ho già parlato</span></a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Leggo però di una proposta che vorrebbe unire il sostegno a chi non ha lavoro all'introduzione di un salario minimo garantito di € 9/h: con ciò si eviterebbe il problema, da me segnalato, dell'appiattimento dei salari su un livello prossimo a quello del reddito di cittadinanza. La proposta sembrerebbe quindi ragionevole e condivisibile. Ma c'è un ma. Questo:</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-QGBefM6JS2o/VR55qXFVsTI/AAAAAAAABaQ/LsRsXnIfbdM/s1600/Redditivit%C3%A1-delle-aziende-Italiane.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-QGBefM6JS2o/VR55qXFVsTI/AAAAAAAABaQ/LsRsXnIfbdM/s1600/Redditivit%C3%A1-delle-aziende-Italiane.jpg" height="451" width="640" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Come è possibile costringere le imprese italiane ad introdurre un salario minimo garantito orario, quando la redditività delle imprese è andata a picco? In un periodo di profonda crisi di domanda, a causa della quale le aziende non investono perché non credono di avere un rendimento da nuovi investimenti, avendo già degli impianti produttivi e manodopera sottoutilizzati, e le banche non finanziano per paura di non veder restituito il prestito concesso, come si può costringere un'impresa ad aumentare il costo del lavoro, erodendo ancor più la scarsa redditività?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Astrattamente la proposta sarebbe corretta, ma essa si scontra con il solito problema comune a tutte le soluzioni adottate anche dal Governo e rientra nella scia delle proposte classiche neo-liberiste: è una soluzione c.d. supply side. Anche in questo caso infatti si bada solo al lato dell'offerta, la produzione ed i fattori che la compongono, senza considerare che <b>qualsiasi intervento, in queste condizioni, risulta solo o inutile o addirittura dannoso, se non si interviene sulla domanda di beni e servizi</b>. E l'unico modo per farlo è inizialmente con una politica classicamente keynesiana: <b>la creazione di occasioni di lavoro per le aziende, ovvero con gli investimenti dello Stato per far effettuare lavori pubblici</b>. Solo con essi le aziende avrebbero uno stimolo a rimettere in moto la propria attività e, passato il primo periodo di utilizzo dei fattori già esistenti, che comincerebbero comunque a creare reddito consumabile, attraverso gli utili e l'impiego di professionalità e imprese collaterali (dagli ingegneri, ai geologi, a tutte quelle professioni collegate ai lavori edili, nonché alle aziende in subappalto), la necessità di assumere nuove maestranze, ampliando così la base degli occupati e rimettendo in moto il ciclo dei consumi, attraverso il moltiplicatore keynesiano della spesa, <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/09/il-moltiplicatore-keynesiano-spiegato.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">già visto</span></a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Pensare di risolvere i problemi di occupazione semplicemente costringendo le impres e a dare un giusto salario, senza però dare loro una ragione per fare ciò, ovvero una prospettiva di maggior guadagno, non solo è velleitario, ma persino controproducente. <b>La flex-security di tipo scandinavo può funzionare solo se si ha un economia che tira, con una forte domanda aggregata, e un'alta spesa statale</b>; non a caso i Paesi scandinavi sono quelli con la spesa statale più elevata, come si vede:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-hIhtocbJjlg/VRvBpLpQmZI/AAAAAAAABZk/k8bpyWSvG_Y/s1600/SpesapubblicaUE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-hIhtocbJjlg/VRvBpLpQmZI/AAAAAAAABZk/k8bpyWSvG_Y/s1600/SpesapubblicaUE.jpg" height="392" width="400" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.linkiesta.it/disoccupazione-keynesiana" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Secondo un'analisi recente di Sergio De Nardis</span></a>, capo economista di Nomisma, <b>solo una ripresa significativa della domanda aggregata, quindi un PIL che crescesse del 2/2,5% all'anno per almeno cinque anni, potrebbe far riassorbire la disoccupazione</b>, mentre in queste condizioni intervenire sul mercato del lavoro, anche rendendolo più flessibile, come ha fatto il Jobs Act, non porterebbe alcun beneficio apprezzabile. In mancanza di queste condizioni la disoccupazione rischia di incancrenirsi e diventare di lungo periodo, con un rischio di non riuscire più a risollevarla, a causa di un fattore automaticamente espulsivo del disoccupato di lungo termine dal mercato del lavoro. Questa era la situazione europea al 2013:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-Vq2leEj4b4w/VRwV_6LNu6I/AAAAAAAABZ0/OjwyQUKQCJg/s1600/Disoccupazione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-Vq2leEj4b4w/VRwV_6LNu6I/AAAAAAAABZ0/OjwyQUKQCJg/s1600/Disoccupazione.jpg" height="475" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo fattore è dato dalla combinazione di due situazioni: da una parte dall'obsolescenza o dalla perdita delle competenze del lavoratore a lungo inoccupato, che non risulta più utile alle imprese, dall'altro dalla concorrenza dei giovani inoccupati che risultano più appetibili alle aziende. A ciò vanno uniti fattori psicologici, come la perdita di determinazione del disoccupato, la riluttanza delle imprese ad assumere un lavoratore che è stato fermo per lungo tempo, poiché vengono spesso richieste esperienze recenti nella stessa tipologia di lavoro, ed altri. Il risultato è che, senza una costante formazione del disoccupato, finanziata dallo Stato ed eventualmente dalle associazioni di categoria, attraverso programmi di recupero ed aggiornamento delle competenze da egli maturate, <b>il lavoratore rischia di non rientrare mai più nel mercato del lavoro, restando così a carico del sistema di welfare, appesantendolo e rendendolo nel tempo non sostenibile</b>. Queste politiche di recupero si scontrano però con i limiti di deficit per la spesa statale e ancor più con il pareggio di bilancio sciaguratamente da noi introdotto in Costituzione e sono attualmente non applicabili.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quindi delle due l'una: <b>o si fa spesa per creare lavoro e si punta sulla crescita per cercare di riassorbire i disoccupati, </b>potendo con l'aumento delle entrate pubbliche derivanti dal futuro maggior gettito<b> finanziare successivamente programmi per la formazione di quelli di lungo periodo </b>e se tutto va bene un reddito di sostegno<b>, o si cerca subito di finanziare un sostegno che però non crea lavoro </b>e che rischia di diventare insostenibile nel medio periodo,<b> cristallizzando un tasso di disoccupazione elevato, che l'imposizione di un salario minimo porterebbe solo ad aggravare </b>e creando quell'esercito di disoccupati che è la finalità dei neo-liberisti per consentire <b>una costante tenuta di un livello minimo di retribuzione</b>, flessibile ulteriormente verso il basso, se e quando sarà necessario, senza che i lavoratori possano ribellarsi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se non ci si rende conto che queste sono le uniche alternative si fa solo il gioco di chi dalla situazione attuale ha solo da guadagnare. E non sono i lavoratori.</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-48844642251062159342015-03-23T11:29:00.000-07:002015-03-23T11:41:29.227-07:00Le pillole rosse - 8° pillola: la corruzione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-9LW9d-fgvcc/VRBYIPPG0DI/AAAAAAAABZA/Ss-lYsvp0Ds/s1600/corruzione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-9LW9d-fgvcc/VRBYIPPG0DI/AAAAAAAABZA/Ss-lYsvp0Ds/s1600/corruzione.jpg" height="422" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Forse, insieme al debito pubblico, la corruzione è il tema più caldo da trattare. Quando si pronuncia la parola corruzione (con due erre arrotate ed una zeta che paiono tre) si evoca nel pensiero dell'ascoltatore un mostro mitologico che inghiotte risorse ed impoverisce il Paese, che sotto i suoi piedi ungulati costringe l'Italia a rimanere ferma nella corsa al progresso ed allo sviluppo. Un mostro nutrito da una classe politica incapace ed inefficiente che solo grazie ad esso può assurgere a posizioni rilevanti, a scapito di tanta gente capace ed onesta che meriterebbe e che viene calpestata e derisa (la citazione non è casuale...). Il vero problema della crisi italiana.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
O no?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Capiamoci: la corruzione è un male e va combattuta e qualsiasi norma che la contrasti, qualsiasi azione volta a colpirla e debellarla è assolutamente utile e meritoria, ma chiunque la assurga a spiegazione della crisi od a giustificazione del vincolo esterno europeo, per definizione moralizzatore e benefico contro la piaga corruttiva, beh, o è vittima della martellante campagna mediatica di Matrix (per chi non sa cosa sia consiglio di cominciare dalla <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/07/le-pillole-rosse-1-pillola-svalutazione.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">pillola n. 1</span></a>), o ne è volontariamente complice.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per valutare l'effettiva pericolosità di questo mostro occorre innanzitutto conoscerlo e capirlo, per cui vediamo cosa è la corruzione e da dove nasce.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La corruzione si può definire come <b>quell'azione da parte di un soggetto tendente a modificare a suo favore l'iter normale di una decisione od il suo esito da parte di un organo amministrativo o politico</b>. Il risultato è che un appalto, una fornitura o un servizio vengono affidati ad un soggetto piuttosto che ad un altro. La corruzione è un costo ulteriore per il corruttore (normalmente un impresa) e un guadagno extra per il corrotto (funzionario o politico). Dal punto di vista economico la corruzione non è un male in sé, in quanto determina solo uno spostamento di ricchezze fra due soggetti ed al limite una diversa allocazione di risorse pubbliche, <b>che non è detto sia meno efficiente</b>. Bisogna infatti distinguere le cause e le conseguenze della corruzione: <b>se chi corrompe lo fa per sveltire un iter che comunque si dovrebbe compiere, la corruzione ha addirittura un effetto positivo sul sistema</b>. Questo è ad esempio il caso di un Paese in via di sviluppo con procedure decisionali poco efficienti, le quali vengono sveltite dalla c.d. mazzetta, che permette il raggiungimento dello scopo (che si sarebbe raggiunto ugualmente, come una commessa di acquisto di beni esteri) in un tempo minore.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>In generale comunque la corruzione ha un effetto distorsivo sulla spesa pubblica</b>, perché può favorire un fornitore di beni o un appaltatore non ottimale, sia per la qualità oggettiva del prodotto offerto, sia per il rapporto qualità/prezzo dello stesso, con il risultato di <b>avere un bene pubblico di minore qualità o comunque troppo costoso per il suo valore</b>. Con i limiti alla spesa derivanti da vincolo esterno poi, ciò si traduce in <b>minor possibilità di spesa per ulteriori beni o servizi</b>. A ciò si aggiunga che, di solito, <b>un bene di minor qualità ha una vita più breve</b> o necessita più frequentemente di riparazioni e sostituzioni, con un aggravio della spesa ad esso relativa.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sintetizzando le ragioni che causano la corruzione, essa si manifesta più facilmente quando:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
- Vi sono regole di comportamento o procedure decisionali troppo complesse o farraginose.</div>
<div style="text-align: justify;">
- C'è un'alta discrezionalità del soggetto decisorio.</div>
<div style="text-align: justify;">
- I controlli sono assenti o ex post rispetto alla decisione.</div>
<div style="text-align: justify;">
- Gli stipendi dei funzionari addetti alla decisione od al controllo sono bassi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Qui già è possibile fare un'osservazione che spiazzerà tutti i sostenitori dell'opera moralizzatrice dell'Unione Europea: <b>molte di queste fonti di corruzione sono state incrementate dalla legislazione comunitaria</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La UE infatti ha decisamente complicato gli iter decisionali e la complessità della vita economica delle aziende, stabilendo minuziosi quanto pedanti requisiti per la produzione di beni o l'effettuazione di servizi ed opere; ha spostato i livelli decisionali decentrandoli, aumentando così il potere e la discrezionalità in ambito locale, molto più suscettibile di pressioni corruttive; ha infine spostato i momenti di controllo dell'attività amministrativa locale, ponendoli quasi tutti ex post (per un esauriente sintesi vedi <a href="http://orizzonte48.blogspot.it/2012/11/a-corruzione-e-il-fogno-lo-strano-caso_30.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo post di Barra Caracciolo</span></a>). L'austerità decisa a livello europeo e alimentata dai rigorosi vincoli di spesa, che dovevano essere moralizzatori, ha poi impoverito il settore pubblico, sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista delle risorse umane disponibili, <b>rendendo da una parte più corruttibili i funzionari, dall'altra meno efficienti i controlli</b>, per la scarsità dei soggetti controllori rispetto al volume di attività, oltretutto a volte con la tagliola temporale del silenzio-assenso, che impone tempi di intervento incompatibili con la scarsità dei mezzi e del personale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Una pubblica amministrazione propagandata come più snella e quindi più agile</b> (come se fosse un corpo fisico che si muove meglio se pesa meno...) nei fatti si è trasformata in <b>più vecchia</b> (per il tasso di sostituzione minore degli impiegati, a causa del blocco dei turn-over), <b>più povera</b> (sono tre anni che vige il blocco dei salari), <b>meno rapida ed efficiente</b> (pochi addetti per alto volume), <b>meno controllata e meno controllante</b> l'attività privata e, complessivamente, <b>meno motivata, quindi meno produttiva</b>. Tutti questi sono ottimi terreni di coltura per il proliferare di attività corruttive o concussive.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma la corruzione che impatto ha sui fondamentali economici di un Paese? Esiste una correlazione fra corruzione e crescita del PIL, corruzione e debito pubblico, corruzione e crisi economica?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per quanto riguarda la prima questione <a href="http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">un interessante analisi empirica pubblicata dall'Università di Milano -Bicocca</span></a> ci dice che, <b>mentre per i Paesi in via di sviluppo la corruzione influisce sulla crescita del PIL con un moltiplicatore maggiore di 1</b>, ovvero un aumento di 1 unità dell'indice di corruzione percepita (CPI) (aumento perché l'indice va da 10, zero corruzione, a 0, paese totalmente corrotto) corrisponde ad un tasso di crescita economica di 1,22% e dello 0,50% del PIL reale pro-capite,<b> per i Paesi ad economia avanzata, come l'Italia, l'impatto, a parità di altri fattori, è molto meno rilevante</b>, addirittura provoca un aumento solo dello 0,05% del tasso di crescita economica. Ciò quindi esclude una seria rilevanza ed una correlazione fra corruzione e crescita nei paesi ricchi. Qualcuno potrebbe storcere il naso per la poca autorevolezza dell'autrice dello studio (una semplice laureanda): questo lavoro però trova autorevole conferma in <a href="http://foreignpolicy.com/2013/07/16/the-surprising-relationship-between-corruption-and-economic-growth/?wp_login_redirect=0" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo articolo su Foreign Policy</span></a> dove vengono riportati i risultati di alcuni studi accademici che dimostrano <b>la scarsa correlazione fra corruzione e crescita economica</b> che risulta molto più legata alla qualità della classe politica, al grado di libertà delle istituzioni ed al livello dell'economia globale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una frase merita di essere riportata, perché è riferita alla situazione attuale in Sud Europa: "<i>While anti-corruption measures are probably a net positive in the long run (not to mention an essential PR move in countries rightly seething with anger at their elites), they can also be something of a red herring; <b>in European countries decimated by austerity, teetering banks, and the loss of independent monetary policy, corruption is a secondary issue.</b></i>" (grassetto mio).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Neanche il debito pubblico sembra correlato con la corruzione: <a href="http://goofynomics.blogspot.it/2014/06/debito-e-corruzione-nel-mondo.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">un'analisi empirica rigorosa compiuta dall'economista Alberto Bagnai</span></a> e pubblicata nel suo blog, dimostra che non vi è rapporto di causa - effetto fra CPI e livello di debito pubblico. L'analisi di Bagnai è confermata da questa elaborazione grafica <a href="http://lumiebarlumi.blogspot.it/2014/12/la-corruzione-e-la-causa-del-debito.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">tratta dal blog di Wendell Gee</span></a> su dati FMI</div>
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-5uWY0OVNbQ0/VQ1zkkJ1uVI/AAAAAAAABW0/uueb7A-jqhM/s1600/CorrDebCorruz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-5uWY0OVNbQ0/VQ1zkkJ1uVI/AAAAAAAABW0/uueb7A-jqhM/s1600/CorrDebCorruz.jpg" height="280" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
I puntini, rappresentanti i singoli Stati, sono dispersi e non offrono alcuna correlazione fra livello di debito e tasso di corruzione (che qui va da 0 (nessuna corruzione) a 100 (massima corruzione)).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per il rapporto fra crisi e corruzione, basta dare un occhiata a questi grafici, che a qualche lettore saranno ben noti:</div>
<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-5gnKKn61oe4/VQ1ZfteIRfI/AAAAAAAABWM/1SESYbxh5IY/s1600/1384642169947.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-5gnKKn61oe4/VQ1ZfteIRfI/AAAAAAAABWM/1SESYbxh5IY/s1600/1384642169947.jpg" height="362" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte dati: ISTAT</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-e-zHycw4Sis/VRAFOJ_obTI/AAAAAAAABYY/lHPCajX9NZE/s1600/il-disastro-italiano-in-20-grafici.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-e-zHycw4Sis/VRAFOJ_obTI/AAAAAAAABYY/lHPCajX9NZE/s1600/il-disastro-italiano-in-20-grafici.jpg" height="306" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-zqr7Jh8DpxM/VQ1iWZPaEgI/AAAAAAAABWk/5eaI9wMRPO4/s1600/declino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-zqr7Jh8DpxM/VQ1iWZPaEgI/AAAAAAAABWk/5eaI9wMRPO4/s1600/declino.jpg" height="226" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: goofynomics</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Ora i casi sono due: <b>o il livello di corruzione in Italia è aumentato vertiginosamente a fine anni '90, peggiorando il nostro saldo estero, deprimendo la produzione industriale e portandoci al declino rispetto ai nostri vicini, o la crisi italiana non dipende dalla corruzione</b>, che c'era ben prima (e basta rileggere <a href="http://web.tiscali.it/certus/anni80.htm" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">la storia degli anni '80 - '90</span></a> per rinfrescarsi la memoria...).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo è lo storico dei livelli di corruzione negli anni dal 1995 al 2004:</div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-NoixiuP3bz8/VRAFH9D1VaI/AAAAAAAABYQ/LP9FtufhFWU/s1600/CPI%2Bstorico.gif" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-NoixiuP3bz8/VRAFH9D1VaI/AAAAAAAABYQ/LP9FtufhFWU/s1600/CPI%2Bstorico.gif" height="480" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
Nel periodo in cui comincia a calare la produzione, il conto economico peggiora ed aumenta lo scarto reddituale fra Italia e resto dell'UE, <b>l'indice CPI di corruzione sale</b> (quindi la corruzione percepita <b>scende</b>) da 3.4 a 5.3 per arrivare ad un massimo di 5.5 nel 2001, quando gli indicatori economici cominciano a collassare. La minor corruzione non sembra quindi portare ad una maggiore crescita, anzi paradossalmente sembra accada il contrario: evidentemente non vi è relazione fra i due fenomeni e il declino prima e la crisi poi sono causati da altro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il fatto è che sicuramente la corruzione è una distorsione che impedisce l'allocazione ottimale delle risorse pubbliche, ma <b>crea comunque una ricchezza in capo a soggetti che viene in effetti spesa</b> o, come accade negli ultimi tempi, <b>la corruzione è essa stessa direttamente spesa per beni o servizi che il corrotto non potrebbe permettersi</b>, per cui non può essere considerata la causa della crisi, che come abbiamo più volte detto è una crisi di redditi e quindi di domanda di beni e servizi e conseguentemente di investimenti, come si può vedere:</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/--52kT2_zztE/VRAFGdxIdLI/AAAAAAAABYI/TuHeJ1EkClo/s1600/grafico-domanda-interna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/--52kT2_zztE/VRAFGdxIdLI/AAAAAAAABYI/TuHeJ1EkClo/s1600/grafico-domanda-interna.jpg" height="300" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Pare vero invece il contrario, ossia che <b>la crisi abbia peggiorato il livello di corruzione dell'Italia</b>, poiché il funzionario pubblico, con i tagli di stipendio o comunque il mancato adeguamento dello stesso all'inflazione, tende più facilmente a cercare di mantenere il proprio livello di vita e consumi attraverso entrate extra, derivanti appunto da corruzione, una corruzione spicciola che spesso prende la forma opposta di concussione: la richiesta di denaro del soggetto pubblico per compiere il suo dovere. Se vediamo i dati di CPI storici dell'Italia abbiamo la conferma di questa situazione:</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-gZmY1VLeBsQ/VRAFWI6Ni3I/AAAAAAAABYg/lC1FWyb0SKw/s1600/TI_CPI_ITALIA.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-gZmY1VLeBsQ/VRAFWI6Ni3I/AAAAAAAABYg/lC1FWyb0SKw/s1600/TI_CPI_ITALIA.jpg" height="323" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Come si nota fino al 2008 il CPI rimane costante oscillando fra 5.3 a 4.8, a seconda delle rilevazioni. Dopo il 2008 l'indice CPI scende, quindi aumenta il tasso di corruzione percepita, andando fino al 3.9 del 2011.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un ultima considerazione: a vedere il primo grafico comparativo l'Italia sembrerebbe storicamente porsi in una via di mezzo fra l'onestà dei Paesi industrializzati, che viaggiano su una media fra il 7.6 e il 7.9 e quella dei Paesi in via di sviluppo, che si attestano fra il 3.8 e il 4.2. Il peggioramento degli ultimi anni poi ci porrebbe decisamente al livello delle democrazie meno sviluppate ed i risultati del 2014, che hanno trovato profondo eco sui mezzi di informazione, ci darebbero come <b>i più corrotti in Europa</b>, per la gioia degli auto-razzisti di cui la nostra nazione pullula. Questo ci dice l'indice di corruzione percepita che prende in considerazione le impressioni di un panel di imprenditori e manager. Ma se si va a vedere <b>un'altro tipo di sondaggio che prende in considerazione una domanda diretta,</b> allora si hanno delle sorprese:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-F8QyTTBCqv8/VRA95ZykbeI/AAAAAAAABYw/FqPhEgcnzTM/s1600/5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-F8QyTTBCqv8/VRA95ZykbeI/AAAAAAAABYw/FqPhEgcnzTM/s1600/5480c53c5b0f4_Bustarelleitalia.jpg" height="308" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Fonte: Global Corruption Barometer</span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<span id="goog_749345935"></span><span id="goog_749345936"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<b>La percentuale degli episodi di corruzione/concussione diretta e non percepita pone l'Italia incredibilmente al pari dell'Inghilterra e in posizione migliore addirittura della Svizzera</b>, anni luce distante dalla Grecia, che invece secondo il PCI avremmo superato. Ora, questo non significa che la situazione sia effettivamente così rosea, vi possono essere molti fattori che vanno presi in considerazione, come l'importo complessivo delle tangenti o la reticenza ad ammetterle, anche in via anonima, ma significa comunque che <b>gli indici di corruzione sono da prendere con molta cautela</b>, trattandosi a volte di meri convincimenti, magari alimentate dalla stampa, o a volte di semplice sentito dire. Quello che è sicuro è che <b>ad oggi non vi è un metodo preciso e sicuro per conoscere l'entità del fenomeno corruttivo in un Paese, né un organismo realmente indipendente e trasparente che ne possa dar conto</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se pensate quindi che il problema dell'attuale declino si risolva con la lotta alla corruzione, giusta e sacrosanta<b> ma non primaria</b>, fate solo il gioco di chi vuole sviarvi dai veri problemi: se non li conoscete basta leggersi <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2015/01/the-neverending-story.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo</span></a> per cominciare a farsi un idea e magari <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/08/le-pillole-rosse-6-pillola-pubblico-e.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo</span></a> per capire perché c'è tanta gente che si frega le mani e vi incoraggia quando gridate come Giannini "Stato ladrooo"...</div>
<br />
<br />Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-80328766673582829112015-03-21T04:06:00.000-07:002015-03-21T04:06:13.500-07:00Draghi: "La BCE non fa politica". Memoria corta, ma glie la rinfreschiamo<span style="font-family: inherit;">Oggi Draghi ha ribadito da Cipro "la BCE non fa politica". Ci dobbiamo credere? Vediamo un po' di storia recente.</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come ricorderete, lo spread fra i nostri BPT ed i Bund a metà 2011 cominciò a decollare, superando quello fra Bonos e Bund, ovvero fra i titoli di stato spagnoli, storicamente più deboli dei nostri, ed i titoli tedeschi. Ma con una anomalia. <b>Lo spread decollò troppo</b>, come si vede qui:</span></div>
<div style="background-color: white; color: #073763; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="background-color: white; clear: both; color: #073763; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 16.5454540252686px; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-gxWBZmXi8ew/U3I9xHMxISI/AAAAAAAAA_w/108MdAsaVV8/s1600/spagna-italia.jpg" imageanchor="1" style="color: #073763; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-decoration: none;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-gxWBZmXi8ew/U3I9xHMxISI/AAAAAAAAA_w/108MdAsaVV8/s1600/spagna-italia.jpg" height="284" style="-webkit-box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.2) 0px 0px 0px; background: transparent; border-radius: 0px; border: 1px solid transparent; box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.2) 0px 0px 0px; padding: 8px; position: relative;" width="640" /></a></div>
<br style="background-color: white; color: #073763; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 16.5454540252686px;" />
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Non c'era infatti nessuna ragione macroeconomica per cui i nostri titoli dovessero salire così bruscamente fra luglio e novembre 2011</b> e la speculazione internazionale ancora non aveva ancora deciso se scommettere contro la tenuta dell'euro od attendere, lucrando i rendimenti dei titoli sovrani degli Stati periferici. Ed allora cosa era successo? Era successo che la Germania, tramite le sue banche, principalmente la Deutsche Bank, aveva iniziato una massiccia vendita al ribasso dei BTP: <b>nei primi sei mesi del 2011 il suo portafoglio passò da 8,01 miliardi a 997 milioni in titoli italiani, con una riduzione del 88%!</b> Naturalmente di fronte a questa massiccia vendita, oltretutto e stranamente, <b>estremamente propagandata dai mezzi di informazione con dovizia di particolari</b>, il mercato reagì: i grandi fondi <i>edge</i> e le banche d'affari cominciarono a vendere allo scoperto titoli italiani, sia nei mercati futures, sia in quelli cash, <b>confidando che la BCE non sarebbe intervenuta per sostenerne il corso, stante i limiti di mandato del suo operare</b>. I futures sui BPT crollarono, passando da un valore di 110 ad 87,5, mentre quelli sui Bund passarono da 125 a 139, aiutando anche a tenere bassi gli interessi sui titoli tedeschi. Gli interessi del debito sovrano italiano invece crebbero, facendo divenire pressoché insostenibile a lungo termine il suo finanziamento e facendo temere a breve un default, <b>che nei fatti non c'era</b>, ma che una campagna di informazione martellante e le dichiarazioni quotidiane dei politici avversi fecero credere imminente. Il risultato fu il crollo del Governo Berlusconi, che peraltro già non godeva più di una solida maggioranza e l'insediamento "forzato" di Monti. Perché dico che non c'era pericolo imminente? <b>Perché lo avevano appena detto uno studio della Commissione Europea, la Fondazione Stiftung Marktwirtschaft e la Neue Zürcher Zeitung! </b>Riporto il grafico conclusivo di quest'ultima, che appare il più chiaro visivamente:</span></div>
<br style="background-color: white; color: #073763; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 16.5454540252686px;" />
<div class="separator" style="background-color: white; clear: both; color: #073763; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 16.5454540252686px; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-z9vY8aYQchQ/U3M0xbtTKPI/AAAAAAAABAA/nubYNHOjnmg/s1600/grafico-nzz1.jpeg" imageanchor="1" style="color: #073763; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-decoration: none;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-z9vY8aYQchQ/U3M0xbtTKPI/AAAAAAAABAA/nubYNHOjnmg/s1600/grafico-nzz1.jpeg" height="325" style="-webkit-box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.2) 0px 0px 0px; background: transparent; border-radius: 0px; border: 1px solid transparent; box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.2) 0px 0px 0px; padding: 8px; position: relative;" width="400" /></a></div>
<br style="background-color: white; color: #073763; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 16.5454540252686px;" />
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La sostenibilità a breve, immediata, è la barra blu, mentre quella a lungo termine è la barra celeste: i Paesi che hanno un debito sostenibile sono quelli che hanno l'andamento della barra negativo (verso sinistra) gli altri sono quelli più o meno insostenibili: quanti ne vedete sostenibili? Solo uno, l'Italia. <b>Nel 2011 l'Italia era quindi perfettamente in grado di resistere e di far fronte ai propri impegni di spesa</b>: altro che mancare i soldi per gli stipendi, come continua a dire qualcuno...</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Su questo attacco si è già parlato molto, grazie alle rivelazioni del giornalista Alain Friedman, per sostenere o negare che l'azione fu orchestrata dalla Germania, proprio per eliminare Berlusconi che rischiava di far saltare il sistema euro: il famoso colloquio avuto da Napolitano con Monti a giugno 2011, in piena bufera speculativa, ha riempito le prime pagine dei giornali, così come si è molto disquisito della reale o meno volontà di Berlusconi di rovesciare il tavolo, minacciando l'uscita dall'eurozona. Ora però si è aggiunto un tassello piuttosto significativo ed inquietante: <b>secondo un libro uscito l'anno scorso in America e scritto dall'ex Ministro del Tesoro americano Tim Geithner, alcuni funzionari europei lo avvicinarono nell'autunno del 2011 per proporgli un piano per abbattere Berlusconi,</b> attraverso il diniego di sostegno all'Italia da parte del FMI, finché non se ne fosse andato. Questo darebbe credito alla tesi del "complotto" politico-finanziario ed ancora più grave avvalorerebbe l'ipotesi di un "golpe" nei confronti degli italiani, privati di fatto della loro sovranità, con la nomina, fuori da ogni processo democratico, di Monti a Presidente del Consiglio.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Che i mercati, o meglio le banche tedesche sui mercati, che qualcuno considera neutrali e rispondenti solo a logiche economiche, si erano comportati in maniera anomala lo aveva notato anche qualcun'altro:<b> Prodi, che all'epoca era ormai osservatore esterno, dichiarò il suo stupore per l'azione della Germania, da lui considerata "suicida"</b>. Queste le sue parole in un'intervista al Corriere della Sera del 28 luglio 2011(<a href="http://www.corriere.it/economia/11_luglio_28/prodi-deutsche-bank_02a8aac8-b914-11e0-a8dd-ced22f738d7a.shtml" style="text-decoration: none;" target="_blank">qui</a> il testo integrale): “<i>La scelta di DeutscheBank? Un suicidio”. “E' la dimostrazione di una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine di ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa, sono assolutamente turbato</i>”.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b><br /></b></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Dopo l'insediamento di Mario Monti come capo dell'Esecutivo, con il plauso e la benedizione della Merkel, lo spread cominciò a ridiscendere</b>, ma durò poco: questa volta a giocare a sfavore era l'instabilità della Grecia ed il pericolo concreto della sua uscita dall'euro con il conseguente rischio da parte degli investitori (soprattutto tedeschi) di vedersi restituiti i prestiti in moneta svalutata e magari con un deciso haircut del credito. Ma qui intervenne l'altro Mario, <b>quello che durante l'attacco del 2011 era stato silente a guardare la speculazione fare a pezzi l'Italia</b>, <b>Mario Draghi</b>. Al culmine dell'instabilità e mentre gli <i>edge fund</i> e le banche pregustavano un'altra scorpacciata, nel luglio del 2012, il Presidente della BCE fece la sua famosa dichiarazione, riassunta nella frase "<i>whatever it takes</i>", in cui lanciava il programma OMT, Outright Monetary Transaction, un programma di acquisto condizionato dei titoli di stato dei Paesi dell'eurozona per difendere gli Stati in difficoltà dall'innalzamento dei tassi di interesse. Bastò la semplice dichiarazione di intervento a sconfiggere le spinte speculative ed a far abbassare gli spread, come il grafico sopra postato dimostra. Ora, <b>è legittimo chiedersi come mai Draghi abbia trovato l'escamotage per impegnare la BCE ad un intervento senza violare lo statuto per salvare l'euro nel 2012, mentre non abbia avuto la stessa brillantezza per salvare l'Italia nel 2011</b>: l'unica cosa che si può segnalare per comprenderne i motivi è il fatto che, grazie alla crisi del 2011, ci fu un <b>cambio di guida</b> in Italia, ma anche in Grecia, ed <b>in tutti e due i casi furono sostituiti Presidenti del Consiglio riottosi ad eseguire le direttive della Commissione Europea e che avevano accarezzato l'idea di uscire dall'euro </b>(Papandreu stava per indire un referendum, Berlusconi ne aveva parlato con i partner europei, secondo Bini Smaghi)<b> con soggetti, provenienti dal mondo finanziario </b>(Monti, Papademos)<b>, del tutto in linea con le direttive economiche</b>.</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Vi pare che questo comportamento di Draghi, che non muove un dito per salvare la sola Italia da una speculazione tendente a rovesciare un governo riottoso (Berlusconi), ma dichiara di "fare tutto ciò che è necessario" per salvare la Grecia e tutti i Paesi periferici (e quindi l'euro) quando al potere ci sono governi (Monti, Papademos) perfettamente allineati, non sia stato un agire politico?</span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; line-height: 16.5454540252686px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Decisamente il capo della BCE ha la memoria corta</span></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-78623189793160644952015-03-04T10:18:00.001-08:002015-03-04T10:20:08.174-08:00Armi di distrazione di massa: il caso Slovenia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-Fw6TJERphAU/VPdLn_rREEI/AAAAAAAABVo/5n67iJyLodU/s1600/gay-marriage-interna-nuova.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-Fw6TJERphAU/VPdLn_rREEI/AAAAAAAABVo/5n67iJyLodU/s1600/gay-marriage-interna-nuova.jpg" height="202" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Oggi mi è capitato di leggere questo articolo del Corriere della Sera: "<a href="http://www.corriere.it/esteri/15_marzo_04/slovenia-approva-matrimoni-gay-si-anche-adozioni-af5653bc-c25a-11e4-9c34-ed665d94116e.shtml" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">La Slovenia approva i matrimoni gay. Sì anche alle adozioni</span></a>".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ora, non so come la pensiate, ma generalmente io sono per la libera determinazione individuale della persona, purché non vada a scapito di terzi incolpevoli, per cui, di massima, una legge che aumenta e parifica i diritti delle coppie omosessuali senza ledere nessuno mi trova favorevole (sulle adozioni, poiché è in ballo il diritto del bambino a crescere in modo sano ed equilibrato, il discorso si fa più delicato). Poi però mi è venuto in mente questo pensiero: ma la Slovenia non è uno di quei Paesi entrato nell'euro tra gli ultimi ed al quale la moneta unica, stranamente (...), non ha portato tanto giovamento, anzi ha peggiorato e di molto la situazione di quella che veniva considerata "<i>modello di virtuosismo finanziario e di buon governo, di capitalismo mitigato da un welfare alla scandinava</i>", <a href="http://espresso.repubblica.it/internazionale/2013/02/27/news/la-prossima-grecia-e-la-slovenia-1.51141" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">come ricordava l'Espresso</span></a>? Allora sono andato a controllare e, sì, la Slovenia è entrata nel gennaio 2007, nel 2009 ha subito pesantemente la crisi (-7,9% PIL), poi ha avuto due anni di debole crescita (1,3% nel 2010 e 0,7% nel 2011) e poi è ripiombata nella crisi (-2,5% nel 2012 e -1,1% nel 2013), fino a tornare ad una lieve crescita nel 2014 (0,5%) trainata da esportazioni ed investimenti esteri. Il debito pubblico è passato dal 22% del 2008 al 80,9% del 2014. La disoccupazione è attualmente al 13,6%. (dati <a href="http://www.ice.it/paesi/europa/slovenia/upload/092/Slovenia%20-%20congiuntura%20-%20marzo%202014%20-%2023.04.2014.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qui</span></a> e <a href="http://www.esteri.it/mae/pdf_paesi/europa/slovenia.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qui</span></a>) Naturalmente il governo in carica ha seguito tutte le ricette di austerità, tagli, privatizzazioni e inasprimento fiscale chieste da Bruxelles, per arrivare a questi mirabili risultati...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
No decisamente non è un Paese che sta bene.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Però <b>sono cinque anni che in Slovenia si discute di diritti successori e civili degli omosessuali e trasgenders</b>. Ecco una breve cronistoria: nel dicembre 2009 il governo di centro sinistra presentò un nuovo progetto di Codice di famiglia, che prevedeva la piena parificazione delle unioni omosessuali agli altri tipi di famiglia, il matrimonio gay e le adozioni da parte di coppie omosessuali, e lo presentò in discussione presso l'Assemblea nazionale slovena. Il disegno di legge fu bloccato nell'Assemblea nazionale per un certo tempo, poi una versione di compromesso del Codice fu approvata nel giugno 2011, versione che concedeva alle coppie registrate dello stesso sesso tutti i diritti del matrimonio, tra cui l'adozione. Questa legge tuttavia <b>fu abrogata in un referendum nazionale</b> il 2012: il 55,22% dei votanti disse no al Codice approvato. Nel 2014 è stata ripresentata una legge che permette i matrimoni e l'adozione e l'attuale maggioranza di sinistra l'ha in questi giorni approvata, ma già si stanno raccogliendo le firme per un altro referendum abrogativo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa è la mappa dei diritti civili dei gay/trasgenders in Europa: gli Stati in verde sono i più avanzati come legislazione, quelli in rosso i più retrivi</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-dAbRhco9Cxc/VPdHTEXSkAI/AAAAAAAABVc/eRyRjWomsTg/s1600/MappadircivEU.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-dAbRhco9Cxc/VPdHTEXSkAI/AAAAAAAABVc/eRyRjWomsTg/s1600/MappadircivEU.jpg" height="281" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Una considerazione sorge spontanea, anche valutando il fatto che, ad esempio, <b>Spagna e Portogallo sono gli Stati che nell'Europa del Sud hanno le maggiori tutele e riconoscimenti nel campo dei diritti personali e nella tutela delle diversità</b>: non è che si stanno concedendo le tutele private in cambio dell'azzeramento dei diritti sociali? Le battaglie (sacrosante) per la parità di genere e sesso sono diventati un'arma di distrazione dell'opinione pubblica per nascondere lo svuotamento dei diritti dei lavoratori, la compressione dei salari, la perdita della sovranità economica? Io credo di sì.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Luciano Barra Caracciolo ha coniato per questi ed altri diritti privati l'efficace termine di "diritti cosmetici" per indicare proprio il loro essere un "abbellimento" di una società privata del diritto ad una esistenza economicamente dignitosa, che però può vantare la formale non discriminazione delle persone per genere, sesso o provenienza, una società dove il lavoratore è tornato alla mercé del datore di lavoro, grazie al Jobs Act in Italia e alle tante "riforme strutturali" attuate nel resto d'Europa, ma abbiamo la formale piena parità fra padre e madre, anzi Genitore 1 e Genitore 2, <a href="http://27esimaora.corriere.it/articolo/mamma-e-papa-no-genitore-1-e-2/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">per non essere tacciati di omofobia</span></a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La Slovenia adesso potrà avere sposi e genitori dello stesso sesso: auguri! E auguri soprattutto quando cercheranno un lavoro economicamente dignitoso per mantenere la nuova e democraticamente parificata famiglia. Tanto per capirci, questo era il livello degli stipendi in Slovenia (e sono scesi del 1,9% nel 2013).</div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-hN3lYsv84Xc/VPdAqZUjViI/AAAAAAAABVM/1lOjNTi9A-Q/s1600/stipendiEU2012.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-hN3lYsv84Xc/VPdAqZUjViI/AAAAAAAABVM/1lOjNTi9A-Q/s1600/stipendiEU2012.png" height="250" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Eurostat</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Sarò io malfidato...<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-79738713739114430002015-03-03T02:58:00.000-08:002015-03-03T03:02:43.683-08:00L'austerità e l'estremismo: il sonno della ragione (degli economisti) genera mostri<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-RWxZZj91Mz4/VPWSTEKQmoI/AAAAAAAABU0/CHL_eX1F0TA/s1600/ilsonnodellaragione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-RWxZZj91Mz4/VPWSTEKQmoI/AAAAAAAABU0/CHL_eX1F0TA/s1600/ilsonnodellaragione.jpg" height="448" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
La visione macroeconomica classica, attualmente dominante, ha fallito.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come spiega lucidamente Frances Coppola<span style="color: #cc0000;"> <a href="http://coppolacomment.blogspot.co.uk/2015/02/the-failure-of-macroeconomics.html?m=1" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un suo recente post</span></a></span> i modelli lineari con cui i maggiori macroeconomisti, a cominciare da Blanchard del FMI, hanno cercato di spiegare e quindi guidare i processi economici durante la crisi si sono rivelati inadatti ed errati. Lo stesso Blanchard<span style="color: #cc0000;"> <a href="https://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2012/02/pdf/text.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ha dovuto ammettere nel WEO 2012</span></a></span> che il moltiplicatore della spesa pubblica non era il misero 0,5% da lui indicato, con la conseguenza che la spesa sarebbe stata maggiore del beneficio dato dalla crescita del PIL, ma doveva situarsi in una forbice fra lo 0,9% e l'1,7% e quindi la spesa pubblica avrebbe creato più reddito di quanto speso.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In America il Congressional Budget Office <a href="http://www.cbo.gov/sites/default/files/cbofiles/attachments/45122-ARRA.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un suo rapporto del 2014</span></a> ha evidenziato che i modelli adottati si basano su ipotesi teoriche altamente improbabili come l’assenza di disoccupazione involontaria, che assume che gli individui possano scegliere quante ore lavorare al salario determinato dal mercato, o come il presupposto che gli agenti economici siano pienamente razionali e lungimiranti. Secondo i modelli dell’equilibrio economico generale, inoltre, le politiche espansive spingono gli individui a ridurre i consumi, perché prevedono di pagare in futuro per ogni aumento di spesa pubblica o minori tasse del presente (equivalenza ricardiana) e tendono anche a spiazzare una notevole quantità di altre attività economiche (effetto spiazzamento), ma l’evidenza empirica non mostra prove sufficienti a sostegno di queste tesi (così Hemming R., Kell M., Mahfouz S., <i>The Effectiveness of Fiscal Policy in Stimulating Economic Activity</i>: A Review of the Literature, Working Paper no. 02/208, International Monetary Fund, Washington DC, 2002 tratto da http://www.economiaepolitica.it/tag/krugman/#sthash.7bXLfZ0m.dpuf).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2014/09/blanchard.htm" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">La difesa di Blanchard</span></a>, secondo il quale si tratta di "dark corners" nei quali la teoria ed i modelli non funzionano bene, ma che delle corrette policies economiche possono evitare (scaricando quindi la colpa su chi fa politica economica, che andrebbe a cacciarsi in questi "angoli oscuri") è stata demolita da Coppola con una frase che merita di essere riportata: "<i>the desperate cry of an aging economist who discovers that the foundations upon which he has built his career are made of sand.</i>" (il grido disperato di un anziano economista che scopre che le fondamenta sulla quali ha costruito la sua carriera sono fatte di sabbia). Applausi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ciò porta a considerare errate tutte le conseguenze ad essa collegate, prima di tutto il mantra dell'austerità e della stabilità. L'austerità trova ormai pochi sostenitori, soprattutto in Germania: come ha dimostrato Krugman <a href="http://krugman.blogs.nytimes.com/2015/02/15/weimar-and-greece-continued/#main" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un recente articolo sul suo blog</span></a>, la Grecia, dopo anni di cura di austerità per uscire dalla crisi è arrivata ad crollo del reddito pro-capite persino superiore a quello della Germania dopo la 1° Guerra Mondiale. Ecco il grafico relativo:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-HEBZ6JkFN-U/VPV42hJUTII/AAAAAAAABT4/lKF1w1WazwQ/s1600/GreeceWeimar.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-HEBZ6JkFN-U/VPV42hJUTII/AAAAAAAABT4/lKF1w1WazwQ/s1600/GreeceWeimar.png" height="223" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Krugman</td></tr>
</tbody></table>
Gli altri Paesi che hanno, pur in maniera minore, sperimentato la c.d. austerità espansiva, come la Spagna od il Portogallo, hanno avuto i seguenti risultati:<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-NWj4PmsTuek/VPV8EubLLuI/AAAAAAAABUE/2A6hX6c7JAo/s1600/recessione-PIIGS.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-NWj4PmsTuek/VPV8EubLLuI/AAAAAAAABUE/2A6hX6c7JAo/s1600/recessione-PIIGS.jpg" height="243" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Da notare che per ottenere queste performance la Spagna è arrivata ad avere una disoccupazione intorno al 27%, Il Portogallo al 17,5% e l'Italia sta viaggiando sul 13% ed i redditi reali sono calati con questa dinamica</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-Ecoig45e6dk/VPV-KlCF0HI/AAAAAAAABUU/ozSCN4J2mo8/s1600/Reddito%2BprocapPigs.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-Ecoig45e6dk/VPV-KlCF0HI/AAAAAAAABUU/ozSCN4J2mo8/s1600/Reddito%2BprocapPigs.jpg" height="288" width="400" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Questi dati incontestabili sono ormai, salvo rari casi, pienamente riconosciuti come causati dalle manovre di austerità ed ormai tutti i governi europei, eccetto la Germania, considerano finita la stagione del rigore e dei sacrifici ed invocano manovre di crescita. Se non che queste si scontrano con l'altro mantra neoclassico, ovvero la stabilità, che si traduce con pareggio di bilancio e controllo dell'inflazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Anche qui il fallimento è stato totale: per paura dell'inflazione siamo arrivati ad una deflazione che sta minando la sostenibilità dei debiti pubblici, che ha distrutto quello che rimaneva di una domanda interna ed intra-europea già al collasso e che sta minando il tessuto economico che ancora resiste alla crisi. Per tenere i conti in ordine si impedisce allo Stato di spendere per creare, via investimenti, quel lavoro che potrebbe far ripartire l'economia e si stanno man mano eliminando o peggiorando quei servizi fondamentali che sono l'espressione della tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, come quello alla salute, all'assistenza sociale o all'istruzione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nonostante ciò, nessun economista ortodosso e nessun ministro dell'Economia mette in dubbio la necessità del consolidamento fiscale attraverso tagli alla spesa e, quando non basta, inasprimento delle tasse, magari indirette, che colpiscono cittadini, già sfiniti e provati dal crollo dei propri redditi. Questo "sonno della ragione" - che nasce dall'ottusa applicazione di ricette economiche che non hanno mai funzionato, ma che fanno suggestivamente presa sulla gente, specie se veicolate da slogan come "lo Stato deve tenere i conti in ordine come una famiglia" o "lo Stato deve agire come una sana impresa", magari condite da considerazioni su "Stato ladro", "Stato sprecone" e "Stato corrotto" - è molto pericoloso, perché permette l'affermarsi ed il consolidarsi di forze e partiti dichiaratamente estremisti ed antidemocratici i quali, in nome della liberazione dai vincoli assurdi imposti dall'Europa e nel nome di un giusto ritorno alla sovranità nazionale, fanno incetta di consensi, anche tra le persone più moderate.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tutto questo è stato già visto. Ecco uno stralcio di "Una storia di austerità" dal blog www.laprivatarepubblica.com (grassetto mio):</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>Il programma di austerità più catastrofico della Storia è sicuramente quello della Repubblica di Weimar, portato avanti nel pieno della Grande Depressione (tra il 1930 e il 1932) dal “cancelliere della fame” Heinrich Brüning. <b>Dopo aver appreso i fondamenti dell’austerity durante il dottorato alla London School of Economics</b>, il cancelliere era fortemente supportato nel suo piano dai big dell’industria tedesca. Ma dopo due anni di austerità la situazione era degenerata: Brüning <b>sospese di fatto la democrazia parlamentare e governò a colpi di decreti emergenziali</b>; la disoccupazione raddoppiò dal 15% del 1930 al 30% del 1932; la miseria dilagò; le proteste si fecero sempre più violente; e le milizie paramilitari e i nazisti acquisirono un potere sconfinato. Brüning fu infine costretto a dimettersi, e nel 1933 salì al potere un certo Adolf Hitler.</i>". Governare sospendendo di fatto la democrazia parlamentare a colpi di decreti legge... Non vi ricorda qualcuno?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ancora un altro esempio:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>Un altro interessante caso di studio sull'efficacia dei programmi di austerità è la Lituania dei primi anni ’90. L’URSS era appena collassata e la piccola repubblica sovietica cercava di sganciarsi definitivamente dall’orbita del Cremlino, anche e soprattutto sul versante economico. Per fare ciò, <b>il governo lituano si rivolse all’economista Larry Summers (ex Segretario del Tesoro sotto Clinton ed ex presidente del National Economic Council sotto Obama</b>), che prescrisse la solita medicina dell’austerità per la transizione dall’economia pianificata al libero mercato. I risultati? Disoccupazione alle stelle, <b>corruzione galoppante</b>, una popolazione che <b>addirittura rimette al potere i comunisti</b> (nel 1992, appena due anni dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Russia) ed il più alto tasso di suicidi del mondo. Nel 1990, infatti, in Lituania il tasso era fermo a 26.1 persone su 100.000; dopo appena cinque anni era schizzato a 45.6 su 100.000</i>". Corruzione come effetto dell'austerità: ne parleremo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per finire ecco un grafico che dovrebbe far meditare: il rapporto fra disordini sociali ed austerity</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-pwGhEJW99kM/VPWLX4dQFJI/AAAAAAAABUk/vpxgJsiwJWo/s1600/storiausterity-3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-pwGhEJW99kM/VPWLX4dQFJI/AAAAAAAABUk/vpxgJsiwJWo/s1600/storiausterity-3.jpg" height="395" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: www.laprivatarepubblica.com. tratto da Ponticelli, Voth, “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010″</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
Stanno scherzando con il fuoco nella loro ottusa difesa di teorie errate e rovinose ed i mostri sono dietro l'angolo: ancora non sono apparsi (ma in Grecia, la più colpita, Alba Dorata è diventato il terzo partito...), ma se ne sente il passo. D'oca.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Poi non dite che non vi avevo avvertito.</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-60188632632402652062015-02-25T01:45:00.003-08:002015-02-25T01:45:42.756-08:00La Grecia è corrotta? Sì, ma...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-4SD6bAMGnME/VO2ZJNYmTBI/AAAAAAAABTo/__rz5sn-Mx4/s1600/grecia11-300x268.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-4SD6bAMGnME/VO2ZJNYmTBI/AAAAAAAABTo/__rz5sn-Mx4/s1600/grecia11-300x268.jpg" height="356" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Ringrazio Francesca Cosentino, una ex manager, oggi in crisi ed esodata, che su Twitter ha dato luogo ad un ampia discussione su corruzione, crescita, crisi economica e situazione italiana e greca con Maurizio Cocucci, che mi segue sul blog ,perché mi hanno fatto venir voglia di scrivere ancora sulla Grecia, <span style="color: #cc0000;"><a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/11/cosa-sapete-della-grecia.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">dopo il post sugli effetti della cris</span>i</a>.</span></div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Sì, possiamo dirlo, la Grecia è una Nazione con un alto tasso di corruzione. Nessuno può negare che nel paese ellenico vi è un perverso intreccio fra oligarchi e politica e che i primi possano usufruire di favori da parte dell'amministrazione pubblica, sia riguardo agli appalti che riguardo alla possibilità di eludere controlli fiscali e farla franca. Era corrotta prima dell'entrata nell'eurozona e lo è ancor più adesso (e prossimamente vedremo perché).</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Il punto è però: è questa la causa della crisi? Il crollo del PIL dal 2008 ad oggi, l'alto debito pubblico, l'elevata disoccupazione, la perdita di competitività, la chiusura di aziende, il crollo dei redditi, sono tutti fenomeni spiegabili semplicemente con una corruzione arrivata a livelli insostenibili?</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Vediamo intanto qualche dato sulla dinamica economica del Paese:</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-56EdDIwBLmQ/VOxwrxMk8nI/AAAAAAAABS4/onYInZnlSXg/s1600/GreVS%2BEu.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-56EdDIwBLmQ/VOxwrxMk8nI/AAAAAAAABS4/onYInZnlSXg/s1600/GreVS%2BEu.png" height="524" width="640" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-1dKxsBwYI10/VOxwuoCfwQI/AAAAAAAABTA/bqg1cjJ40SU/s1600/living.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-1dKxsBwYI10/VOxwuoCfwQI/AAAAAAAABTA/bqg1cjJ40SU/s1600/living.JPG" height="640" width="478" /></a></div>
<br />
<div>
<div style="text-align: justify;">
Gli indicatori sono disastrosi ed il confronto con il resto dell'eurozona, pur in crisi, impietoso: la Grecia risulta avere un andamento ed un livello peggiore in tutti i parametri analizzati e questo lo sapevamo. Ma il secondo grafico ci dice qualcosa di interessante e meno scontato: <b>subito dopo la crisi del 2008 e fino al'inizio del 2010 la situazione delle famiglie era accettabile</b>. I salari avevano tenuto, così come il welfare, ed anche se i consumi ed il reddito disponibile erano in calo la situazione sembrava in linea con quella degli gli altri Paesi periferici. Poi, <b>dal 2010, il crollo verticale di tutti gli indicatori, crollo che si accentua nel 2011 per quanto riguarda salari e prestazioni sociali</b>.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Cosa succede nel 2010 e nel 2011? Succede che, dopo che nel dicembre 2009 l'allora premier Papandreou rivela (!) al mondo che il debito della Grecia è superiore a quanto comunicato dal precedente governo, nel maggio del 2010 l'Unione Europea ed il Fondo Monetario Internazionale approvano un piano di salvataggio di € 110 mld., ma, <b>in cambio, viene stilato un memorandum, dove sono indicati minuziosamente gli interventi da fare</b>.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Gli interventi da attuarsi immediatamente sono:</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Aumento delle aliquote dell'IVA.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Aumento delle accise su carburante, tabacco ed alcolici.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione dei salari pubblici con la riduzione delle gratifiche pasquali, estive e natalizie e delle indennità degli impiegati.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Eliminazione delle gratifiche pasquali, estive e natalizie per i pensionati, con salvezza di quelli che guadagnano fino a 1900 euro l'anno.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Cancellazione del fondo per le emergenze .</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione delle pensioni più elevate.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Abolizione della maggior parte dei fondi di solidarietà sociale (eccetto una parte del fondo per i poveri).</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
-_Riduzione degli investimenti pubblici per € 500 mln..</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Approvazione di una legge per l'aumento delle aliquote progressive per tutti i tipi di reddito e per l'introduzione di un'aliquota fissa sui redditi generati da lavoro e patrimoni.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Approvazione di una legge che elimini ogni esenzione ed inserisca la previsione di una tassazione autonoma (retroattiva a gennaio 2010) per le indennità riconosciute ai lavoratori pubblici.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Approvazione di una legge che preveda statistiche mensili del bilancio dello Stato.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Creazione all'interno della Banca di Grecia di un autonomo Fondo per la Stabilità Finanziaria a garanzia di potenziali insolvenze ed a supporto del sistema bancario greco.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Revisione della legge sul fallimento, secondo le indicazioni della BCE.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riforma delle Pubbliche Amministrazioni locali, finalizzata a ridurre i costi di funzionamento ed i salari dei dipendenti.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Revisione da attuarsi con il confronto con le parti sociali per rivedere il peso dei salari privati e gli accordi contrattuali.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Da attuarsi alla fine del 2010 sono:</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Introduzione del blocco dei turnover al 80%.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione dei consumi intermedi della Pubblica Amministrazione per almeno € 300 mln..</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riforma della PA con l'obiettivo di ridurre i costi nel periodo 2011-2013 di € 1.500 mln. di cui almeno € 500 mln. entro il 2011.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Congelamento dell'indicizzazione delle pensioni.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione degli investimenti finanziati internamente di almeno € 1.000 mln., dando priorità agli investimenti finanziati da fondi EU.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Introduzione di una "tassa di crisi" temporanea sulle imprese ad alto profitto.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Incentivazione a sanare abusi edilizi per ottenere almeno € 1.500 mln. nel periodo 2011-2013, con almeno € 500 mln. nel 2011</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Aggravamento della tassazione presuntiva degli autonomi</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Aumento della base imponibile IVA e riconduzione all'aliquota normale di almenno il 30% dei beni che godono aliquota ridotta.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Introduzione di una "tassa verde" sulle emissioni di CO2.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Espansione della tassa sugli immobili con la revisione delle aliquote catastali.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Aumento delle tasse sulle licenze, comprese quelle per i taxi.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Introduzione di una tassa speciale sull'occupazione abusiva del suolo.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Aumento delle tasse sui beni di lusso.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Segue un elenco di interventi da farsi legislativamente, come ad esempio, l'allungamento dell'età pensionabile (se avete voglia e pazienza il memorandum completo lo trovate <a href="http://m.docente.unife.it/alessandro.somma/dottorato-venezia/dottorato-venezia-2013-14/memorandum-grecia-2-maggio-2010" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qui</span></a>).</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
A questo memorandum ne seguiranno altri, di controllo e modifica secondo i risultati ottenuti, che vi consiglio di leggere perché evidenziano una certa soddisfazione per i successi (!) ottenuti nel consolidamento fiscale e strutturale che stride ferocemente con i drammi sociali da questi causati e del tutto ignorati nei report.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
A luglio 2011 un altro memorandum viene presentato a fronte di ulteriori € 50 mld, di aiuti, il quale prevede:</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione degli impiegati pubblici con l'obiettivo di licenziarne 150.000 o almeno il 20% del totale impiegato entro il 2015.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Chiusura di Enti e Agenzie statali non essenziali.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione dei compensi ai pubblici impiegati, in linea con quanto avvenuto nel settore privato.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Razionalizzazione e rimodulazione dei servizi sociali, incluso tetto alle pensioni e revisione delle indennità di disoccupazione.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riforma delle pensioni.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riduzione del numero dei lavoratori con lavori usuranti.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Revisione del criterio di inabilità per le pensioni dei disabili.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Taglio del 10% dei bonus forfettari nelle pensioni per i dipendenti pubblici.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Riforma della sanità con l'introduzione di ulteriori controlli sulla spesa farmaceutica ed ospedaliera</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Eliminazione di esenzioni e regimi speciali di tassazione.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Inasprimento delle norme tributarie per la riscossione.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
- Piano di azione anti evasione fiscale.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
I risultati, come abbiamo visto nei grafici non è stato quello che si aspettavano: il debito pubblico non si è ridotto e con il crollo del prodotto interno lordo (sceso nel periodo del 25%) è arrivato al 169% del PIL e la Grecia ha bisogno di altri fondi per andare avanti. Forse la spiegazione è che quei lazzaroni dei greci non hanno fatto quanto si chiedeva loro? Anche in questi giorni si ripete da parte degli organismi europei e dalla Germania che i greci devono fare di più. E' così? Non proprio:</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-pzxdSXKMJEo/VOxwxmFeLMI/AAAAAAAABTI/ORpagrbvlrg/s1600/OECD-reform-chart-480.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-pzxdSXKMJEo/VOxwxmFeLMI/AAAAAAAABTI/ORpagrbvlrg/s1600/OECD-reform-chart-480.jpg" height="360" width="640" /></a></div>
<div>
<br /></div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Questo grafico, <a href="http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2015/02/20/la-grecia-le-riforme-e-il-giallo-della-tabella/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">che l'OCSE ha prima tentato di cancellare e poi, subissato dalle proteste di chi l'aveva già visto, ha modificato e reso meno espressivo</span></a>, mostra che i più solerti a fare le riforme (parola diventata ormai liturgica in un contesto liberista dal tono economico-religioso...) sono stati proprio i greci, con a ruota i portoghesi ed i spagnoli, ovvero <b>tutt'e tre i Paesi che più hanno sofferto e soffrono per la crisi</b>. Il titolo si può tradurre come "Il saldo delle riforme" ed evidentemente il saldo è totalmente negativo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Si può dire quindi che la colpa è della corruzione? Se la corruzione esisteva anche prima della crisi e persino prima dell'entrata della Grecia nell'euro, circostanza che non mi pare discutibile, allora si possono fare due ipotesi: la prima è che, dopo il 2001 (data di entrata della Grecia nell'Unione Monetaria) e soprattutto <b>nel 2010 i greci sono diventati TUTTI ignobilmente corrotti</b> e nonostante le riforme draconiane tendenti a portare un po' di sana gestione non è cambiato nulla, oppure <b>proprio le riforme </b><b>con la loro azione pro-ciclica e quindi, in questo contesto di ciclo economico, depressiva hanno portato a tali risultati drammatici</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Io propendo per questa ultima ipotesi, voi non so.</div>
</div>
<div>
<br /></div>
<div>
<br /></div>
<div>
<br /></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-88948352949018091472015-02-20T02:49:00.000-08:002015-02-20T02:49:13.052-08:00Quando era la Germania ad essere nelle mani della Commissione...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-XEpnTbK44mA/VOcQzegCuOI/AAAAAAAABRg/XgUxnbUNwIg/s1600/germ00d.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-XEpnTbK44mA/VOcQzegCuOI/AAAAAAAABRg/XgUxnbUNwIg/s1600/germ00d.jpg" height="516" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
Riporto per i pochi, ma affezionati lettori di questo blog, l'articolo da me pubblicato su Scenari Economici (www.scenarieconomici.it).<br />
<br />
L'esame di <a href="http://vocidallestero.it/2015/02/16/krugman-weimar-e-grecia-il-seguito/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo post di Krugman</span></a>, tradotto dall'ottimo blog Voci dall'Estero, ed il grafico relativo mi hanno fatto venir voglia di vedere più da vicino quali sono state le condizioni imposte alla Germania dal trattato di Versailles, dopo la I guerra mondiale.<br />
<br />
Ho scoperto che:<br />
1- Il Trattato prevedeva un risarcimento di "tutti i danni arrecati alla popolazione civile degli alleati e alle loro proprietà in conseguenza dell'aggressione della Germania per terra, per mare e per aria" (art. 232)<br />
2- Lasciava incerto l'importo del risarcimento che sarebbe dovuto essere determinato da uno speciale organo: la Commissione delle riparazioni.<br />
<br />
Poi su la voce "riparazioni di guerra" della Treccani ho trovato questo brano che vi riporto con stralci (grassetto mio):<br />
<br />
"<b>Il principio francese delle riparazioni integrali, matematicamente cioè rispondenti ai danni arrecati, si presentò subito di difficile attuazione</b>. Una nuova conferenza, a Londra (29 aprile-5 maggio 1921), fissò il cosiddetto "stato dei pagamenti", che per vari anni rimase il fondamento di discussione col Reich. In virtù sua fu stabilito come ammontare del debito la cifra calcolata dalla Commissione delle riparazioni oltre al rimborso dei prestiti fatti dagli alleati al Belgio.<br />
Il Reich era così tenuto ai seguenti pagamenti annuali: 1. una somma fissa di 2 miliardi di marchi oro; 2. una somma corrispondente al 25% del valore delle esportazioni tedesche in ogni periodo di 12 mesi a partire dal 1° maggio 1921 o eventualmente una somma equivalente da fissarsi in base a un altro indice; 3. una somma supplementare eguale all'1% delle esportazioni o eventualmente una somma equivalente. Le annualità, prendendo come estremi il valore delle esportazioni tedesche nel 1921 (circa 4 miliardi di marchi oro) e il valore prebellico (circa 10 miliardi) potevano quindi variare da 3,04 miliardi a 4,6 miliardi di marchi oro.<br />
<b>Lo "stato dei pagamenti" trovò la Germania concorde nel ritenerlo superiore alla sua capacità e fu accettato come un'imposizione, in seguito all'ultimatum presentato dagli alleati</b> il 5 maggio, accettato dalla Germania il 13. Un primo versamento di un miliardo fu compiuto il 31 agosto 1921. Tale pagamento fu prova evidente dell'incapacità del Reich a sostenere un aggravio sì elevato.<b> Il governo dovette ricorrere alle riserve accumulate dai privati e dagl'istituti di credito e sopperire alle differenze ingenti con crediti esteri. </b>Il cambio risentì sinistramente di questa operazione, e, se i crediti esteri ebbero il potere di arrestare la caduta del marco per breve tempo, non poterono però scongiurarla, ché<b> la raccolta dei fondi da versarsi era alimentata da sempre nuove emissioni</b>. <b>La disastrosa situazione finanziaria, che comportava condizioni gravose per la concessione di prestiti esteri, determinò une sforzo intenso</b>.<br />
Dopo questo pagamento e dopo quello della quota della parte variabile dell'annualità, scadente il 15 novembre, <b>la Germania comunicava il 14 dicembre 1921 di non potere adempiere agli obblighi delle scadenze dei prossimi mesi</b>. Da qui le riunioni di Cannes (6-13 gennaio 1922) e Parigi (8-11 marzo 1922). La Commissione delle riparazioni il 21 marzo comunicava al governo del Reich la concessione di una moratoria parziale per il 1922 e l'ammontare da versarsi entro l'anno.<br />
Alla conferenza economica di Genova (10 aprile-19 maggio 1922) <b>la Francia si oppose a che fosse riposto in discussione il problema delle riparazioni</b>. Il peggiorare della situazione obbligò la Germania a richiedere il 12 luglio una nuova moratoria per i pagamenti in specie sino alla fine del 1924. Tale domanda fu posta in discussione a Londra (7-14 agosto) in una riunione all'uopo convocata. Le conclusioni sue furono però nulle e il problema fu rinviato allo studio della Commissione delle riparazioni, la quale con deliberazione del 31 agosto decise di <b>soprassedere a ogni nuova moratoria, finché fosse ultimato un progetto di riforma delle finanze tedesche</b>, e di accettare provvisoriamente dei buoni semestrali.<br />
Una nuova domanda di moratoria pervenne da parte del Reich il 14 novembre. <b>Oltre alla moratoria, la Germania richiedeva una riduzione della cifra totale e l'appoggio per la conclusione di un prestito per risanare le finanze.</b>"<br />
<br />
Ho evidenziato i punti che più mi hanno colpito nell'analogia fra Germania post I guerra mondiale e Grecia post crisi economica: <b>se sostituite alla Francia la Germania e alla Germania la Grecia avete esattamente la dinamica del debito, delle richieste e delle concessioni fino ad oggi avutesi in Europa per lo Stato ellenico!</b><br />
<br />
Ma la cosa fantastica è che <b>se andiamo a vedere i poteri della Commissione che a norma del Trattato essa aveva nei confronti della Germania, sembra di leggere quelli attuali della Troika sui Paesi che hanno chiesto aiuto all' EFSF!</b><br />
<br />
Art. 233 ... La Commissione stabilirà le modalità di pagamento con previsione delle epoche, e le modalità di pagamento da parte della Germania dell'intero suo debito entro un periodo di trent'anni...<br />
Art. 234 La commissione delle riparazioni dovrà studiare periodicamente le risorse e le capacità della Germania... ed avrà i poteri per estendere il periodo e modificare le modalità di pagamento....<br />
Art. 240 Il Governo tedesco riconosce la Commissione... riconosce ad essa irrevocabile l'esercizio dei poteri che ad essa conferisce il presente trattato. ...<br />
Art. 241 La Germania si impegna a promulgare, mantenere in vigore e a far pubblicare tutte le leggi, regolamenti e decreti che potranno essere necessarie per assicurare la completa esecuzione degli impegni di cui sopra.<br />
<br />
Questa rassomiglianza nei poteri di controllo ed indirizzo, poiché ambedue tolgono di fatto ogni sovranità al Paese sottoposto al loro potere, porta alla logica conclusione che <b>uno Stato che ha dovuto, ricordiamoci, non per sua colpa, chiedere l'aiuto del Fondo Salva Stati è considerato e trattato come uno Stato che ha perso una guerra da esso scatenata</b>.<br />
<br />
C'è da meditare...Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-34121685017595061472015-02-16T10:55:00.003-08:002015-02-16T10:55:53.849-08:00La sola igiene del mondo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-guWs2lgGxm4/VOI7FwvUo-I/AAAAAAAABRM/mAVyf-ICbWI/s1600/saluti-da-tripoli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-guWs2lgGxm4/VOI7FwvUo-I/AAAAAAAABRM/mAVyf-ICbWI/s1600/saluti-da-tripoli.jpg" height="475" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
"<i>Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole</i>." (Preambolo statuto ONU)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>Quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri che muoiono</i>" (Jean-Paul Sartre)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>Solo i morti hanno visto la fine della guerra</i>" (Platone)</div>
<div style="text-align: center;">
-----------</div>
<div style="text-align: justify;">
Ci sono di nuovo venti di guerra che spirano in Occidente: L'Italia “<i>è pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale. Non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall'Italia ci sia una minaccia terroristica attiva</i>”, così il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni venerdì scorso, il quale ha parlato di "guerra" vera e propria e non di "missione di pace" o altro simpatico eufemismo. Guerra.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Intanto: può l'Italia legittimamente fare o partecipare ad una guerra all'Isis?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali</i>" (art. 11 Cost.). Secondo l'articolo citato, la nostra Costituzione, e quindi l'Italia, ripudia ogni conflitto, anche non da essa scatenato, pur se utilizzato per risolvere una controversia internazionale già in atto. Cosa si intende per controversia internazionale? Secondo la Treccani "<i>Una controversia internazionale sorge quando si verifica tra due o più Stati un contrasto di atteggiamenti soggettivi in ordine a un determinato conflitto d’interessi.</i>". Perché si abbia controversia è necessario una posizione chiara delle due parti; se non c’è chiarezza non si parla di controversia, ma al massimo di conflitto. Ci deve essere quindi un disaccordo su un punto di diritto o di fatto, un contrasto di posizioni giuridiche o di interessi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Paradossalmente <b>un intervento armato contro un gruppo di guerriglieri che si sono impadroniti di una parte di un territorio altrui, dichiarandolo Stato autonomo, e che tengono soggiogata la popolazione locale o comunque senza aver costruito alcun patto sociale, imponendo la Shaaria come legge, sarebbe pertanto a stretto rigore ammissibile, se richiesto ed autorizzato dall'ONU</b>. 1 a 0 per Gentiloni, dunque. Ma il punto fondamentale è però un altro: sarebbe anche utile? Un'intervento sotto egida ONU, libererebbe noi e l'Occidente dalla minaccia jihadista? La risposta è no.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come ci informa <a href="http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/20/iraq-cose-lisis-figlio-della-guerra-in-siria-costola-di-al-qaeda-ma-piu-organizzato-e-ricco/1094526/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">un articolo del fatto Quotidiano</span></a> dell'agosto scorso "Tra Siria e Iraq lo Stato islamico conta oggi su circa 30.000 uomini, inquadrati in battaglioni da circa 2/3.000 uomini ciascuno. Già forte di armi leggere, lanciagranate e mezzi blindati, nella fulminante offensiva del 10-14 giugno, l’Isis si sarebbe impadronito di pezzi di artiglieria da 122 e 130 mm, mortai, oltre 200 veicoli di vari tipi (tra cui Humvee) e alcuni elicotteri. Sul tipo di armi, scrive Pietro Batacchi, direttore di Rivista italiana difesa, i qaedisti di Baghdadi si servono di “equipaggiamenti pesanti – catturati nelle caserme siriane o in quelle dell’esercito iracheno o agli altri gruppi ribelli siriani con cui Isis e’ in guerra – come carri armati, lanciarazzi multipli, sistemi anticarro”.". Si tratta pertanto di un piccolo esercito, ma ben armato e finanziato, grazie anche al bottino della presa di Mosul, che ha permesso di acquisire alcuni fondi della Banca Centrale irachena e di altri istituti di credito, pari a 425 milioni di dollari e svariati lingotti d'oro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quale guerra potrebbe sconfiggerli? Non certo una mera guerra di bombardamenti, come sembrano pensare i governanti europei e Obama: i bombardamenti uccidono prevalentemente i civili, anche perché le attrezzature militari e logistiche che non siano infrastrutture vengono di solito nascoste o poste fra le abitazioni, le fabbriche e gli ospedali come deterrente. <b>Qui non si tratta di bombardare dei campi nel deserto di addestramento militare, ma guerriglieri che stanno su un territorio abitato</b>. E' necessaria quindi, come l'esperienza della guerra del Golfo ha dimostrato, la discesa in campo di truppe. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sono i nostri governanti consapevoli di ciò? Sanno che già l'esercito iracheno ha provato a sconfiggerli, senza riuscirci? Come ci informa l'articolo del FQ, "le forze armate irachene sono composte da un esercito formato da ben 14 divisioni (56 brigate), 158 battaglioni ordinati in divisioni, una dozzina di battaglioni di formazione, tre brigate di truppe speciali, per un totale di circa 270.000 uomini. A questo si aggiungono decine di migliaia di potenziali miliziani ausiliari arruolati prevalentemente nelle zone a maggioranza sciita e solidali col governo filo-iraniano di Maliki. Le brigate di fanteria sono equipaggiate con armi leggere, lancia granate, veicoli blindati. Le brigate meccanizzate possiedono circa 300 carri armati americani M1 Abrams, altri carri sovietici T-54/55 e veicoli BMP-1. Il governo di Baghdad conta anche sull’aviazione, forte di due squadroni di velivoli di ricognizione, tre squadroni di elicotteri per il trasporto truppe ed elicotteri da combattimento, per un totale di circa 3.000 uomini". E non li hanno sconfitti, ma solo fatti espandere altrove.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se vogliamo fare una guerra e vincerla dobbiamo quindi pensare di intervenire massicciamente per distruggere definitivamente la minaccia, con fortissime perdite di civili locali e gravi perdite anche di nostri soldati. Già, perché, qualcuno ricordi a Gentiloni, così preda di spirito guerresco, che <b>in guerra si muore e (fortunatamente) il popolo italiano ed occidentale in genere, ad eccezione degli USA, non è più abituato a sopportare il peso del numero di lutti che provoca un conflitto</b>. Politicamente poi sarebbe un disastro: l'Isis ha raccolto anche consensi locali nelle popolazioni sunnite e nelle tribù al confine dell'Iran che si sono sentiti discriminati dagli sciiti al governo e <b>l'inevitabile uccisione massiccia di civili porterebbe al rafforzamento di un odio verso gli occidentali ed i cristiani, già colpevoli di avere abbandonato la popolazione al caos successivo alla cacciata di Gheddafi</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Vogliamo veramente una guerra? Come dice Waugh "la guerra non è che commercio" ed <b>a livello macroeconomico è un gran motore per l'economia in tempi di crisi prolungate</b>, fornendo una "domanda di beni" (armi, equipaggiamento, vettovagliamento, ecc.) che stimola la ripresa della produzione delle nazioni coinvolte e dell'occupazione. Altre ragioni, più sottili sono spiegate in <a href="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/02/welfare-di-guerra-welfare-di-pace-e.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo illuminante post di Barra Caracciolo</span></a>. Ma il risultato di una guerra anche vittoriosa all'Isis sarebbe comunque, come detto, meno sicurezza e più odio radicato, ovvero l'opposto di quanto voluto. Questa è spesso la logica della guerra.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Lo aveva capito Achille Campanile, che ad un circolo di ufficiali, ebbe il coraggio di dire: "<i>Da che mondo è mondo perché si fanno le guerre? Per assicurarsi la pace. È raro che si faccia una guerra per arrivare alla guerra. [...] Se per assicurarsi la pace occorre fare la guerra, non sarebbe meglio rinunziare alla pace? Almeno non si farebbero le guerre. No! Perché se non si fanno le guerre che servono ad evitare le guerre, vengono le guerre.</i>"</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://www.youtube.com/watch?v=xDr7fi1gFco" style="color: #cc0000;" target="_blank">Non so voi, ma io</a>...</div>
<div>
<br /></div>
<br />
<br />
<br />
<div>
<br /></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-1220019413527447172015-02-11T04:01:00.000-08:002015-02-11T04:01:32.324-08:00Aridatece li sordi!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-jCJZmJcne-I/VNtDfhW2uII/AAAAAAAABQ8/_tqd2rd5fVs/s1600/criza-grecia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-jCJZmJcne-I/VNtDfhW2uII/AAAAAAAABQ8/_tqd2rd5fVs/s1600/criza-grecia.jpg" height="450" width="640" /></a></div>
<br />
Dopo il (breve) periodo di solidarietà con Tsipras e la Grecia, appena il neo Ministro delle Finanze greco Varoufakis ha ventilato l'ipotesi di non restituire il debito accumulato dal suo Paese con gli aiuti del Fondo Salva Stati e del MES, un solo grido si è levato dal cuore (?) dei giornalisti, dei commentatori e dei politici di governo italiani: aridatece li sordiiii!!!<br />
<br />
E sì, perché la solidarietà politica per chi, pur male e confusamente, si erge, o tenta di farlo, contro il dominio teutonico dell'Europa e contro il suo "bravo" (Troika) è un conto, ma quando si parla di circa 40 miliardi di euro (ma sono meno) che avremmo elargito per il salvataggio dello Stato ellenico e che rischiano di evaporare, allora tutti amici, ma i patti si rispettano, <a href="http://www.iltempo.it/economia/2015/02/05/renzi-quot-la-decisione-bce-su-debito-greco-e-legittima-e-opportuna-quot-1.1375107" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">come ha precisato l'ineffabile Renzi</span></a>.<br />
<br />
Ed allora ecco che il povero popolo greco, del quale si piangevano le miserie e la perdita di quasi ogni diritto civile, diventano quelli che "hanno le pezze al culo perché in fondo sono corrotti" come ha mirabilmente sintetizzato Sabina Guzzanti <a href="https://twitter.com/SabinaGuzzanti/status/563468938911424512" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un tweet</span></a>. Ma tutti questi indignati fustigatori hanno un idea di chi ha goduto di questi fondi e perché?<br />
<br />
Come ormai ben sapete, o dovreste, il meccanismo dell'ESF prima e del MES dopo si basa sul principio della messa a garanzia di una somma, derivante dai versamenti effettuati dai singoli aderenti alla UEM che sono proporzionali alla grandezza del Paese (noi siamo i terzi contributori, dopo Germania e Francia), per emettere titoli di finanziamento a breve con il ricavato dei quali si sostengono con prestiti gli Stati che chiedono l'aiuto del Fondo. Tale aiuto è condizionato al rispetto di un "memorandum", ovvero di direttive precise economiche che il Paese in difficoltà dovrà rispettare per ottenere ulteriori <i>tranches</i> di finanziamenti. Ora, come vengono impiegati questi finanziamenti? I fondi precedenti al MES, come il EFSF (European Financial Stability Facility), dei quali ha usufruito anche la Grecia, sono andati a risanare il settore bancario dei Paesi che avevano visto collassare i loro bilanci per colpa dei troppi prestiti non ripagati dal settore privato, prestiti che erano stati finanziati dalle banche degli Stati del Nord Europa, Germania e Francia in testa, come si può vedere dalla composizione del debito estero greco<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-CUSI0iCQ-Ws/VNpSEeU2QNI/AAAAAAAABQs/IiedHM1mMl4/s1600/Banche%2BespGRE.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-CUSI0iCQ-Ws/VNpSEeU2QNI/AAAAAAAABQs/IiedHM1mMl4/s1600/Banche%2BespGRE.PNG" height="508" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
Al momento dello scoppio della crisi vi era un'esposizione verso il settore bancario francese di circa 56 mld e verso quello tedesco di circa 30 mld, poi in ordine di importanza vi erano gli inglesi e gli olandesi. Il settore bancario italiano era esposto per poco meno di 5 mld. Dopo la <i>tranche</i> di aiuti del 2011 il debito francese, che già si era ridotto, praticamente scompare e quello tedesco si riduce a pochi miliardi. In altre parole il settore bancario privato francese e tedesco, <b>grazie agli aiuti elargiti da tutti gli Stati facente parte dell'Unione Monetaria</b>, rientrano delle loro esposizioni con la Grecia. E' vero che i contribuenti tedeschi e francesi hanno dovuto versare la quota maggiore di contributi al EFSF, ma ciò che sfugge, e che i loro governanti si guardano bene dal rammentare, è che <b>questi contributi sono serviti a salvare il loro settore bancario che si era pericolosamente ed imprudentemente esposto finanziando quello greco</b>, di fatto quindi <b>risparmiando notevolmente sui sussidi che sarebbero stati costretti a versare se avessero dovuto fare da soli. </b>Il calcolo è che complessivamente i francesi abbiano risparmiato il 50% di spesa, mentre i tedeschi il 33% circa (considerando l'utilizzo dell'escamotage Target2, <a href="http://www.pagina99.it/news/economia/7092/Cosi-le-banche-tedesche-ci-fanno.html" style="color: #cc0000;" target="_blank">qui perfettamente illustrato</a>).<br />
<br />
Volete indietro i soldi? Allora telefonate a Holland e la Merkel e protestate vivamente: sono certo che saranno comprensivi...<br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
<br /></blockquote>
<script async="" charset="utf-8" src="//platform.twitter.com/widgets.js"></script>Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-216675499708574252015-01-22T09:59:00.000-08:002015-01-22T09:59:37.410-08:00Kaboom! QE? Draghi sugnu...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-ADqNJPkm3Cs/VME4xOmFuCI/AAAAAAAABQY/d5XX5sDGy5A/s1600/qe.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-ADqNJPkm3Cs/VME4xOmFuCI/AAAAAAAABQY/d5XX5sDGy5A/s1600/qe.jpg" height="440" width="640" /></a></div>
<br />
Quantitative Easing, per gli amici QE, è l'ultimo argomento di moda (nei peggiori bar e (tele)giornali...).<br />
<br />
Conosciuto anche come "il bazooka di Draghi" tutti i TG di oggi lo presentano come l'arma finale per far ripartire la crescita, sconfiggere la recessione, allontanare il rischio (?) di deflazione e spingere di nuovo su i consumi. Praticamente l'equivalente economico dell'elisir di lunga vita...<br />
<br />
Ma che cos'è il QE? E perché non c'hanno pensato prima a questa bomba "fine di mondo (gramo)"?<br />
<br />
Il quantitative easing è una manovra strettamente monetaria con la quale una Banca Centrale si impegna all'acquisto massiccio di titoli, di solito di Stato, per un periodo di tempo determinato, ma piuttosto lungo. Il risultato è che si immette una gran quantità di denaro nel circuito finanziario, nel presupposto che esso scarseggi e che sia questa scarsità a frenare gli investimenti ed i consumi. Quindi si "spara" denaro per aumentarne la massa in circolazione, cosa che dovrebbe portare ad un aumento dell'inflazione, sconfiggendo il rischio di deflazione, ed ad un aumento di disponibilità monetaria per gli operatori economici che avrebbero così più facilità di ricevere prestiti dalle banche.<br />
A cascata ciò porterebbe ad un aumento degli investimenti, quindi dei posti di lavoro, quindi dei redditi, quindi dei consumi. Bello, no?<br />
<br />
E siamo alla seconda domanda: perché hanno aspettato tanto? Perché in Europa c'è chi teme l'inflazione e vede nell'acquisto di titoli di uno Stato un aiuto allo Stato stesso, che piazza facilmente il suo debito, con il rischio di condividere con lui il "rischio Paese", ovvero che quei titoli in pancia alla BCE perdano valore se quello Stato fa default, e non onori il suo debito (non ci vuole Poirot per capire chi è "chi"...).<br />
<br />
Siccome "chi" è piuttosto influente la BCE ha deciso che solo il 20% del QE sarà condiviso, mentre il rimanente 80% sarà onore ed onere delle BC dei singoli Paesi, le quali acquisteranno i titoli di Stato e ne risponderanno con i loro assets (leggi riserve auree e monetarie).<br />
<br />
Prima di indignarvi per la mancanza di cooperazione (che non c'è mai stata dall'inizio di questa sedicente Unione Europea) vi do una notizia: <b>il QE di Draghi non servirà a (quasi) niente</b>.<br />
<br />
Non lo dico io, che sono un dilettante (nel senso che mi diletto) di economia: lo dice qualche commentatore più qualificato, come <a href="https://www.blogger.com/profile/09399390283774592713" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Frances Coppola</span></a>, Alberto Gallo (head of macro credit research at RBS) e... la BCE!<br />
<br />
Frances Coppola in due splendidi articoli che vi invito a leggere "<a href="http://coppolacomment.blogspot.co.uk/2015/01/the-fiscal-theory-of-monetary-expansion.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">The fiscal theory of monetary expansion</span></a>" e "<a href="http://www.pieria.co.uk/articles/lets_all_play_qe" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Let's all play QE</span></a>" ci dice sostanzialmente che il semplice stimolo monetario, senza un conseguente stimolo fiscale (spesa a deficit e/o riduzione tassazione), non può stimolare domanda e redditi, crea tensioni sui cambi con i partner finanziari e commerciali, soprattutto se la loro moneta ha un cambio fisso con l'euro, <b>ed ha un effetto deflattivo, non inflattivo!</b><br />
<b><br /></b>
Alberto Gallo in "<a href="http://www.ft.com/intl/cms/s/0/267bb360-7a4e-11e4-a8e1-00144feabdc0.html#axzz3OA8oG0IM" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ECB QE will not make Europe a good investment</span></a>" afferma sostanzialmente lo stesso, ovvero se gli Stati non fanno politiche espansive il QE non ha effetti nell'economia reale se non un momentaneo stimolo all'export extra UE per l'indebolimento dell'euro, creando solo aspettative di ulteriori iniezioni di liquidità nel mercato finanziario (come in Giappone) e la creazione di "bolle" mobiliari, spingendo su il prezzo ed il rendimento in conto capitale dei titoli.<br />
Ciò favorirebbe il 10% circa della popolazione europea, detentrice di significative quantità di titoli; sfortunatamente<b> questo 10% è quello che ha una propensione marginale al consumo</b> <b>3 volte meno del 50% più povero della popolazione</b>, rendendo di fatto ineffettivo lo stimolo derivante dal maggior reddito da capitale. (la propensione marginale al consumo sarebbe quella quota di maggior reddito che un soggetto destina al consumo. Intuitivamente più è il reddito di base, meno il suo incremento va ad aumentare i consumi: chi è più ricco se guadagna di più non consuma molto di più, differentemente dal povero che consuma gran parte del maggior reddito).<br />
<br />
Chi ci fornisce questi numeri? Ma la stessa BCE, <a href="http://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/scpwps/ecbwp1655.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un suo studio di marzo 2014</span></a> (citato da Gallo). In definitiva quindi<b> lo studio della BCE ci dice che il QE della BCE... non funzionerà</b>, se non per arricchire chi è già benestante e, aggiungo io, per comprare tempo agli Stati in difficoltà, rimandando l'inevitabile default o l'uscita dall'euro.<br />
<br />
Non è fantastico? Buon QE a tutti...!Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-79453065798552508132015-01-20T04:51:00.000-08:002015-01-20T08:15:45.330-08:00Fact checking: Passera e gli interessi sui mutui"Se usciamo dall'euro gli interessi dei mutui, non dico 10, ma almeno 5 volte aumenterebbero" "poi avremo dei debiti in euro da ripagare con le lire" (Passera, Piazzapulita del 19.1.15)<br />
<br />
Questo sarebbe un banchiere. Uno che non sa neanche come sono fatti i mutui, la legge che regola i pagamenti e soprattutto che non conosce la determinazioni ed i tipi di interessi in vigore. O forse sì?<br />
<br />
Per Passera e per voi affezionati lettori ecco qualche utile chiarimento.<br />
<br />
I mutui sono principalmente di due tipi: a tasso fisso ed a tasso variabile. Se uscissimo dall'euro cosa accadrebbe? Mettiamo che il nuovo governo in carica decide di fare il grande passo ed abbandonare l'euro per adottare le "lirette" (nome scelto per far piacere a Mieli, Zucconi ed altra genia eurista; d'altronde chiamarle "bungalire" come simpaticamente le definisce quel mattacchione di Scacciavillani mi sembrerebbe eccessivo...).<b> Immediatamente tutti i rapporti denominati in euro e retti da legislazione italiana o anche esteri senza una valuta espressamente indicata come unica fonte di pagamento, con clausola "effettiva" o similare, vengono convertiti nelle nuove lirette</b>, con un tasso di conversione 1/1, se non vogliono far impazzire i contabili. Quindi i mutui del cittadino qualunque (che è l'oggetto delle attenzioni "pelose" degli euristi) si trasformano per il futuro in mutui in lirette, sia per gli interessi che per la sorte.<br />
<br />
Il Governo poi saggiamente, per non rovinare i suoi cittadini, fa un decreto, con il quale, in deroga all'art.1278 c.c. stabilisce che <b>i debiti già esistenti che andranno a scadere saranno pagati con valuta calcolata al momento della conversione, e non al momento della scadenza del debito</b>. Ciò significa che il creditore avrà la valuta senza la eventuale successiva rivalutazione o svalutazione intercorsa. Ti devo mille euro tra tre mesi, e tra tre mesi ti darò mille lirette, qualsiasi sarà all'epoca il rapporto di cambio. Non è un grande sacrificio, e comunque fa parte del rischio di valuta.<br />
<br />
Torniamo ai mutui: il mutuatario vedrà quindi il suo mutuo in euro trasformato in lirette. Ma gli interessi? Ci sono due possibilità: se sono a tasso fisso, <i>nulla questio</i>; devo un 4% fisso e quindi pagherò un 4% fisso. Mi sembra logico ed intuitivo. Se è a tasso variabile, questo di solito è composto da due parti: un tasso fisso e una parte determinata sull'Euribor, ovvero l'Euribor + una percentuale fissa di aumento. La parte fissa rimane fissa, mentre per l'Euribor ci sono due possibilità: essendo un tasso formato da una media dei tassi di prestito interbancario di un paniere di banche europee, o l'Italia, non facendo parte più dell'euro, esce dal paniere, e quindi l'Euribor andrà calcolato sul restante panel di banche, oppure l'Italia resta nel paniere e, l'eventuale aumento del tasso di interesse che dovrà pagare la banca nel panel per rifinanziarsi da altre banche europee, entrerà nel calcolo del tasso Euribor.<br />
<br />
Ora se il paniere è composta da circa 40 banche, l'aumento dei tassi di 4 (tante sono le italiane nel panel) quanto incide sul totale? 1/10. Quindi, può l'Euribor aumentare di 5 volte, partendo mettiamo dal 0,5%? Ci vorrebbe un tasso interbancario applicato alle banche italiane del 20%, perché ciò avvenga... Può aumentare di 4 volte? No. Di 3? No. Di 2? forse, sarebbe un tasso del 5%, alto ma non impossibile.<br />
<br />
La verità è che anche un aumento significativo del tasso di rifinanziamento delle banche italiane inserite nel paniere, diluendosi nella determinazione media porterebbe ad un aumento dell'Euribor probabilmente di un punto percentuale, a parità delle altre condizioni, quindi un aumento del tutto accettabile per chi ha un mutuo variabile, considerando il miglioramento economico che a medio termine dovrebbe procurare l'uscita dal cappio dell'euro e dei suoi parametri.<br />
<br />
Il tasso complessivo aumenterebbe di 5 volte, come ipotizzato da Passera? Evidentemente no. <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/07/le-pillole-rosse-2-pillola-ancora.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Come il prezzo della benzina è solo per il 25% influenzato dal costo del petrolio</span></a>, così un tasso variabile vedrebbe l'aumento dell'Euribor di un punto influenzare il proprio tasso solo di una percentuale, rimanendo uguale la parte fissa (spread) del tasso applicato.<br />
<br />
Per tutti gli altri rapporti debito/credito <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/01/lex-monetae.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">c'è la famosa Lex Monetae, già esaminata</span></a>. Sintetizzando: <b>NESSUNO e sottolineo NESSUNO potrebbe richiedervi il pagamento in euro del vostro acquisto ancora pendente (auto, ad esempio) o derivante da contratto in essere (rateale, di durata, ecc.) perché non sarebbe più una moneta avente corso legale in Italia, e NESSUNO potrebbe rifiutare un pagamento in lirette. </b>Se poi avete fatto un contratto sotto legislazione estera probabilmente avevate i vostri buoni motivi e comunque avete affrontato un rischio consapevolmente. Si chiama rischio di impresa.<br />
<br />
Questa è la meno immaginifica e mirabolante, ma più tranquilla realtà.<br />
<br />
Anche Passera passerà...<br />
<br />Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-47752405588153693762015-01-16T08:33:00.000-08:002015-01-16T08:33:11.152-08:00The neverending story<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-35yJUvdk5Ng/VLk4OfdpY8I/AAAAAAAABQI/TTTyVk0PrGQ/s1600/The-Nothing-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-35yJUvdk5Ng/VLk4OfdpY8I/AAAAAAAABQI/TTTyVk0PrGQ/s1600/The-Nothing-2.jpg" height="324" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
Vi ricordate il film "Neverending story"? E' un fantasy degli anni '80 per bambini dove un ragazzino veniva risucchiato da un libro dentro il mondo di Fantàsia per affrontare la minaccia dall'Oscurità (The Nothing in originale) che, come una coltre, stava coprendo tutto e distruggendo quel mondo. Ecco, la storia della crisi che l'Italia sta vivendo è molto simile: anche qui c'è un'oscurità (economica) che sta man mano distruggendo il nostro Paese e sembra non avere fine. Sono ormai sei anni che siamo in crisi e non se ne vede l'uscita: vediamo per capire come è l'andamento dei principali indicatori economici al 2014</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
grafico 1</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-uJER4AORb-k/VLf3WdttFHI/AAAAAAAABOU/ZiiPqnMzLZU/s1600/livelloPIL.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-uJER4AORb-k/VLf3WdttFHI/AAAAAAAABOU/ZiiPqnMzLZU/s1600/livelloPIL.jpg" height="467" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
grafico 2</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-oQA4zKpfTDU/VLf_H-ySqVI/AAAAAAAABPo/8imrTBf_u_M/s1600/grafico-debito-pil.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-oQA4zKpfTDU/VLf_H-ySqVI/AAAAAAAABPo/8imrTBf_u_M/s1600/grafico-debito-pil.jpg" height="329" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
grafico 3</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-V9yFoUYmsIg/VLf6Lpxw8lI/AAAAAAAABOo/LkxL8pWIJjs/s1600/grafico-domanda-interna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-V9yFoUYmsIg/VLf6Lpxw8lI/AAAAAAAABOo/LkxL8pWIJjs/s1600/grafico-domanda-interna.jpg" height="480" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
grafico 4</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-3KlrGEN1Xks/VLf6XxmjdrI/AAAAAAAABOw/cJ9aou2MyvY/s1600/disoccupazione-ottobre-2014.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-3KlrGEN1Xks/VLf6XxmjdrI/AAAAAAAABOw/cJ9aou2MyvY/s1600/disoccupazione-ottobre-2014.png" height="403" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
grafico 5</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-FknIGuM4Frc/VLf7DD7bEHI/AAAAAAAABPI/7wFEc9xWtaU/s1600/italia-produzione-industriale-2014.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-FknIGuM4Frc/VLf7DD7bEHI/AAAAAAAABPI/7wFEc9xWtaU/s1600/italia-produzione-industriale-2014.jpg" height="396" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
grafico 6</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-hGPLUwOQgAA/VLf7OkNk3_I/AAAAAAAABPQ/Gl_XRYSU6B8/s1600/Produzione%2Bindustriale%2Btotale.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-hGPLUwOQgAA/VLf7OkNk3_I/AAAAAAAABPQ/Gl_XRYSU6B8/s1600/Produzione%2Bindustriale%2Btotale.jpg" height="396" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Potrebbe andare peggio... potrebbe piovere. (Marty Feldman).</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Ad ulteriore conforto (...) vi annuncio che il 2014 si è chiuso con un rapporto Debito/PIL che sfiora il 138% con una contrazione consolidata del PIL dello 0,4 (dati ISTAT).</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
E' evidente che con questi dati la svolta nel 2015 non vi sarà, nonostante i soliti proclami: " <i>Nel 2015, la variazione del Pil tornerà debolmente positiva (+0,5%), chiudendo la lunga recessione del triennio precedente. Per il 2016 è previsto un consolidamento della crescita economica (+1%), che si dispiegherà a ritmi inferiori a quelli dei più dinamici concorrenti europei ed internazionali.</i>" (ISTAT Le prospettive per l'economia italiana 2014-2016 p. 3).</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Perché non riusciamo ad uscire dalla crisi? Eppure il governo Renzi sta facendo tutto quello che ci viene chiesto dagli organismi politici ed economici internazionali: riforma del mercato del lavoro, riforme istituzionali per snellire l'iter burocratico legislativo, tagli alla spesa pubblica... Ecco, appunto: <b>il governo Renzi sta facendo tutto quello che non serve per uscire dalla crisi, ma anzi ne peggiora ed amplifica gli effetti</b>.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Vediamo perché.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
1. Riforma del mercato del lavoro (Jobs Act)</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2015/01/lattacco-finale.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Ne abbiamo parlato</span></a>, Questa riforma agisce in due direzioni: da una parte rende flessibile l'entrata nel mondo del lavoro, con il contratto a tutele crescenti, dall'altra facilità l'espulsione del lavoratore, con l'applicazione attenuata dell'art. 18 Statuto Lavoratori. Questo dovrebbe favorire l'assunzione di nuovi lavoratori, non avendo il datore di lavoro il timore di "sposare" il lavoratore, offrendogli un contratto a tempo indeterminato e rendendo meno onerosa e soprattutto definitiva la sua uscita.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Risolve i problemi che abbiamo evidenziato? Assolutamente no. Le imprese assumono ed hanno sempre assunto considerando l'utilità marginale del lavoratore, ovvero, in parole più semplici, quanto può incrementare il reddito l'utilizzo di quel lavoratore in rapporto al suo costo. Ciò evidentemente dipende dalla domanda di beni che l'imprenditore si aspetta di dover soddisfare; ora in una conclamata crisi di domanda (vedi grafico 3) <b>l'impresa non ha alcuna convenienza ad assumere e ad incrementare una produzione che già è eccessiva rispetto alla richiesta</b>. Il fatto che possa produrre anche a costo inferiore non modifica questa situazione, poiché la crisi di domanda è crisi di reddito (come si vede dal grafico 1 del PIL), ne consegue che questa recessione non deriva se non in minima parte dal fatto che il consumatore, aspettandosi prezzi futuri più bassi, dilaziona gli acquisti, ma <b>semplicemente dal fatto che non vi sono i soldi per procedere agli acquisti</b>. Punto.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Gli imprenditori questo lo sanno, ed infatti nel grafico 3 si vede che sono crollati i consumi anche per gli investimenti, dato che comprare macchinari nuovi per tenerli inutilizzati o sottoutilizzati non è economicamente logico. <b>Se quindi si interviene solo dal lato dell'offerta (costo del lavoro) non si risolve il problema, che è dal lato della domanda</b>: Il poco compianto (politicamente parlando) Monti ed i suoi successori Letta e Renzi hanno (per ragioni che <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/12/a-che-servono-le-tasse.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">abbiamo già esaminato</span></a>) distrutto i nostri redditi (come simpaticamente <a href="https://www.youtube.com/watch?v=LyAcSGuC5zc&feature=youtu.be" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ha ammesso Monti</span></a> intervistato dalla CNN) e quindi la nostra capacità di spesa e non è producendo più beni od anche a minor costo che si supera la crisi.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Che il Jobs Act non funzionerà lo dicono i precedenti storici: <b>nonostante la moderazione salariale degli ultimi anni e l'incremento dell'utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato (che ha superato quelli a tempo indeterminato) e quindi della flessibilità tanto invocata, la disoccupazione è continuata a salire</b> (grafico 4).</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
2. Riforme istituzionali</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Si è detto che l'iter di approvazione delle leggi è lungo ed inutilmente complesso, con due Camere che duplicano le funzioni legislative: da qui la riforma che elimina il Senato come Camera legislativa e la fa diventare un'assemblea con competenze minori, occupandosi solo di alcuni tipi di leggi, e sostanzialmente diverse, diventando una specie di tramite per le istanze degli Enti locali. E' questa la soluzione di un vero problema che ha impedito di agire per contrastare la crisi? Chiaramente no, e che sia un falso problema lo dimostra un semplice dato: l'incremento abnorme dell'uso dei decreti legge da parte degli ultimi governi, Vediamo qualche dato tratto dal sito del Senato :</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
2008 DL approvati Camera 49 / Senato 58 / Comm. Camera 5 / Comm. Senato 5</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
2009 DL approvati Camera 102 / Senato 113 / Comm. Camera 41 / Comm. Senato 27</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
2010 DL approvati Camera 109 / Senato 80 / Comm. Camera 25 / Comm. Senato 11</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
2011 DL approvati Camera 143 / Senato 90 / Comm, Camera 14 / Comm. Senato 20</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
2012 DL approvati Camera 133 / Senato 126 / Comm. Camera 53 / Comm. Senato 29</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Ora il DL dovrebbe essere uno strumento da utilizzare per ragioni d'urgenza che non permettono l'attesa dei tempi ordinari legislativi: come si vede <b>dal 2009 l'utilizzo di tale strumento si è più che raddoppiato ed è diventato la fonte principale di legislazione</b>. Evidentemente la crisi economica ha costretto i governi che si sono succeduti a legiferare d'urgenza ed il Capo dello Stato a "chiudere un occhio" sull'esistenza dei requisiti di ammissibilità, ma proprio per questo non può essere stata la lunghezza degli iter legislativi (che sono stati bypassati) ad aver impedito o ad impedire l'attuazione di norme efficaci a contrasto della crisi.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Le altre riforme in cantiere (legge elettorale, eliminazione Province, numero dei deputati) possono forse migliorare il funzionamento dell'apparato statale (personalmente ne dubito), ma hanno un impatto zero sulla situazione economica.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
3. Tagli alla spesa pubblica</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Ormai dovreste averlo capito: <b>questa è attualmente una crisi di domanda causata da politiche di riduzione dei redditi, per contrastare uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti originariamente causato da un eccesso di indebitamento del settore privato con l'estero</b> (Se siete nuovi o non vi è ancora chiaro andate sulla maschera di ricerca di questo blog per cercarvi i post che trattano la questione o partite semplicemente <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/07/le-pillole-rosse-1-pillola-svalutazione.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">da zero</span></a>. Tranquilli, ce la potete fare...).</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
In questo contesto tagliare la spesa pubblica, che è domanda, sia diretta, perché la PA chiede beni e servizi per la sua attività, sia indiretta, perché fornisce redditi ai suoi dipendenti, redditi che vengono spesi nel mercato privato e diventano quindi guadagno privato, significa togliere ancora più risorse disponibili al consumo e, <b>grazie al <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/09/il-moltiplicatore-keynesiano-spiegato.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">moltiplicatore keynesiano</span></a>, porta ad una contrazione del PIL che è maggiore del risparmio di spesa</b>, con la bella conclusione di innalzare il rapporto debito/PIL, perché diminuisce il denominatore più di quanto faccia il numeratore.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Le vere ragioni dei tagli le abbiamo viste quando abbiamo parlato più volte di privatizzazioni (solito consiglio: maschera di ricerca) ed evidentemente non hanno nulla a che fare con la crisi, se non che per qualcuno la crisi è una ghiotta occasione per arricchirsi.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Se queste quindi sono le azioni a contrasto del declino economico che ci affligge prepariamoci ad una "storia senza fine" da tramandare ai nostri figli ed ai nostri nipoti: d'altronde a ben pensarci abbiamo già <a href="http://www.pasteris.it/blog/2014/09/07/generatore-automatico-messaggi-matteo-renzi-grande-impegno-tornare-ad-visioni-gli-intrecci-granularmente/#.VLk679KG-So" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">The Nothing</span></a> che ci governa...</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-73612064361529277602015-01-08T08:32:00.000-08:002015-01-08T08:32:54.778-08:00L'attacco finale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-U43M8L7vOKI/VK545OVP1SI/AAAAAAAABOE/0FlnrEIyBq0/s1600/renzi1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-U43M8L7vOKI/VK545OVP1SI/AAAAAAAABOE/0FlnrEIyBq0/s1600/renzi1.jpg" height="376" width="640" /></a></div>
<br />
Siamo alla resa dei conti.<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Dopo l'attacco indiretto portato dal M5S, sotto le spoglie accattivanti e superficialmente giuste del c.d. reddito di cittadinanza, <b>che non è un vero reddito di cittadinanza</b> e proprio per questo provoca effetti distorsivi e deflattivi, <a href="https://www.dropbox.com/s/9ocyhchcqssrdi3/Il%20reddito%20di%20cittadinanza.pdf?dl=0" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">come si può vedere qui</span></a>, arriva l'attacco diretto e definitivo al lavoro,<b> il vero bersaglio di tutte le politiche liberiste attuate negli ultimi 40 anni in Italia</b>. Per capirlo basta guardare questo grafico:</div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-bbyU4o96saw/VKEwKGlDy1I/AAAAAAAABNI/Bomy1jLPJnw/s1600/Quota.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-bbyU4o96saw/VKEwKGlDy1I/AAAAAAAABNI/Bomy1jLPJnw/s1600/Quota.jpeg" height="342" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Goofynomics</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
E' dalla fine degli anni '70 che la quota salari sul prodotto interno ha cominciato a calare progressivamente fino ad arrivare a livelli pre anni '60, con un lieve recupero nei primi anni dell'euro (quando l'economia tirava, drogata dal debito estero) fino allo scoppio della crisi. Ciò significa che da allora il conflitto distributivo è andato a favore del capitale, il quale si è appropriato, con l'incremento della quota dei profitti, dell'aumento della produttività, fino alla fine degli anni '90. Lo si vede bene qui:</div>
<div>
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-EGFD7fvqg1Y/VKE_lAf3AHI/AAAAAAAABNY/YCpqmagdBNE/s1600/SalProdITA.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-EGFD7fvqg1Y/VKE_lAf3AHI/AAAAAAAABNY/YCpqmagdBNE/s1600/SalProdITA.JPG" height="326" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Goofynomics</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div style="text-align: justify;">
la "pancia" fra le due linee rappresenta l'incremento della quota salari rispetto all'incremento della produttività: come si vede la quota salari aumenta più che proporzionalmente della produttività, recuperando così a proprio favore la quota di distribuzione del reddito, fino al 1980, poi comincia a calare in termini reali, ovvero cala più dell'incremento della produttività, perdendo mano a mano quota fino al 1997, quando le curve si incontrano e procedono parallelamente fino allo scoppio della crisi.</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
Tenete presente che, <b>in un mondo capitalistico perfetto, in presenza di un giusto salario, le due curve dovrebbero precedere accostate parallelamente</b>, come è avvenuto dal 2000 al 2008, ovvero ad un incremento di produttività dovrebbe corrispondere un pari aumento dei salari, cosa che sosterrebbe la domanda globale di beni e permetterebbe di assorbire la produzione e di rendere stabile la crescita (non contando nel consumo per semplicità le esportazioni e le importazioni). Quindi quello che è accaduto è che, con le lotte sindacali negli anni '70 i lavoratori hanno migliorato a proprio favore il conflitto distributivo, orientandolo maggiormente verso i salari ed ottenendo così degli aumenti reali di reddito (cioè maggiori rispetto alla produzione) per circa un decennio, poi gli industriali e gli altri detentori di capitale hanno spostato a loro favore tale conflitto aumentando la quota di reddito destinata al profitto.</div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
E' una particolarità tutta italiana? No, quello che è successo in Italia è il riflesso di quello che è successo in tutte le economie avanzate nello stesso periodo: in tutto il mondo vi è stata una "controffensiva" del capitale sul lavoro:</div>
</div>
<div>
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-ayCiDnccJWs/VKFHyjWAIgI/AAAAAAAABNo/-WxRmOa94YA/s1600/grafico2.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-ayCiDnccJWs/VKFHyjWAIgI/AAAAAAAABNo/-WxRmOa94YA/s1600/grafico2.png" height="393" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Sinistrainrete Dati: AMECO Commissione Europea</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
La linea nera rappresenta il tasso di profitto rispetto al PIL (scala di sinistra) delle tre economie più avanzate, ovvero USA, Europa e Giappone (media ponderata), mentre la linea grigia il tasso ponderato di incremento della produttività delle tre zone (scala di destra). Come si vede a partire dagli anni '80 il tasso di profitto decolla, nonostante la produttività vada calando, aumentando sempre più la propria quota sul PIL. Il conflitto distributivo pende quindi a favore del profitto a scapito del lavoro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Da notare che, anche dopo la crisi e l'austerità indotta, il tasso di profitto rimane comunque ben più elevato della produttività; ciò significa che vi sono aziende che continuano ad avere un buon tasso di profitto che non è stato intaccato dal calo della domanda globale, ma che <b>si è mantenuto grazie al crollo dei salari ed alla disoccupazione</b>. Ciò significa anche che per alcune aziende <b>la crisi è comunque un'opportunità di guadagno</b> (un esempio lo trovate in <a href="http://www.mark-up.it/il-prezzo-moltiplica-i-profitti-nella-crisi/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo articolo</span></a>) e queste aziende e gli uomini che le rappresentano non si dannano certo l'anima per cambiare o far cambiare tale situazione. Questo vi dovrebbe spiegare molte cose...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In questo quadro il Job Act di Renzi trova una sua perfetta collocazione: <b>con il contratto a tutele crescenti si è infatti riuscito a trasformare il contratto a tempo indeterminato</b>, ultimo baluardo delle lotte sociali degli anni '70 - con la sua stabilità e sicurezza garantita dallo Statuto dei Lavoratori - <b>in un tipo particolare di contratto precario</b>, lasciando quindi alla mercé del datore di lavoro la durata e soprattutto la qualità del rapporto lavorativo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A parte infatti quanto emerge dallo studio della UIL, citato fra gli altri in <a href="http://redazione.finanza.com/2014/12/11/jobs-act-lato-oscuro-licenziamento-diventa-un-affare/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo articolo</span></a>, che spiega il "lato oscuro" del rapporto indennizzi/incentivi, per cui <b>si rischia che sia conveniente per le imprese assumere e poi dopo due/tre anni licenziare il lavoratore</b>, il problema vero del nuovo contratto a tempo indeterminato è dato dal fatto che <b>il dipendente non ha più la stabilità del contratto come base diciamo "negoziale" per i suoi rapporti con il datore di lavoro</b>. Sottostando alla possibilità di essere licenziato senza obbligo di motivazione (non applicandosi l'art. 18, neppure nel testo rimaneggiato e depotenziato che esce dalla riforma), se non una generica e soggettiva non idoneità al lavoro, è evidente che il dipendente per i primi anni sarà totalmente succube del proprio datore, il quale lo utilizzerà come ritiene più opportuno, sia riguardo all'orario, sia riguardo alle modalità di svolgimento dei compiti assegnati e soprattutto riguardo alla paga, che può essere non a caso oggetto di accordi aziendali.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa riforma ci porta quindi più vicino agli USA ed all'etica liberista che permea i contratti di lavoro oltreoceano, aggravato dal fatto che il NAFTA (l'accordo di libero scambio Nord Americano), <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/06/il-ttip-rivelato.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">come abbiamo visto</span></a>, ha tirato giù ulteriormente i salari degli americani, messi in competizione con i lavoratori messicani (ed è quello che ci toccherà con il TTIP), ed è appunto l'attacco finale al concetto di lavoro come diritto di cui all'art. 4 Cost. (e non come favore), e ad una retribuzione che garantisca un'esistenza libera e dignitosa di cui all'art. 36 Cost., che sono la base della nostra società e del nostro assetto economico costituzionale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A chi giova questa riforma? Agli stessi che abbiamo già visto <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/08/chi-ha-paura-dellart-18-parte-seconda.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">quando abbiamo parlato di art. 18 dello Statuto</span></a>: basta rileggersi l'ultima parte di quell'articolo per avere le risposte (un po' di impegno dopo la pigrizia delle feste...)</div>
<br />
Buona lettura.<br />
<div>
<br />
<div>
<br /></div>
</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-3926779056265602352014-12-31T07:38:00.000-08:002014-12-31T07:38:09.988-08:00Considerazioni di fine anno: la democrazia è faticosa e, per alcuni, fastidiosa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-_-aUdB29TOI/VKQW6p0G8HI/AAAAAAAABN4/mvx1Ml1QQwI/s1600/democrazia-italia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-_-aUdB29TOI/VKQW6p0G8HI/AAAAAAAABN4/mvx1Ml1QQwI/s1600/democrazia-italia.jpg" height="420" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Stavo scrivendo un post "tecnico" sul lavoro (sarà un viatico per iniziare bene il 2015...) quando, girellando un po' su Facebook - che non amo (mi perdoneranno gli amici che ho su FB) perché molto spesso è una sentina di livore ed autorazzismo, pieno, se va bene, di facciamoqualcosismo e bisognaunirsituttiperlaPatria (salvo dividersi poi ferocemente per un pur minimo diverso "credo" sovranista), se va male di vimeritatetutto e sietedeirivoluzionaridatastiera (gli altri, naturalmente) - girellando, dicevo, mi sono imbattuto, prima nella proposta lanciata da Scenari Economici di candidare il buon Rinaldi a Presidente della Repubblica (hai il mio voto, Antonio!), pieno di commenti del tipo "magari, ma gli italiani sono pecoroni e pigri e menefreghisti e cinici, quindi è tutto inutile", poi nel post di Arlette Zat che riportava <a href="http://goofynomics.blogspot.it/2014/12/grecia-un-esempio-vale-piu-di-mille.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">un post di Bagnai</span></a> con una frase meravigliosa che probabilmente conoscerete, ma che riporto per quei pochi che ignorano Goofynomics:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>Noi avremmo il diritto di sbattercene dell'economia, come della medicina, o della botanica. In una democrazia normalmente costituita dovrebbero essere i politici a doverla capire, l'economia, per indirizzare il paese secondo il mandato politico ricevuto dagli elettori. Non starebbe agli elettori farsi carico di conoscere tutto lo scibile, la Repubblica dei filosofi non esiste perché non può esistere, la funzione alta della politica dovrebbe proprio essere questa, questo tipo di mediazione culturale</i>."</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Successivamente ho letto la domanda secca di uno che, rivolgendosi agli "economisti" (che sono ormai le moderne Sibille), chiedeva in pratica "glie 'a famo?" con conseguenti risposte/commenti del tipo "siamo spacciati", condite dal solito "colpa di chi non si informa e vive serenamente beato e italianimerdesimeritanotutto" (scritto probabilmente da un Pari inglese...).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Non so a voi, ma a me l'insieme di questi elementi mi ha spinto ad una riflessione: la democrazia è faticosa. A questa si è collegata una seconda, un tantino meno ovvia: la democrazia non è compatibile con un capitalismo di tipo liberista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa seconda affermazione, mi direte, non è nuova: già J.P. Morgan, <a href="http://culturaliberta.files.wordpress.com/2013/06/jpm-the-euro-area-adjustment-about-halfway-there.pdf" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in un suo paper</span></a> aveva chiarito che le Costituzioni democratiche dei Paesi del Sud Europa, nate dalle lotte contro la dittatura, erano incompatibili con l'applicazione di politiche liberiste "pure" come quelle che vuole implementare la UEM; la differenza però è in un non trascurabile dettaglio: <b>non una democrazia di impianto sociale/socialista è incompatibile, ma la democrazia <i>tout court</i></b>. Che è un bel passo avanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Partiamo però dalla prima questione: <b>la democrazia è faticosa, perché presuppone una coscienza ed una capacità di comprensione che solo una formazione culturale solida di base dà e obbliga ad interessarsi di quello che accade al di fuori del nostro vissuto quotidiano</b>. Il primo punto spiega anche perché la democrazia non è esportabile, come fosse un pacco regalo, a Paesi che per il loro percorso storico non hanno ancora una sufficiente alfabetizzazione di massa o comunque le condizioni socio-culturali per svilupparla: la democrazia è una pianta che ha bisogno di trovare il terreno adatto. Ma non basta. La pianta va innaffiata con la partecipazione collettiva, quella che viene chiamata opinione pubblica, che permetta di valutare le scelte politiche ed indirizzare tali scelte con il voto consapevole. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Qui però sorge il problema: se un cittadino ha legittimamente il diritto di non essere un esperto di economia, di diritto, di non essere un filosofo, come dice giustamente il professor Bagnai, perché dovrebbe darsi la pena di essere informato, che già ha il suo lavoro che lo impegna e tanti altri pensieri per la testa? Perché la democrazia rappresentativa, come descritta dal noto economista, forse sta mostrando dei limiti invalicabili e per salvarci dobbiamo faticare di più</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il discorso di Bagnai è teoricamente corretto, ma presuppone che vi sia una categoria di cittadini, i politici, che, delegati appunto dal popolo a curare gli interessi della Nazione, lo facciano con dedizione, altruismo, capacità ed onore (questo riecheggia non a caso il contenuto dell'art. 54 Cost. "<i>I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore</i>"). In altre parole tali cittadini (<i>primi inter pares</i>) dovrebbero studiare e capire le materie di cui sopra, per decidere cosa è meglio per il popolo. Si dirà: ma non devono diventare dei tuttologi, ci sono i tecnici, ovvero gli esperti, i quali dovranno fornire gli strumenti, già elaborati, per poter decidere. Giusto, ma come si può giudicare un parere tecnico, senza avere almeno dei rudimenti della materia, magari per contrastare un certo parere? Vedete, è il problema che hanno nel processo i Giudici con i consulenti tecnici, quando devono decidere: mi affido totalmente e con fiducia alle conclusioni del perito (e quindi decido secondo il SUO parere), o cerco di capire il contenuto della perizia, magari perché ci sono dei punti critici e non condivisibili (e decido secondo il MIO parere)? Un vecchio brocardo definisce il Giudice "<i>peritus peritorum</i>" e questa è/dovrebbe essere la linea prevalente: il magistrato è il "perito dei periti" e sta a lui l'onere e l'onore di decidere se conformarsi o meno al risultato della perizia, naturalmente motivandolo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Anche il politico quindi e a maggior ragione, dovendo decidere dell'interesse di tutti, non di poche parti, dovrebbe essere un <i>peritus peritorum</i> e voi capite la difficoltà in una realtà estremamente complessa come l'attuale. Questa difficoltà tra l'altro è ciò che ha portato negli anni '80 ed ancor più oggi al mito del "governo tecnico" caldeggiato, come sempre, dai liberisti: se il politico non ci arriva e vede solo il suo interesse privato e quello delle clientele ad esso legate, allora che vadano a governare i "tecnici", scevri da ogni interesse politico-elettorale, che sanno cosa bisogna fare e possono, appunto per la loro neutralità, agire senza condizionamenti. Per la critica a questo pensiero, soprattutto per la dimostrazione della "fallacia dell'ottimo economico" vi rimando al libro di Bagnai, appena uscito, "L'Italia può farcela"; qui ci limiteremo a dire che la politica ha una funzione inalienabile di indirizzo che deve essere preservata. Ma per preservarla occorre che i politici siano preparati e mediamente colti, ovvero che vengano scelti con criteri di merito e capacità. E qui il sistema democratico rappresentativo mostra già dei limiti. <b>Sono ormai decenni che la classe politica scelta o imposta ai cittadini o non è all'altezza del suo compito o tradisce il mandato popolare, per interessi di una sola parte</b>, di solito chi paga la campagna elettorale e può garantire una lunga carriera (ed un bel posto alla fine del mandato).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Si è quindi creata una classe di "ottimati" tanto radicata, quanto incapace o collusa, che di fatto ha reso un mito la rappresentanza delegata, quella per cui si scelgono via, via le persone più capaci e ci si affida al loro governo, buttando solo un occhio di tanto in tanto su quello che fanno, pronti a punirli con il (mancato) voto alle prossime elezioni. Forse non è mai stato così, questa è evidentemente una favoletta, ma per lo meno si tendeva almeno nelle dichiarazioni a questo ideale. Ora ci dicono che chi pone dei dubbi sullo splendido e progressivo percorso attuato dal Governo è un gufo...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quindi ricapitolando una democrazia rappresentativa che funzioni presuppone una doppia fatica: quella dei politici ad essere pronti e preparati a gestire la Res Publica, con un'attenzione all'interesse collettivo e quella dei cittadini di controllare che ciò venga fatto bene e appunto nel loro interesse. E' possibile attualmente? Probabilmente no, e comunque, <b>qui è il limite invalicabile</b>, <b>se e solo se ci raccontano le cose come stanno, ovvero ci permettono di farci un'idea corretta, senza dover diventare noi stessi dei segugi della notizia e degli esperti dello scibile umano</b>. E qui ci vorrebbe un saggio solo sul problema dell'informazione, per il quale, oltre alla lettura e visione di <a href="http://www.byoblu.com/post/2013/03/22/gli-spin-doctor-i-giornalisti-e-il-frame.aspx" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo post di Marcello Foa</span></a>, posso solo rimandarvi ad un altro aspetto interessante da me trattato, ovvero <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/03/il-paradosso-della-troppa-informazione.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">il paradosso della troppa informazione</span></a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ecco dove la democrazia rappresentativa mostra di essere purtroppo fuori dal nostro tempo: <b>essa presuppone una specie di "patto sociale" duplice, da una parte che i politici delegati non tradiscano il popolo che li ha eletti e non li conducano alla distruzione per interessi altri e magari stranieri</b> (fischiano le orecchie, senatore Monti?), <b>dall'altra, visto che i politici sono uomini e non angeli, che i mezzi di informazione facciano realmente il loro lavoro, che sarebbe quello di dare notizie, possibilmente vere, e non opinioni e veline di <i>spin doctors</i></b>, così da permettere alla gente, <b>senza troppo impegno e studio</b>, di farsi una corretta opinione ed esercitare il diritto di giudizio e scelta, tramite il voto (ed infatti si dovrebbe poter votare, vero Renzi?). Un patto questo che evidentemente non sussiste più e forse non ha più le condizioni per sussistere.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La soluzione? Io non la so, ma i liberisti ne hanno una ottima come dicevo: <b>cavalcare l'onda ed abolire del tutto la democrazia</b>, prima informalmente, tramite continue scelte "emergenziali" e "necessitate" (che, purtroppo, impongono tempi rapidi e decisioni che non possono aspettare il compimento di iter democratici, lunghi e laboriosi...), poi, quando la rana-popolo è abbastanza bollita da considerare l'emergenza vera o presunta la normalità (notato quanti bei decreti leggi rapidi e spediti fanno gli ultimi governi, senza uno straccio di reale urgenza e necessità, nel silenzio imbambolato o peggio complice dell'opinione pubblica "colta"?), anche formalmente, per esempio abolendo una Camera.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una vera democrazia presuppone una serie di <i>check and balance</i> (controllo e bilanciamento fra poteri) il più importante dei quali è il voto consapevole e libero del popolo. Ma un popolo consapevole magari non si fa spolpare per ripagare <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/12/a-che-servono-le-tasse.html" target="_blank">debiti esteri neanche propri</a> e magari si fa due conti su come viveva prima e dopo l'avvento salvifico dell'euro e, sempre magari, si fa una sonora risata in faccia al Plateroti di turno che evoca il costo della benzina come quello dell'uranio se si esce dall'Eurozona (spero che le "pillole rosse" di questo blog le abbiate lette...). Ecco tutto questo da un po' fastidio a chi vuole manovrare liberamente, dentro e fuori l'Italia e siccome la formazione e soprattutto la curiosità di sapere si impara a scuola, ecco che la scuola magicamente va a picco e, a volte letteralmente, in macerie. Come dice quello bravo, <i>tout se tient</i>...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
No, decisamente <b>per alcuni la democrazia è fastidiosa e deleteria, un cancro da estirpare, cominciando con l'avvelenarne le radici, ovvero la Costituzione</b>. Spero che, se mi avete letto fino ad oggi, lo abbiate ormai ben chiaro in mente.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Buon 2015.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-62209938488026551532014-12-12T08:03:00.001-08:002014-12-12T08:12:42.698-08:00Il referendum che non c'è<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-wWTLdbixzG8/VIsODz1-BHI/AAAAAAAABMs/lYPb7sZRP50/s1600/Referendum.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-wWTLdbixzG8/VIsODz1-BHI/AAAAAAAABMs/lYPb7sZRP50/s1600/Referendum.jpg" height="300" width="400" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Siamo in piena febbre referendaria.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il Movimento 5 Stelle si è deciso e sta raccogliendo le firme per poter fare un referendum sull'uscita dall'euro, gli attivisti sono mobilitati e Grillo tuona contro gli scettici, come la Lega, ricordando che un referendum di indirizzo si può fare, perché si è già fatto nel 1989. quando fu chiesto al popolo italiano se avesse voluto che la Comunità Europea si trasformasse in un'Unione vera e propria, dotata di un Governo che rispondesse al Parlamento Europeo, dando quindi un mandato costituente a quest'ultimo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ha ragione Grillo? Purtroppo no.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il referendum da lui citato fu introdotto con legge costituzionale 3 aprile 1989 n. 2 e constava di quattro articoli; all'art. 2 vi era il quesito vero e proprio, che riporto integralmente:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<pre style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin-bottom: 2em; margin-top: 2em; outline: 0px; padding: 0px 0px 0px 51.265625px; vertical-align: baseline; width: 564.0625px;"><div style="background-color: #f9f8f4; font-size: 13px; line-height: 1.5em; text-align: center;">
<span style="font-size: 13px; line-height: 1.5em;"> Art. 2.</span></div>
1. Il quesito da sottoporre al referendum e' il seguente: "Ritenete
voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunita'
europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di
fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il
mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre
direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri
della Comunita'?".</pre>
<div style="text-align: justify;">
Questa consultazione, del tutto anomala,<b> dato che la nostra Costituzione non prevede la possibilità di indire un referendum di indirizzo</b>, fu effettuata in via straordinaria e quindi non suscettibile di estensione analogica, perché in tutta Europa si stavano svolgendo consultazioni simili, al fine di capire se i popoli europei avessero voluto una vera e propria Costituzione europea. Poiché noi non avevamo uno strumento consultivo costituzionalmente previsto, come in Francia, Olanda ed Inghilterra, eccezionalmente fu introdotta con una deroga singola, la possibilità di interpellare i cittadini. Secondo molti giuristi, si trattò di un referendum ad oggetto impossibile a valenza meramente plebiscitaria, senza un vero potere di indirizzo, dato che si rivolgeva ad un organo non nazionale, come il Parlamento europeo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa esperienza può essere ripetuta? La risposta è ancora no.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La fonte della legge in deroga del 1989, che ribadisco non ha introdotto nulla nel nostro ordinamento in via generale, era lo stesso Trattato di Roma, il quale prevedeva espressamente che l'eventuale previsione di un potere costituente fosse sottoposto a ratifica da parte di tutti gli Stati firmatari. Nei Paesi dove tale strumento era legislativamente previsto, tale ratifica sarebbe avvenuta con un referendum popolare, altrimenti sarebbe stato il Parlamento a ratificare, come in effetti è avvenuto in vari Paesi, come la Germania, la Spagna, L'Austria e la Grecia. Era quindi un trattato internazionale che fondava il diritto di procedere con uno strumento non ordinario, e fu in base a questa legittimazione ed al consenso unanime politico che la legge potè essere promulgata. In Italia il Trattato era già stato ratificato dal Parlamento a larghissima maggioranza (con esclusione di Rifondazione Comunista e della Lega che votarono contro) e quindi giuridicamente il consenso era già stato prestato, ma, per avere una legittimazione popolare, fu deciso di effettuare una consultazione dei cittadini, <b>peraltro senza prima operare alcun tipo di informazione ed ancor meno di discussione del tema posto all'attenzione</b>: il risultato fu un plebiscito emotivo a favore della delega costituzionale con l'88,1% di voti positivi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per potersi avere un nuovo referendum consultivo (che comunque non impegnerebbe in alcun modo il Governo) dovrebbe pertanto essere proposta una nuova legge costituzionale per una deroga ad hoc, questa volta senza legittimazione, neppure "morale" da parte di una fonte internazionale. A parte ciò, e le conseguenti resistenze giuridiche ad una legge siffatta, questa dovrebbe essere sottoposta al procedimento, previsto dall'art. 138 Cost, il quale prevede due distinte votazioni delle due Camere ripetute con un intervallo di almeno tre mesi fra l'una e l'altra, e la seconda con maggioranza qualificata; se nella seconda votazione non si raggiunge il voto favorevole dei 2/3 di ciascuna delle Camere, la legge può essere sottoposta a referendum confermativo, se richiesto da 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o cinque Consigli regionali, e non è promulgata finché non raggiunge al referendum la maggioranza assoluta dei votanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come si può notare, non è un procedimento né semplice, né breve e presuppone una volontà politica uniforme nel Parlamento. Esiste attualmente questa volontà in tema di uscita dall'euro? Evidentemente no, ciò significa che una proposta di legge costituzionale per introdurre una consultazione in deroga rischierebbe di fallire, <b>non raggiungendo neppure la maggioranza assoluta necessaria per sottoporla a referendum</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se comunque si ammettesse che tale procedimento possa andare a buon fine, poi ci sarebbe comunque la necessità di indire ed organizzare il referendum, con un quesito che possa passare il vaglio della Corte Costituzionale. Questione questa piuttosto delicata, in quanto qualsiasi quesito sottoponesse ai cittadini una decisione che influisse negativamente sulla partecipazione a trattati internazionali già ratificati, si scontrerebbe con il divieto di referendum abrogativo su tali temi previsto dall'art. 75 Cost.. Anche qui i tempi stimati sono nell'ordine di 1 o 2 anni.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tirando le somme, l'idea suggestiva di sottoporre ad un referendum di indirizzo - che in effetti sarebbe solo un referendum consultivo, come lo era quello sulla Costituzione europea, - la questione della permanenza nell'area euro si scontra contro difficoltà ed impedimenti che la rendono di fatto inutilizzabile come strumento di pressione politica e, nelle more, sottoporrebbe l'Italia a tensioni economiche che sono facilmente intuibili.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un referendum sull'euro ha quindi la stessa possibilità di un referendum sulla partecipazione alla NATO: temi suggestivi e corretti (se volete il mio parere, io uscirei dalla NATO...), ma totalmente irreali e buoni solo per illudere chi crede nella possibilità della "democrazia diretta" in un Paese grande e complesso come l'Italia, nel quale è costituzionalmente previsto che siano i politici delegati con il voto, attraverso gli organi designati, a compiere, bene o male, le scelte per noi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-48389167878759597222014-11-11T02:28:00.000-08:002014-11-11T03:25:21.028-08:00L'Italia può vivere di esportazioni? <div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Ormai dovrebbe essere chiaro. Ne abbiamo parlato <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/10/due-chiacchiere-su-economia-e-vampiri.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">in questo post</span></a> e anche<a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/01/il-semestre-italiano-for-dummies.html" target="_blank"> <span style="color: #cc0000;">in questo</span></a>: l'Europa ed il sistema ultra-liberista al quale si ispira vogliono che diventiamo TUTTI dei Paesi export-led ovvero che basiamo la nostra crescita e prosperità sulle esportazioni e non più sulla spesa pubblica, considerata solo dannosa, fuorviante e fonte di corruzione. Non importa che uno Stato sia storicamente e per ragioni oggettive non adatto ad esportare, come ad esempio la Spagna, che, con tutti gli sforzi fatti, si attesta attualmente ad un 32% del PIL, o la Grecia, che ha un export pari al 27%, le economie devono essere stravolte per diventare esportatori come il Belgio all''85% o l'Olanda che è all'87% o la Germania, che ha un rapporto export/PIL del 52%.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">E' lecito però domandarsi: è possibile che un Paese delle dimensioni dell'Italia possa vivere quasi esclusivamente di export? E quali sono le condizioni per farlo? E quali le conseguenze?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Iniziamo a ragionare su qualche dato: i quattro grandi Stati in Europa sono la Germania, la Francia, l'Italia e la Gran Bretagna ed il valore delle esportazioni di ciascuno nel 2010 (non ho dati per comparazione più recenti) era, 46% per la Germania, 28% per la Francia, 27% per l'Italia e il 29% per la Gran Bretagna; come si vede, tranne la Germania, gli altri grandi Paesi avevano nel 2010 esportazioni che pesavano poco più di 1/4 del PIL. Che cosa ha reso unica la Germania? Questo:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-voVlmB0WjsE/VGD9MzWk3-I/AAAAAAAABI4/w2TtIaOAkn4/s1600/Salari%20reali%20%2C%20nominali%20e%20produttivit%C3%A0%20GERMANIA.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-voVlmB0WjsE/VGD9MzWk3-I/AAAAAAAABI4/w2TtIaOAkn4/s1600/Salari%2520reali%2520%252C%2520nominali%2520e%2520produttivit%25C3%25A0%2520GERMANIA.JPG" height="387" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">L'abbattimento del costo unitario del lavoro per tutto il periodo 2000-2009, con un salario reale che non solo non seguiva la produttività, ma addirittura scendeva in termini effettivi, non recuperando neppure il potere d'acquisto perso con l'inflazione.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Tanto in Europa lo sanno, che le ricette economiche che amorevolmente ci consigliano di attuare sono sostanzialmente l'abbattimento del costo del lavoro, attraverso una drastica deflazione salariale. Ma ammesso che si volessero attuare, si risolverebbero davvero i problemi di costo dei beni e si aumenterebbe notevolmente l'export? La risposta la troviamo in questi grafici:</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-liix88Oiw7A/VGD_Uf8vdVI/AAAAAAAABJI/UUhK1NB05Yg/s1600/Inflaz_Tasso.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-liix88Oiw7A/VGD_Uf8vdVI/AAAAAAAABJI/UUhK1NB05Yg/s1600/Inflaz_Tasso.jpg" height="460" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-XnXnDcAcEcU/VGHOUVokBoI/AAAAAAAABKs/3t9v90kf_54/s1600/Inflation_De_It.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="384" src="https://2.bp.blogspot.com/-XnXnDcAcEcU/VGHOUVokBoI/AAAAAAAABKs/3t9v90kf_54/s640/Inflation_De_It.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Eurostat</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Il periodo favorevole per poter attuare una simile politica con successo è passato. La Germania, abbattendo il costo del lavoro poco dopo l'unione monetaria, ha potuto sfruttare il differenziale di inflazione così creato che ha avuto i suoi scarti maggiori fra il 2001 ed il 2005; poi è avvenuta la convergenza in Europa, come si vede dal primo grafico, ed i differenziali fra i tassi si sono appiattiti, arrivando attualmente ad una sostanziale deflazione. A questo punto il vantaggio accumulato dai tedeschi non è più colmabile; c'è un detto popolare che dice: "chi mena primo mena due volte", ecco, la Germania ha menato (e forte) per prima ed il vantaggio di prezzo che ne ha ricavato ha portato ai surplus che possiamo vedere qui:</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-CaFzJTGNVhw/VGHQ1rQnALI/AAAAAAAABLA/uyp1LksJoaU/s1600/germany-current-account-600.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="312" src="https://4.bp.blogspot.com/-CaFzJTGNVhw/VGHQ1rQnALI/AAAAAAAABLA/uyp1LksJoaU/s640/germany-current-account-600.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Saldo partite correnti Germania su dati Bundesbank. Fonte: www.re-vision.info</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Tale situazione non è più ripetibile come detto e ce lo dimostra anche il grafico dei prezzi alla produzione</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-zIY5oNToG1w/VGHTfmMkiFI/AAAAAAAABLM/y1emwvrIPqs/s1600/Prezziprod_Andamento.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="486" src="https://4.bp.blogspot.com/-zIY5oNToG1w/VGHTfmMkiFI/AAAAAAAABLM/y1emwvrIPqs/s640/Prezziprod_Andamento.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Come si vede non c'è un problema di dinamiche dei prezzi della produzione in Italia, </span><span style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">le quale risultano pressoché in linea con quelle europee, ed attualmente anche un po' più basse. L'unica maniera per diminuirle</span><span style="font-family: 'Helvetica Neue', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"> ulteriormente, nella fase attuale di deflazione, sarebbe di fare forti investimenti per ottimizzare la produttività o diminuire drasticamente la forza lavoro impiegata od il suo costo. Ciò non è possibile, o, se possibile, solo a fronte di fortissime tensioni sociali, come ci dimostrano questi grafici:</span></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-JPZFj23IqU8/VGHU7Q7pIKI/AAAAAAAABLY/7-fCJbihLZw/s1600/Investimenti.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="476" src="https://3.bp.blogspot.com/-JPZFj23IqU8/VGHU7Q7pIKI/AAAAAAAABLY/7-fCJbihLZw/s640/Investimenti.png" width="640" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-CFj5LlLFsPE/VGHU-vEOUYI/AAAAAAAABLg/HciHxLSRnbY/s1600/Risparmio.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="464" src="https://1.bp.blogspot.com/-CFj5LlLFsPE/VGHU-vEOUYI/AAAAAAAABLg/HciHxLSRnbY/s640/Risparmio.png" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-M2rM-o4aQfw/VGHWkaBoOGI/AAAAAAAABL8/sKRa86eyORY/s1600/PILEvoluzione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="448" src="https://4.bp.blogspot.com/-M2rM-o4aQfw/VGHWkaBoOGI/AAAAAAAABL8/sKRa86eyORY/s640/PILEvoluzione.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-BOGH_UACIIA/VGHVBqAkrOI/AAAAAAAABLo/yzQcB7mXVkE/s1600/Deficit.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="450" src="https://3.bp.blogspot.com/-BOGH_UACIIA/VGHVBqAkrOI/AAAAAAAABLo/yzQcB7mXVkE/s640/Deficit.png" width="640" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-iOlzyMQtLYQ/VGHVFINlBnI/AAAAAAAABLw/eDDu-F21plc/s1600/Tasso%2Bdisoccupaz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="464" src="https://1.bp.blogspot.com/-iOlzyMQtLYQ/VGHVFINlBnI/AAAAAAAABLw/eDDu-F21plc/s640/Tasso%2Bdisoccupaz.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Cosa ci dicono questa raffica di grafici? Innanzitutto che gli investimenti con la crisi sono andati a picco, perché è andato a picco il risparmio privato; ciò significa che è impossibile nel quadro attuale effettuare miglioramenti produttivi, che oltretutto si dimostrerebbero antieconomici, visto la profonda crisi di domanda derivante dal crollo dei redditi in Italia, passati dall'essere sopra la media UE a sotto la media, battuti, tra i maggiori Paesi, solo dalla Spagna (portata ultimamente ad esempio...). Poi che gli investimenti pubblici non sono possibili perché... l'Europa non li vuole! Come si vede siamo l'unico Paese che rispetta i parametri del 3% di deficit, mentre la media EU è sotto, e Stati come la Spagna (come sopra...) sforano tranquillamente, con un deficit che nel 2013 si attestava al 6,6%. Questo comporta che lo Stato italiano non può spendere, né investire, e che pertanto la leva pubblica, che agisce in maniera anticiclica con gli investimenti diretti e con il supporto a quelli privati, non può essere utilizzata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Rimane la contrazione degli occupati, non supportata però, come abbiamo detto, da investimenti in macchinari, e la deflazione salariale. Chiunque indichi questa strada deve fare però i conti con l'ultimo dei grafici proposti: il tasso attuale di disoccupazione. Siamo sopra la media UE, al tasso del 12.7%, ovvero <b>ad un tasso mai raggiunto in tempo di pace</b>. Un ulteriore aumento dei disoccupati porterebbe a conseguenze sociali gravissime; d'altra parte una riduzione salariale porterebbe ad un ulteriore crollo dei redditi degli occupati, non compensato dal modesto aumento degli impiegati, come è successo in Spagna, dopo le ricette della Troika </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-_F1EgMvJpbs/VGHa3CHBQhI/AAAAAAAABMI/zUV6OncN86E/s1600/spain-gdp-per-capita.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="292" src="https://3.bp.blogspot.com/-_F1EgMvJpbs/VGHa3CHBQhI/AAAAAAAABMI/zUV6OncN86E/s640/spain-gdp-per-capita.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Spagna, PIL pro-capite su dati Eurostat</td></tr>
</tbody></table>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-LDJ1W5PzT1Q/VGHblXehr8I/AAAAAAAABMQ/oRHdDKTqlMs/s1600/spain-unemployment-rate.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="292" src="https://3.bp.blogspot.com/-LDJ1W5PzT1Q/VGHblXehr8I/AAAAAAAABMQ/oRHdDKTqlMs/s640/spain-unemployment-rate.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Spagna, tasso di disoccupazione</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">Il PIL pro-capite è crollato, ovvero sono crollati i redditi dei lavoratori, e la disoccupazione è prima arrivata al 27%, per l'espulsione di lavoratori, poi è passata ad una media del 25%, che attualmente è in calo (anche se si dovrebbe analizzare la qualità dell'occupazione creata e il tasso di emigrazione che abbassa la percentuale di disoccupati), ma sempre attestandosi ad un spaventoso 23,7%, che, come abbiamo visto, non è compensato da un miglioramento generale dei redditi, ma anzi da un costante calo. Si lavora in (pochi) più, ma per molto meno.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Helvetica Neue, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: large;">E' questa la soluzione per l'Italia? Io credo di no. Quello che ha fatto la Germania non è ripetibile e tutto sommato<a href="http://scenarieconomici.it/coppola-loscuro-futuro-germania/" target="_blank"> <span style="color: #cc0000;">non conviene neanche ripeterlo</span></a>...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-19691573528565393452014-11-04T01:56:00.000-08:002014-11-05T01:22:50.191-08:00Il "blocco" costituzionale alle norme internazionali: una chiave di lettura sovranista<div align="center" class="separator" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-I2m6J2wpv9g/VFdgjUjbhtI/AAAAAAAABIY/YM-8kh2JClE/s1600/Corte.jpg"><span style="font-size: 13.5pt; mso-no-proof: yes; text-decoration: none; text-underline: none;"><!--[if gte vml 1]><v:shapetype id="_x0000_t75" coordsize="21600,21600"
o:spt="75" o:preferrelative="t" path="m@4@5l@4@11@9@11@9@5xe" filled="f"
stroked="f">
<v:stroke joinstyle="miter"/>
<v:formulas>
<v:f eqn="if lineDrawn pixelLineWidth 0"/>
<v:f eqn="sum @0 1 0"/>
<v:f eqn="sum 0 0 @1"/>
<v:f eqn="prod @2 1 2"/>
<v:f eqn="prod @3 21600 pixelWidth"/>
<v:f eqn="prod @3 21600 pixelHeight"/>
<v:f eqn="sum @0 0 1"/>
<v:f eqn="prod @6 1 2"/>
<v:f eqn="prod @7 21600 pixelWidth"/>
<v:f eqn="sum @8 21600 0"/>
<v:f eqn="prod @7 21600 pixelHeight"/>
<v:f eqn="sum @10 21600 0"/>
</v:formulas>
<v:path o:extrusionok="f" gradientshapeok="t" o:connecttype="rect"/>
<o:lock v:ext="edit" aspectratio="t"/>
</v:shapetype><v:shape id="Immagine_x0020_1" o:spid="_x0000_i1025" type="#_x0000_t75"
alt="https://1.bp.blogspot.com/-I2m6J2wpv9g/VFdgjUjbhtI/AAAAAAAABIY/YM-8kh2JClE/s1600/Corte.jpg"
href="http://1.bp.blogspot.com/-I2m6J2wpv9g/VFdgjUjbhtI/AAAAAAAABIY/YM-8kh2JClE/s1600/Corte.jpg"
style='width:480pt;height:163.5pt;visibility:visible;mso-wrap-style:square'
o:button="t">
<v:fill o:detectmouseclick="t"/>
<v:imagedata src="file:///C:\Users\Luigi\AppData\Local\Temp\msohtmlclip1\01\clip_image001.jpg"
o:title="proxy?url=http%3A%2F%2F1.bp.blogspot.com%2F-I2m6J2wpv9g%2FVFdgjUjbhtI%2FAAAAAAAABIY%2FYM-8kh2JClE%2Fs1600%2FCorte"/>
</v:shape><![endif]--><!--[if !vml]--><!--[endif]--></span></a><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-1_XCCwGciIA/VFiWWLO5Z8I/AAAAAAAABIo/D1BMR32Z10A/s1600/Corte.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-1_XCCwGciIA/VFiWWLO5Z8I/AAAAAAAABIo/D1BMR32Z10A/s1600/Corte.jpg" height="218" width="640" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">Ha avuto un notevole risalto mediatico per
il tema trattato (risarcimento dei danni di guerra causati dal Terzo Reich)<span class="apple-converted-space"> </span></span><a href="http://www.giurcost.org/decisioni/2014/0238s-14.html" style="font-family: inherit;" target="_blank"><span style="color: #cc0000; font-size: 13.5pt;">la sentenza della Corte Costituzionale
del 22 ottobre</span></a><span class="apple-converted-space" style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;"> </span></span><span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">che ha sancito l'inapplicabilità della
norma consuetudinaria internazionale che stabilisce l'immunità degli Stati
esteri dalla giurisdizione civile, recepita dalla Legge 14.01.2013 n° 5
nel nostro ordinamento, in quanto in violazione dei principi fondamentali e dei
diritti inviolabili dell'uomo tutelati dalla nostra Costituzione. La decisione
in sé ripercorre il filone di altre sentenze della Consulta emesse in
riferimento a norme comunitarie, o del Concordato con la Santa Sede, secondo le
quali "il limite che segna l’apertura dell’ordinamento italiano
all’ordinamento internazionale e sovranazionale è costituito […] dal rispetto
dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili dell’uomo, elementi
identificativi dell’ordinamento costituzionale" (sentenze n 30/1971
Gualtieri e 31/1971, Ghisotti-Siliprandi).</span></div>
<div class="separator" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;">Quello che la rende interessante è
però le modalità, espresse nella sentenza, con cui si attua questo limite:
secondo la Corte infatti esiste un "blocco" all'entrata nel nostro
ordinamento di una norma internazionale o sovranazionale, recepita ex art. 10
Cost., che sia in violazione dei diritti e principi fondamentali che costituiscono
l'assetto del nostro sistema, come delineato nella Carta. Questo controllo, che
avviene ex post, può essere effettuato esclusivamente dalla Corte
Costituzionale, poiché le norme così recepite assumono rango equivalente a
quello di norme costituzionali, ma una volta che ne sia stabilita la violazione
è obbligo del giudice statuale di non considerarle esistenti e quindi vi è il
potere/dovere di non applicarle.</span></span></div>
<div class="separator" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;">Ě da rilevare che i Giudici ritengono pertanto sottoponibile al sindacato della Corte anche una norma di diritto internazionale c.d.
“generale”, ovvero di tipo consuetudinario prevalente, recepita appunto ex art.
10, norma che ha una forza quale fonte di diritto certamente superiore a quelle
“pattizie” che trovano la loro legittimazione nell’art. 11 Cost.: mentre infatti le prime trovano la loro legittimazione nell'avere alle spalle un uso anche secolare, nell'essere universalmente riconosciute come cogenti nei rapporti internazionali, le seconde trovano la loro legittimazione appunto in un patto, che può essere modificato o sciolto, e che ha una forza derivante esclusivamente dalla volontaria sottoposizione degli stati firmatari allo stesso. Risulta evidente che se è ammissibile un sindacato di legittimità persino di una norma consuetudinaria fondamentale, tanto più la Corte avrà il diritto di valutare una norma "pattizia": come infatti giustamente evidenzia Barra Caracciolo nel suo commento alla sentenza, “<i>Se quanto così affermato vale rispetto al
diritto internazionale generale di cui all'art.10 Cost, a maggior ragione opera
come limite al diritto internazionale "da trattato", ancorchè "europeo",
che è fonte di rango inferiore, in Costituzione e nel diritto internazionale,
rispetto al d.i. "generale</i>” (</span><a href="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/10/corte-costituzionale-sentn238-del.html"><span style="color: #c00000; font-size: 13.5pt;">http://orizzonte48.blogspot.it/2014/10/corte-costituzionale-sentn238-del.html</span></a><span style="font-size: 13.5pt;">)<o:p></o:p></span></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;">Questa ricostruzione dogmatica quindi
stabilisce una volta per tutte che<span class="apple-converted-space"> </span><b>nessuna
norma di diritto internazionale può essere considerata di rango superiore a
quelle costituzionali fondamentali e che sussiste sempre il potere/dovere della
Consulta di valutare il contemperamento fra le prime e le seconde per stabilire
se le prime abbiano o meno e in quali limiti il diritto di entrare nel nostro
ordinamento ed essere applicate</b>.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">Tale posizione sembra modificare ancora
una volta il percorso "sofferto" di integrazione delle norme
comunitarie con il diritto interno e che ha visto la nostra Consulta passare
dal primato della norma costituzionale rispetto a quella comunitaria,
considerata di diritto comune, attraverso il riconoscimento della norma
statuale di applicazione, e quindi superabile da una legge posteriore (sentenze
14/1964, Costa/ENEL e 98/1965, Acciaierie San Michele), ad una posizione di
equivalenza del diritto comunitario con quello costituzionale, essendo la norma
comunitaria "veicolata" dall'art. 11 Cost., cosa che che le permette
di essere immediatamente precettiva e di prevalere sulla norma statuale anche
successiva, con essa incompatibile (sentenze 183/1973, Frontini e 232/1975,
Industrie Chimiche), alla posizione più recente di "autonomia"
dell'ordinamento comunitario rispetto al diritto interno, il quale viene
semplicemente ignorato nell'applicazione dal giudice ordinario, ogniqualvolta
esso sia in contrasto con il precetto sovranazionale (a partire dalla sentenza
170/1984, Granital).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">Ciò avvicina la nostra Corte alle posizioni di quella
tedesca, che, a più riprese, ha affermato il dovere di esaminare qualsiasi
accordo internazionale o decisione per valutarne la congruità ed il non contrasto con la
Costituzione tedesca: basta ricordare l'opposizione al programma OMT di Draghi,
che i Giudici tedeschi hanno considerato in violazione del principio di
controllo della spesa fiscale del contribuente tedesco, il quale spetta
esclusivamente al Bundestag, rimettendo sì la questione alla Corte di Giustizia
Europea, come previsto dall'art. 263 TFEU, che stabilisce la giurisdizione
esclusiva di quest'ultima sugli atti della BCE, ma non prima di averla
esaminata direttamente, senza sospendere il ricorso in attesa della decisione
della CGUE, e soprattutto </span><b style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">dando
preventivamente indicazioni sulla illegittimità e proponendo alla stessa CGUE
le modifiche da attuare per renderla per i tedeschi accettabile.</b><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;"><br /></span>
<span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">La Corte tedesca è arrivata così a porre un vero e proprio “ultimatum” alla Corte di Giustizia, sia sui
tempi che sui modi della decisione, con l’affermazione espressa che in caso
contrario verrà considerata anticostituzionale e disapplicata dalla Germania,
in barba al principio della vincolatività delle decisioni della CGUE (vedi sul
punto e per un esame approfondito delle conseguenze della presa di posizione
della Corte di Karlsruhe, <span style="text-transform: uppercase;">Barra
Caracciolo</span> “La questione "OMT" e la morte virtuale della
facciata cooperativa dell’euro” su </span><a href="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/la-questione-omt-e-la-morte-virtuale.html" style="font-family: inherit;"><span style="color: #c00000; font-size: 13.5pt;">http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/la-questione-omt-e-la-morte-virtuale.html</span></a><span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">.)</span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.5pt;"><span style="font-family: inherit;">La sentenza della nostra Corte è più
morbida nel suo dettato e non compie lo “strappo” di quella tedesca rimanendo
nell’alveo delle proprie decisioni più recenti, in quanto considera, non il
mero contrasto con qualunque principio costituzionale, anche di competenza dei poteri impositivi, come quella tedesca, ma solo quello con
le norme fondamentali per l'assetto democratico e di tutela di diritti
inviolabili; nonostante ciò appare essere una leva che potrebbe sollevare il
macigno, formato dalle norme europee in materia economica recepite nel nostro
ordinamento, che opprime la nostra economia e la nostra società.<o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b><span style="font-size: 13.5pt;">La
decisione della Consulta ridà infatti dignità alla tutela dei principi e dei
diritti cardine su cui si basa l'Italia, affermandone l'incomprimibilità,
qualsiasi sia il livello (internazionale, sovranazionale, consuetudinario o
pattizio) delle norme che vogliono incidere su tale assetto</span></b><span style="font-size: 13.5pt;">. Ogni limitazione di sovranità e diritti
dei singoli, in quanto riconosciuti e tutelati dalla Carta, pur se accettati o
ratificati in trattati che si considerano vincolanti e cogenti, come quello UE,
deve sottostare al sindacato di coerenza con il dettato costituzionale, per
valutarne la necessità e le finalità che non possono essere diverse da quelle
dell'art. 11, e che pur perseguibili in via diretta o indiretta, sono sempre e comunque
"controlimite" all'applicazione di accordi che diminuiscano la piena
potestà statuale e comprimano i diritti sociali ed economici dei cittadini,
riconosciuti fondanti dagli artt. 1, 2 e 4 Cost..<o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.5pt;"><span style="font-family: inherit;">Evidentemente secondo questa logica non
possono essere considerati accettabili,<span class="apple-converted-space"> </span><b>qualsiasi
siano le finalità ultime espresse astrattamente nei trattati</b>, e devono
essere quindi considerate mai entrate nel nostro ordinamento, tutte quelle
norme che direttamente stabiliscano<span class="apple-converted-space"> </span><b>una
cessione definitiva di parti di sovranità nazionale</b>, sovranità che si
esplica con il diritto di stabilire un'imposizione fiscale coerente con i
principi e le finalità dell'art. 3 Cost. comma II o che impone di perseguire a deficit
politiche di ridistribuzione e sostegno dei redditi o di tutela e sviluppo del
welfare, e che non può, per implicita ratio ex art. 11 Cost., essere ceduta
permanentemente, od anche quelle norme che impongano per la loro attuazione o
per il perseguimento delle finalità che impongono, una trasposizione in legge
ordinaria. Vengono in mente ad esempio le regole del fiscal compact, che
impongono un certo deficit ed il perseguimento di una riduzione del debito
pubblico incompatibile con lo sviluppo economico in un periodo di ciclo
economico recessivo.<o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.5pt;"><span style="font-family: inherit;">Ma, a mio avviso, la sentenza permette
un'interpretazione ancora più incisiva: dovendosi sempre e comunque valutare la
norma internazionale "pesandola" con l'assetto costituzionale sul
quale va ad incidere, anche un trattato che si autoproclami esplicitamente
"un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni"
secondo il dettato dell'art. 11 Cost. - e questa è sempre stata la chiave per
respingere alla fonte ogni contestazione della legittimità costituzionale degli
articoli dei trattati europei ("<i>le precise e puntuali disposizioni del
Trattato forniscono sicura garanzia, talché appare difficile configurare anche
in astratto l'ipotesi che un regolamento comunitario possa incidere in materia
di rapporti civili, etico-sociali, politici, con disposizioni contrastanti con
la Costituzione italiana.</i>" così ad esempio Corte Cost 183/1973 si
esprimeva, con un certo ottimismo, sul trattato di Roma) - non può sic et
simpliciter essere considerato "giusto" in ogni suo aspetto ed in
ogni sua determinazione.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">Nel
momento in cui si riscontri che l'applicazione di norme comunitarie<span class="apple-converted-space"> </span>non direttamente lesive<span class="apple-converted-space"> </span>provochi situazioni che mettano in
pericolo il Paese, nella sua consistenza economico/produttiva</b><span class="apple-converted-space" style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;"> </span><span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">(come è noto dall'inizio della crisi
abbiamo perso il 25% del nostro tessuto produttivo)</span><span class="apple-converted-space" style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;"><b> </b></span><b style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">o che provochino per il loro
rispetto l'annullamento di fatto dei diritti su cui è basata la Nazione</b><span class="apple-converted-space" style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;"> </span><span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">(prima di tutto l'effettività e la
dignità del lavoro) è mio parere che</span><span class="apple-converted-space" style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;"> </span><b style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">l'eventuale
questione di costituzionalità di tali disposizioni comunitarie o delle leggi ad
esse riferentesi<span class="apple-converted-space"> </span>debba essere
sollevata avanti alla Corte Costituzionale, la quale sarà tenuta a valutarne
l'impatto sull'assetto economico/sociale fondante lo Stato italiano</b><span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">.</span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: 13.5pt;">Ciò comporta l’ulteriore conseguenza che a
rigore <b>lo stesso trattato TFUE possa e
debba essere considerato nella sua interezza per valutare la congruità
dell’impianto stesso dell’accordo con i principi fondanti della Repubblica</b>.
Se infatti si eliminano una volte per tutte le pregiudiziali di coerenza ed
adesione del Trattato UEM con le finalità di “pace e giustizia fra le Nazioni”
costituzionalmente previste per l’ammissibilità del suo inserimento nel corpo
legislativo nazionale, se quindi ci si toglie quel paraocchi, quel filtro
buonista-europeista che non ha mai permesso un esame obiettivo delle reali
finalità del Trattato, considerando sufficiente il vago richiamo all’inizio
dell’art. 3 TFUE alla volontà di “promuovere la pace, i suoi valori e il
benessere dei suoi popoli”, ci si accorge che la reale portata del TFUE è ben diversa da quanto apoditticamente affermato, e si prende coscienza del fatto che esso tende a contrastare ed ostacolare i compiti istituzionali dello Stato, come previsti dalla nostra Carta all'art. 3 comma II.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">Basta già considerare quanto lo stesso art. 3 TFUE
candidamente ammette nel suo terzo comma, dove fra le caratteristiche dell’accordo
spicca il fatto che sia basato “su un'economia sociale di mercato fortemente
competitiva” per poter cominciare a dubitare della reale volontà sottesa al
Trattato. Come nota puntualmente Barra Caracciolo “<i>certamente l'Unione economica e, ancor più, monetaria europea, - priva
di ogni riferimento al perseguimento della pace e della giustizia tra le
Nazioni, e giuridicamente cresciuta e stratificata come insieme di regole
caratterizzate dall'instaurazione di un libero mercato fortemente competitivo
che privilegia la stabilità dei prezzi e la piena occupazione ad essa connessa,
cioè unicamente in quanto compatibile con tale stabilità, <b>instaurando
la competizione mercantilista tra gli Stati coinvolti</b>,- non ha nulla
a che vedere con un'organizzazione che svolge la promozione della pace sia
all'interno dei partecipanti sia, collettivamente, verso l'esterno</i>” (</span><a href="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/07/lart11-cost-e-adesione-allue-cosa-dice.html" style="font-family: inherit;"><span style="color: #c00000; font-size: 13.5pt;">http://orizzonte48.blogspot.it/2014/07/lart11-cost-e-adesione-allue-cosa-dice.html</span></a><span style="font-family: inherit; font-size: 13.5pt;">).</span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.5pt;"><span style="font-family: inherit;">Evidentemente quello che viene alla luce è<b>
l’illegittimità <i>tout court</i> di un
vincolo esterno limitativo della sovranità nazionale</b>, che non trova realmente
fondamento nell’art. 11 Cost. e quindi l’impossibilità <i>ab origine</i> della sua accettazione nel corpo legislativo statuale.
Non è un caso che i Costituenti avessero negato l’accenno nel corpo
dell’articolo in questione all’unità europea: essi sentivano che non sarebbe
stato corretto dare una “patente di legittimità” a priori ad una costruzione
europea, perché, come notava lucidamente il presidente della Commissione
Costituente, On. Ruini, “<b><i>Non si può
prescindere dalla indicazione dello scopo. Vi possono essere
organizzazioni internazionali contrarie alla giustizia ed alla pace</i></b>”.<o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.5pt;"><span style="font-family: inherit;">Non è questa la sede per ulteriori
approfondimenti, ma questo spunto deve e può essere ulteriormente sviluppato,
per permettere un impianto teorico immediatamente applicativo, volto a contrastare ulteriori cessioni ed al
ripristino di quella sovranità che, in nome di ideali astrattamente
affratellanti, si sta illegittimamente cedendo, con il plauso ed il complice
accordo di pressoché tutta la nostra classe politica, avendone in cambio solo
competizione mercantilistica e conseguente ed inevitabile corsa alla
distruzione dei diritti dei singoli, in ossequio ad un ideale liberista che
coltiva la disuguaglianza e la sacralizzazione del profitto.<o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNormal">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<!-- Blogger automated replacement: "https://images-blogger-opensocial.googleusercontent.com/gadgets/proxy?url=http%3A%2F%2F1.bp.blogspot.com%2F-I2m6J2wpv9g%2FVFdgjUjbhtI%2FAAAAAAAABIY%2FYM-8kh2JClE%2Fs1600%2FCorte.jpg&container=blogger&gadget=a&rewriteMime=image%2F*" with "https://1.bp.blogspot.com/-I2m6J2wpv9g/VFdgjUjbhtI/AAAAAAAABIY/YM-8kh2JClE/s1600/Corte.jpg" -->Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-81203395719971764922014-10-23T10:46:00.000-07:002014-10-23T10:50:43.924-07:00La "polpetta avvelenata" dei trattati di libero scambio: l'ISDS<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-v-KToV9eBu0/VEk9nP3oMFI/AAAAAAAABII/9DXWqqN1OPw/s1600/fokus_demokratie_1920x1080.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-v-KToV9eBu0/VEk9nP3oMFI/AAAAAAAABII/9DXWqqN1OPw/s1600/fokus_demokratie_1920x1080.jpg" height="360" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
C'è una "polpetta avvelenata" all'interno di tutti i trattati di libero scambio, siano il NAFTA o il prossimo TTIP o siano semplici accordi bilaterali fra Stati, ed è il famigerato quanto poco conosciuto ISDS, ovvero Investor-State Dispute Settlement. Cos'è l'ISDS? E' un accordo fra i contraenti del trattato, i quali si impegnano a risolvere le controversie fra imprenditori e Stati, nate o che abbiano comunque influenza sull'applicazione dello stesso, attraverso un procedimento di tipo arbitrale, riconoscendo valore di sentenza inappellabile alla decisione presa dagli arbitri.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Mi direte, ma cosa c'è di diverso rispetto alle normali clausole arbitrali che ormai sono comuni in quasi tutti i contratti che gli operatori economici stipulano? Se una controversia viene risolta da arbitri, non è un fatto positivo, visto i tempi procedurali di un'azione giudiziaria? Non è meglio un organo <i>ad hoc</i>, snello flessibile e soprattutto <i>super partes</i>, a cui le parti affidano la controversia, considerando soprattutto che i soggetti coinvolti sono Stati e quindi ci sarebbero oggettivi problemi di imparzialità degli organi giudicanti con il pericolo di decisioni "politiche" a sfavore delle imprese di uno Stato contraente?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ed in effetti questa è la "polpetta" che ha fatto sì che gli ISDS venissero salutati positivamente dagli addetti ai lavori e dagli stessi politici dei Paesi interessati: ad esempio per il NAFTA molti funzionari e politici canadesi credettero seriamente, come riferisce Todd Weiler in "Arbitral &</div>
<div style="text-align: justify;">
Judicial Decision: The Ethyl Arbitration: First of Its Kind and a Harbinger of Things to Come"<i> </i>che le previsioni dell'ISDS inserite nel trattato sarebbero state utilizzate esclusivamente dalle imprese canadesi e nord-americane per contrastare misure arbitrarie (come nazionalizzazioni, espropriazioni o imposizione di vincoli e dazi) da parte del governo messicano. Uno "scudo" insomma, per difendere gli investitori dalla prepotenza di Nazioni poco democratiche ed aperte agli scambi. Ed invece, come riporta Ray C. Jones nel suo "NAFTA Chapter 11 Investor-to-State Dispute Resolution: A Shield to Be Embraced or a Sword to Be Feared?" "<i>Chapter 11 </i>(il capitolo del trattato che istituisce l'arbitrato)<i> has become <b>a “sword” for investors, allowing them to attack the NAFTA countries</b>, rather than the “shield” it was intended to be.</i>"(grassetto mio).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma la cosa più ironica è che, come risulta dall'esame storico dei casi affrontati attraverso questo procedimento arbitrale, la maggioranza di questi hanno coinvolto come parte chiamata a rispondere delle violazioni gli Stati Uniti ed il Canada, ovvero quegli Stati che ritenevano l'ISDS una protezione dal Messico!</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il veleno però non sta in questo, bensì nel contenuto delle azioni che questa "spada" ha legittimato e permesso.<span style="color: #cc0000;"> <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/06/il-ttip-rivelato.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Come già abbiamo visto esaminando alcuni casi di controversie</span></a>,</span><b> l'ISDS è stato un arma per contrastare legittime politiche dei Paesi aderenti contro lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali o per difendersi da azioni pericolose per la salute dei cittadini</b>. Di più: le azioni si sono rivolte anche contro decisioni di <i>policy</i> economica ed utilizzate persino<b> in via preventiva per impedire l'approvazione di norme in contrasto con gli interessi economici delle imprese</b>, stabilendo così un vero e proprio diritto al profitto, legislativamente tutelato con sanzioni,<b> diritto considerato superiore ad ogni altro diritto sociale</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Oltre agli esempi riportati nel post sopra linkato, è interessante riportare un caso esaminato da Jones nel suo articolo: Ethyl v/s Canada.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La Ethyl Corporation è una società multinazionale chimica con sede in Virginia. Essa è la principale produttrice americana di tricarbonil metilciclopentadienil manganese (MMT), usato come additivo nei carburanti per migliorare le performance dei motori. La sussidiaria canadese della Ethyl importava in Canada tale prodotto per venderlo alle raffinerie locali. Nell'aprile del 1997 il Parlamento canadese propose di bandire il MMT perché degli studi avevano dimostrano una certa evidenza di pericolo per la salute all'esposizione di tale prodotto: <b>prima che la legge venisse approvata la Ethyl sollevò la questione attraverso il Capitolo 11 del NAFTA</b>, lamentando che una tale legge avrebbe significato di fatto una "espropriazione", come definita dall'art. 1110 del trattato, se si fosse impedito di esportare il MMT in Canada senza prevedere un giusto risarcimento. Quando il Parlamento approvò tale legge la Ethyl attivò il procedimento arbitrale chiedendo un risarcimento di 251 milioni di dollari. Poiché le eccezioni procedurali sollevate dal governo canadese furono respinte e la corte arbitrale confermò la legittimità dell'azione proposta, prima ancora che i giudici entrassero nel merito della questione il Canada <b>revocò la legge approvata</b>, permettendo alla Ethyl di riprendere le sue operazioni e<b> pagò a questa a titolo di rimborso delle spese legali e risarcimento la somma di 13.000.000 di dollari.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In questo caso quindi il legittimo diritto di un Paese di difendere la salute dei propri cittadini da esposizioni a sostanze potenzialmente dannose ha ceduto il passo al diritto di fare i propri affari di una multinazionale, per evitare di pagare dei danni che avrebbero portato ad un esborso estremamente gravoso per le casse dello Stato.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Naturalmente il fatto che l'ISDS sia uno strumento di pressione e ricatto nei confronti delle politiche degli Stati deriva dal contenuto degli accordi che questi Stati hanno sottoscritto: il problema principale è che <b>i trattati di libero scambio, come quello che si vorrebbe concludere fra EU e USA, mettono sullo stesso piano politiche nazionali ed interessi privati delle imprese</b>, tolgono quella sovranità statuale che si esplica attraverso l'imposizione di regole per il bene comune, anche in contrasto con l'interesse privato del singolo. Quello che è un principio fondante delle costituzioni democratiche, ovvero il limite del bene pubblico alla libertà del privato, limite che nella nostra Costituzione si esplica attraverso l'art. 41, per cui <b>l'iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale</b>, o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, viene sostituito dal principio della<b> totale libertà dell'impresa al perseguimento del suo scopo</b>, ovvero fare profitto, dal principio della giustezza sempre e comunque dell'agire economico, che diventa un diritto assoluto e quindi sempre lecito. Di fronte a tale diritto quasi "sacralizzato", ogni altro diritto personale o sociale deve cedere il passo, o, se proprio non è possibile, lo Stato, che per compito istituzionale difende e tutela i suoi cittadini, deve comunque risarcire l'illegittima compressione, l'illecito ed interferente contrasto fra questi diritti sociali, quasi trattati con fastidio come "minori" (come quelli alla salute, alla sicurezza, alla dignità...), ed il diritto alla piena esplicazione dell'attività economica delle imprese.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo totale stravolgimento dei principi democratici sociali, in nome della facilità e sicurezza degli scambi economici, è il vero veleno che trova negli ISDS lo strumento per farsi inoculare, il mezzo con cui le imprese multinazionali trovano la piena e totale vittoria contro uno Stato che si è fatto ingolosire dalle promesse di sviluppo e crescita senza capire che quello che veniva offerto non era il benessere per tutti, ma la perdita di diritti per molti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In Europa siamo ancora in tempo ad evitare questo tranello. Facciamoci sentire e cerchiamo di informare quelli che ancora non sanno cos'è il TTIP, per non diventare sudditi delle multinazionali in un mondo alla Gibson.</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-69398349070389591542014-09-19T06:42:00.001-07:002014-09-19T08:42:44.459-07:00Lo Statuto dei lavoratori al tempo di Renzi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-dmDNGrgb5t0/VBwwqVz-8eI/AAAAAAAABFY/e1Wlsu_Fh64/s1600/statuto_lavoratori_300__.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-dmDNGrgb5t0/VBwwqVz-8eI/AAAAAAAABFY/e1Wlsu_Fh64/s1600/statuto_lavoratori_300__.jpg" height="378" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
L'art. 18 era solo l'antipasto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Preannunciato dalle dichiarazioni rilasciate ad agosto da Renzi "<i>l'articolo 18 è un totem ideologico, è giusto riscrivere lo Statuto dei lavoratori.</i>", Alfano quattro giorni fa, davanti alla Direzione Nazionale del NCD, ha scoperto le carte “<i>Noi sosteniamo fino in fondo la strada di cambiare lo Statuto dei lavoratori, dentro cui c’e’ anche l’articolo 18. Superiamo tutto lo Statuto dei lavoratori</i>”, concetto ribadito oggi "<i>Lo Statuto dei Lavoratori - ha ricordato - è stato approvato cinque mesi prima che io nascessi. Io sono nato nell'ottobre del 1970 e lo statuto dei lavoratori è stato approvato nel maggio del 1970... dal 1970 a oggi, è cambiato tutto: sono cambiate le relazioni industriali, il modo di produrre in Italia, la legislazione europea, è cambiato tutto in Italia e non è possibile mantenere le regole per quel mercato del lavoro che non è più quello di oggi</i>".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una prece per lo Statuto, quindi. Ma prima di seppellirlo facciamoci una domanda: la legge n. 300 del 20.5.1970 "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento" (tale è il suo nome ufficiale), anche alla luce delle modifiche successive attuate, si può e si deve realmente ritenere superato? La risposta corretta è: dipende.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Lo Statuto nasce sull'onda delle lotte sindacali degli anni '60, lotte che avevano cercato di contrastare l'arbitrio totale con il quale erano gestiti negli anni '50 e primi anni '60 i rapporti fra datore di lavoro ed operai, da una parte, e di imporre e tutelare la sindacalizzazione come strumento di aggregazione per la creazione di una forza capace di veicolare le istanze dei lavoratori per condizioni di lavoro migliori e più dignitose, dall'altra. Come ci ricorda la giornalista Lucrezia dell'Arti "<b>Al tempo dell’approvazione della legge (1970) nessuno faceva caso all’articolo 18</b>. L’articolo più importante sembrava il 28, «Repressione della condotta antisindacale». Poi il 2 (le guardie giurate vigilino sul patrimonio aziendale e non sul lavoro operaio), il 4 (tv a circuito interno), il 5 (medici fiscali dell’azienda sostituiti dai «servizi ispettivi degli istituti previdenziali»)" (articolo <a href="http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=4fb52deab5e55" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qui</span></a>). La CGIL all'epoca della sua promulgazione dichiarò: "<i>Con lo Statuto di oggi i diritti individuali dei lavoratori e delle lavoratrici e la piena cittadinanza del sindacato sono garantiti anche nei luoghi di lavoro. <b>La legge n. 300 porta la Costituzione dentro le fabbriche</b> ed era attesa fin dal 1952 quando il terzo Congresso Nazionale della CGIL approvava una bozza di statuto presentata del segretario Giuseppe Di Vittorio: lo “Statuto dei diritti democratici dei lavoratori nei luoghi di lavoro</i>”. A proposito di questa bozza di statuto vale la pena di leggere con attenzione ed integralmente l'articolo di Giuseppe Di Vittorio, fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del secondo dopoguerra italiano, scritto nel 1952, all'indomani della sua proposta presentata al Congresso dei Sindacati chimici:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">La proposta da me annunciata al recente Congresso dei Sindacati chimici – di precisare in uno Statuto i diritti democratici dei lavoratori all’interno delle aziende – ha suscitato un enorme interesse fra le masse lavoratrici d’ogni categoria. Il Congresso della Camera del Lavoro di Mantova, per esempio, ha chiesto che lo Statuto stesso venga esteso anche alle aziende agricole. E qui è bene precisare che la nostra proposta, quantunque miri sopratutto a risolvere la situazione intollerabile che si è determinata nella maggior parte delle fabbriche, si riferisce, naturalmente, a tutti i settori di lavoro, senza nessuna eccezione.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Le prime reazioni padronali alla nostra proposta sembrano, invece, per lo meno incomprensibili. «Il Globo», infatti – giornale notoriamente ispirato dagli ambienti industriali – pretende che io, avanzando la proposta dello Statuto, avrei dimenticato «troppe cose». Che cosa? Ecco: «che gli stabilimenti non sono proprietà pubblica ma ambienti privati di lavoro nei quali l’attività di tutti, dirigenti e imprenditori compresi, è vincolata e coordinata al fine produttivo da raggiungere»; che esistono i contratti di lavoro, «nei quali sono previsti i doveri e i diritti dei lavoratori nell’ambito del rapporto contrattuale»; che esistono le Commissioni interne, ecc. ecc. è giusto. Tutte le cose che ricorda «Il Globo» esistono; e nessuno lo ignora.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Il giornale degli industriali, però, dimentica un’altra cosa, che pure esiste: è la Costituzione della Repubblica, la quale garantisce a tutti i cittadini, lavoratori compresi, una serie di diritti che nessun padrone ha il potere di sopprimere o di sospendere, nei confronti di lavoratori. Non c’è e non ci può essere nessuna legge la quale stabilisca che i diritti democratici garantiti dalla Costituzione siano validi per i lavoratori soltanto fuori dall’azienda. È vero che le fabbriche sono di proprietà privata (non è qui il caso di discutere questo concetto), ma non per questo i lavoratori divengono anch’essi proprietà privata del padrone all’interno dell’azienda. Il lavoratore, anche sul luogo del lavoro, non diventa una cosa, una macchina acquistata o affittata dal padrone, e di cui questo possa disporre a proprio compiacimento.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Anche sul luogo del lavoro, l’operaio conserva intatta la sua dignità umana, con tutti i diritti acquisiti dai cittadini della Repubblica italiana. Se i datori di lavoro avessero tenuto nel dovuto conto questa realtà, chiara e irrevocabile – e agissero in conseguenza – la necessità della mia proposta non sarebbe sorta; non avrebbe dovuto sorgere.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Il fatto è, invece, che numerosi padroni si comportano nei confronti dei propri dipendenti come se la Costituzione non esistesse. Si direbbe che la parte più retriva e reazionaria del padronato (la quale non ha mai approvato la Costituzione, ma l’ha subita, a suo tempo, solo per timore del «peggio»), mentre trama per sopprimerla, l’abolisce, intanto, all’interno delle aziende.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">L’opinione pubblica ignora, forse, che in numerose fabbriche s’è istaurato un regime d’intimidazione e di terrore di tipo fascista che umilia e offende i lavoratori. I padroni e i loro agenti sono giunti al punto d’impedire ai lavoratori di leggere il giornale di propria scelta e di esprimere una propria opinione ai compagni di lavoro, nelle ore di riposo, sotto pena di licenziamento in tronco. Si è giunti ad impedire ai collettori sindacali di raccogliere i contributi o distribuire le tessere sindacali, durante il pasto o prima e dopo l’orario di lavoro.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Se durante la sospensione del lavoro, l’operaio legge un giornale non gradito al padrone, o l’offre a un collega, rischia di essere licenziato. Si è osato licenziare in tronco un membro di Commissione Interna perché durante la colazione aveva fatto una comunicazione alle maestranze. Si pretende persino che la Commissione Interna sottoponga alla censura preventiva del padrone il testo delle comunicazioni da fare ai lavoratori. Peggio ancora: si è giunti all’infamia di perquisire gli operai all’entrata della fabbrica, per assicurarsi che non portino giornali o altri stampati invisi al padrone.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Tutto questo è intollerabile. E tutto questo non è fatto a caso, né per semplice cattiveria. Tutto questo è fatto per calcolo; è fatto per affermare e ribadire a ogni istante, in ogni modo, l’assolutismo padronale onde piegare il lavoratore a uno sforzo sempre più intenso, a un ritmo di lavoro sempre più infernale, alla fatica più massacrante, sotto la minaccia costante del licenziamento. E tutti sono in grado di misurare la gravità di questa minaccia, in un Paese di disoccupazione vasta e pertinente come il nostro.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">È un fatto che l’instaurazione di questo assolutismo padronale nelle fabbriche è accompagnata da un aumento crescente del ritmo del lavoro. Il supersfruttamento dei lavoratori è giunto a un tale punto da determinare un aumento impressionante degli infortuni sul lavoro (anche mortali) e delle malattie professionali, come abbiamo ripetutamente documentato. Soltanto nelle aziende della Montecatini abbiamo avuto 35 morti per infortuni in un anno! Questa situazione non è tollerabile. Bisogna ripristinare i diritti democratici dei lavoratori all’interno delle aziende e porre un limite a queste forme micidiali di supersfruttamento.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Intendiamoci bene: noi non siamo contro la necessaria disciplina in ogni lavoro; ma deve trattarsi della disciplina normale, umana. Non contestiamo affatto che il lavoratore, durante le ore di lavoro, abbia lo stretto dovere di adempiere al suo compito professionale. E noi sappiamo bene che la generalità dei lavoratori concepisce l’adempimento scrupoloso del proprio dovere come primo fondamento della propria dignità professionale.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Ma fuori delle ore di lavoro durante il pasto, prima dell’inizio del lavoro e dopo la cessazione, i lavoratori sono, anche all’interno dell’azienda, liberi cittadini, in possesso di tutti i diritti garantiti agli altri cittadini, per cui hanno l’incontestabile diritto di parlare, di esprimere liberamente le loro opinioni, di distribuire le tessere della propria organizzazione, di collettare i contributi sindacali, ecc. ecc., così come hanno il diritto di farlo fuori della fabbrica. Il «vincolo contrattuale» con l’azienda – di cui parla «Il Globo» – è un vincolo di lavoro, non di coscienza. Ottenuto il lavoro dovuto dall’operaio, il padrone non deve pretendere null’altro.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">Naturalmente, le minacce e gli abusi di cui sono vittime quotidianamente numerosi lavoratori, danno spesso luogo a proteste collettive, ad agitazioni, a scioperi. Se si continuasse ad andare avanti nel senso deplorato, queste agitazioni sarebbero destinate a moltiplicarsi e a generalizzarsi, dato che la situazione è giunta al punto estremo della sopportabilità. Dalle fabbriche e da altri luoghi di lavoro si leva una protesta unanime, accorata, come sorgente da un bisogno di respirare, di sentirsi liberi, anche all’interno delle aziende.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, 'Times New Roman', serif;">La nostra proposta tende a risolvere la questione in modo pacifico e normale, mediante l’adozione d’uno Statuto che, ribadendo i diritti imprescrittibili dei lavoratori, non dia luogo né agli abusi lamentati, né alle agitazioni che ne conseguono. E poiché si tratta d’un interesse vitale e generale di tutti i lavoratori, senza distinzioni di correnti, riteniamo perfettamente possibile un accordo con le altre organizzazioni sindacali, sia nella formulazione dello Statuto che propugniamo, sia nell’azione da svolgere per ottenerne l’adozione.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Questo era il segretario della CGIL all'epoca...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ora è possibile chiarire la risposta data alla nostra domanda: <b>lo Statuto dei lavoratori può ritenersi superato ed obsoleto solo ed in quanto sia ritenuta superata ed obsoleta la nostra Costituzione e la sua visione del lavoro</b>, <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/09/minijob-e-costituzione.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">già esaminata quando abbiamo affrontato il tema dei minijob</span></a>. Nell'ottica attuale di rivincita del liberismo economico e sociale è evidente che una legge che limita il potere del datore di lavoro di gestire all'interno della propria azienda i lavoratori ed i loro diritti come meglio gli aggrada, spostandoli, demanzionandoli, eliminando ferie e permessi o spezzettando il lavoro in orari incompatibili con una vita privata del dipendente (tutti fenomeni ben presenti a chi attualmente svolge un'attività subordinata, sia temporanea che a tempo indeterminato) è vista come un intollerabile ostacolo all'organizzazione interna, esattamente come lo vedevano allora i datori di lavoro degli anni 50/60. Ciò non toglie e non deve far dimenticare che, fino a prova contraria o fino a che non sarà smantellata nei suoi principi fondanti, <b>la Costituzione e la sua previsione di un lavoro dignitoso e dignitosamente pagato, che permetta l'esplicazione della personalità del lavoratore, sia dentro che fuori dall'ambiente di lavoro, e la sua partecipazione alla vita sociale, economica e politica della Nazione, prevale e deve prevalere su ogni tentativo di trasformare il lavoratore in una "merce lavoro" liberamente prezzabile ed utilizzabile</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sembra di oggi il monito che lanciò Donat Cattin alla Camera dei Deputati il 14.5.70: "<i>La più perfetta Costituzione ha valore nella misura in cui vi sia un costume civile democratico e in cui vi siano forze capaci di dare ad essa concreta attuazione in tutti i suoi contenuti democratici. Quando invece si modificano i rapporti di forza, le tendenze e il costume democratico, anche la più perfetta Costituzione può finire col rimanere svuotata e inapplicata.</i>"</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Diversamente di quel che pensa Alfano, quindi, lo Statuto dei lavoratori è vivo e deve rimanere tale, quanto più si fanno pressanti, in nome dell'emergenza occupazionale ed economica, le spinte a smantellare i diritti acquisiti, perché "non ce li possiamo più permettere", in quanto espressione ed applicazione nell'ambiente di lavoro delle norme costituzionali fondamentali. D'altronde, come ha dimostrato nel suo articolo "<a href="http://escoriallaan.blogspot.co.uk/2014/09/stop-structural-reforms-start-public_16.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Stop structural reforms, start public investments</span></a>" De Grauwe, la favola che la colpa del mancato recupero economico post crisi sia da addebitare alla rigidità strutturale dei Paesi colpiti (e quindi bisogna intervenire sul mercato del lavoro, flessibilizzandolo, permettendo l'espulsione libera del lavoratore, ecc.) non regge all'esame dei dati <b>ed è quindi solo una scusa per fare le riforme che vuole la politica legata alla finanza ed un certo tipo di imprenditoria</b>. Se ci liberassimo da ricette economiche errate e controproducenti non ci sarebbe alcun bisogno di colpire diritti e welfare dei cittadini.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma questo è esattamente il punto...</div>
Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-1684173049533278882014-09-07T03:34:00.000-07:002014-09-07T03:46:12.497-07:00Minijob e Costituzione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-Wn3BNDT3wv8/VAwyf0WHgXI/AAAAAAAABFE/y8zoveJpx7U/s1600/dadi%2BMinijob.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-Wn3BNDT3wv8/VAwyf0WHgXI/AAAAAAAABFE/y8zoveJpx7U/s1600/dadi%2BMinijob.jpg" height="427" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
Si torna a parlare di minijob. Se ricordate, ne abbiamo accennato<a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2013/07/le-pillole-rosse-5-pillola-biondi-belli.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;"> quando abbiamo visto le ragioni della concorrenzialità della Germania dopo il 2002</span></a> e, se ne volete un consuntivo da parte di chi li ha applicati, <a href="http://vocidallagermania.blogspot.it/2013/06/the-dark-side-of-boom.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">questo articolo</span></a> su Voci dalla Germania ne mostra luci ed ombre. Da ultimo l'ottimo blog Kappa Di Picche ha <a href="http://kappadipicche.com/2014/09/01/facciamo-come-la-germania/" style="color: #cc0000;" target="_blank">esaminato come funzionano</a>.<br />
<br />
Quello che a me interessa approfondire è il rapporto fra questo modello di lavoro e i concetto di lavoro che vige nella nostra Costituzione, per vedere se i sistemi sono compatibili. Intanto poniamoci una domanda: tutti sappiamo che l'art. 1 definisce l'Italia come una Nazione fondata sul lavoro, ma, in concreto, cosa significa questo essere fondati sul lavoro?<br />
<br />
L'art. 1 è la norma che da, non solo una definizione del nostro Paese, ma diciamo la cornice entro la quale esso si definisce e caratterizza; l'Italia come Nazione, ovvero come una comunità che si riconosce in un sistema sociale ed in un territorio, è tale in quanto è una Repubblica ed è retta da un sistema democratico ove il popolo è sovrano, quindi si autodetermina nei limiti e con le forme previste dalla Costituzione. Se mancasse uno di questi elementi mancherebbe la Nazione stessa. Fate attenzione: quanto detto <b>basterebbe già a definire uno Stato</b>, vi sono tutti gli elementi caratterizzanti, ma la norma va oltre, definisce anche il principio fondante di questa comunità e, fra tutti i principi (libertà, uguaglianza, giustizia, pace, ecc.) indica il lavoro, facendolo diventare così un ulteriore elemento indispensabile alla definizione di Italia come Nazione.<br />
<br />
Questo non è di poco conto: siccome il lavoro è un espressione della personalità dell'individuo, la nostra Costituzione ci dice che l'Italia considera questa espressione come la più alta in assoluto. Il lavoro è quindi la più elevata e nobile espressione della persona, con il lavoro l'uomo afferma la sua dignità di cittadino e quindi crea insieme agli altri la Nazione che si chiama Italia. La nostra Costituzione conseguentemente non ama gli sfaticati, quelli che possono, ma non lavorano: il lavoro è un dovere, oltre che un diritto, ce lo dice l'art. 4, perché appunto la crescita della comunità, la sua prosperità economica e morale deriva dall'apporto lavorativo, ciascuno secondo le sue capacità, del singolo individuo, lavoro che può essere fisico o mentale, materiale o spirituale o artistico, ma che deve concorrere al progresso della società.<br />
<br />
Cosa comportano queste affermazioni? Evidentemente che il lavoro è un valore che deve essere salvaguardato, che deve avere dignità e che rientra fra i compiti dello Stato garantirlo e far si che sia effettivo, in quanto diritto supremo del cittadino. Come vedete dalla collocazione del lavoro nell'art 1 possiamo già dedurre quello che sarà poi effettivamente esplicitato negli artt. 3, 4, 35, 36, 37, 38, 39 e 46 della Costituzione: se andate a leggerli (tutti dovrebbero leggere e rileggere la nostra Carta, così poco conosciuta...) vi troverete quanto abbiamo finora detto ed altre necessarie conseguenze, come la tutela previdenziale, sindacale ed il diritto a partecipare alla gestione delle aziende.<br />
<br />
Uno di questi articoli, il 36, merita un'attenzione particolare. Vediamo cosa dice:<br />
<br />
<h3 align="CENTER">
<span style="color: #444444;">
Articolo 36</span></h3>
<div align="JUSTIFY" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; font-size: medium; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: auto; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px;">
<span style="color: #444444; font-family: inherit;"><a href="https://www.blogger.com/null" name="BM1"></a>Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.</span></div>
<div align="JUSTIFY">
<span style="color: #444444; font-family: inherit;"><a href="https://www.blogger.com/null" name="BM2"></a>La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.</span></div>
<span style="color: #444444; font-family: inherit;">Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.</span><br />
<div align="JUSTIFY">
<br />
La norma è chiara e, come detto, è l'esplicazione del principio della concezione "alta" del lavoro: la retribuzione, pur parametrata all'attività svolta, deve <b>in ogni caso </b>permettere al lavoratore di non essere schiavo del bisogno (questo è il senso del concetto di libertà) e di esistere dignitosamente, che è cosa ben diversa dal mero sopravvivere.<br />
<br />
In questo quadro quindi come si pongono e soprattutto che compatibilità hanno i minijob? Vediamo qualche dato, tratto da uno studio spagnolo:<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-Ze6V37aDQO8/VAtAYqfEtyI/AAAAAAAABE0/vGtRI4WVHAw/s1600/Minijob.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-Ze6V37aDQO8/VAtAYqfEtyI/AAAAAAAABE0/vGtRI4WVHAw/s1600/Minijob.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte http://blogs.publico.es</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div align="JUSTIFY">
I minijob come si vede sono massicciamente utilizzati in alcuni settori dei servizi e dei lavori più semplici, a bassa specializzazione: il dato non irrisorio di occupati nell'industria di trasformazione (596.769, dato a luglio 2013) conferma quel dumping salariale che è alla base del boom delle esportazioni che ha fondato il "miracolo" economico tedesco e che è stato messo in luce da un'inchiesta del settimanale Die Zeit, di cui trovate la traduzione <a href="http://vocidallagermania.blogspot.it/2013/12/mi-cuggino-allabbiemmevvu-prima-parte.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qui</span></a> e <a href="http://vocidallagermania.blogspot.it/2013/12/mi-cuggino-allabbiemmevvu-parte-seconda.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">qui</span></a>. Il dato più significativo è però quello della terza tabella relativa alla durata media dei contratti minijob, contratti che ricordo nascono con l'intento di fornire un'attività lavorativa temporanea a studenti, casalinghe o altri soggetti che non vogliono un'attività a tempo pieno, ma un aiuto economico per integrare i loro redditi: quasi il <b>12%</b> dei minijobbers impiegati nel settore imprenditoriale (esclusi quindi colf e lavoratori comunque domestici) hanno un contratto che dura da <b>almeno sette anni </b>e complessivamente sono il <b>32%</b> i lavoratori che da <b>almeno quattro anni</b> lavorano con questo tipo di contratto.<br />
<br />
Secondo Francisco Trillo, professore di Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale all’Università di Castilla-La Mancha, più di 4,5 mln. di donne lavorano con contratti del genere e di queste <b>più di 3 mln. non hanno altra fonte di reddito</b>: inoltre sempre le donne sono impiegate in una percentuale tra il 70 e l'80% nella fascia di lavori di bassissima qualità.<br />
<br />
Infine riguardo alla previdenza, stando a un rapporto del Ministero del Lavoro tedesco, le contribuzioni per gli impiegati dei minijob daranno loro diritto solo a <b>3,11 euro di pensione al mese per ogni anno di lavoro</b>: calcolando un lavoratore che non avesse altra fonte di reddito per 37 anni lavorativi alla fine si ritroverebbe con una pensione mensile di <b>115,7 euro!</b><br />
<b><br /></b>
Se quindi consideriamo come in pratica sono stati applicati in Germania non possiamo che rispondere alla domanda che ci siamo posti in questi termini: <b>i minijob sono in insanabile contrasto con il dettato costituzionale</b>. Essi sono l'espressione coerente del principio liberista della perfetta flessibilità del salario in basso ed il loro uso è coerente con l'idea del lavoro come merce, antitetico alla visione "keynesiana" del lavoro nella Carta.<br />
<br />
Il primo articolo violato è evidentemente proprio l'art. 36: una retribuzione media di 450 euro per una attività lavorativa che nella pratica viene utilizzata per sostituire un contratto regolare (dall'introduzione dei minijob sono stati eliminati 340.000 posti di lavoro stabili), pur con gli aiuti statali a sostegno, non può essere considerata una retribuzione dignitosa; conseguentemente all'impossibilità di un tenore di vita, se non di mero sostentamento, viene violata anche la norma dell'art. 29 e dell'art. 31 che prevedono il dovere dello Stato di garantire ed agevolare la formazione della famiglia, intesa come nucleo originale sociale.<br />
<br />
Altro articolo in contrasto è l'art. 38 che garantisce la previdenza, visto che alcuni minijob, quelli più bassi, non prevedono alcun tipo di tutela per malattia, ed il diritto alla pensione, che, come abbiamo visto, è praticamente inesistente.<br />
<br />
Anche l'art. 37 che tutela il lavoro femminile e con esso il diritto della lavoratrice alla propria maternità, è incompatibile con l'applicazione di questi contratti, che non prevedono la maternità e soprattutto che relegano le donne ad un'attività lavorativa di bassissima qualità, creando dei veri e propri "ghetti" mansionali, in dispregio del principio sancito della parità di trattamento con l'uomo.<br />
<br />
Perseguire quindi una "piena occupazione" attraverso il minijob è non solo un'ipocrisia sociale, poiché si fa finta di risolvere un problema occupazionale gonfiando a dismisura la precarietà, ma e soprattutto una chiara violazione del principio costituzionalmente garantito della dignità del lavoro, come mezzo supremo di esplicazione dell'uomo e come strumento per godere pienamente di tutti gli altri diritti, ovvero quella libertà di partecipare alla vita sociale, politica, culturale e d economica del paese, sancito dall'art. 3.<br />
<br />
Il nostro Governo ed il nostro Parlamento dovranno valutare bene quindi in che misura e con quale grado di tutele dovranno eventualmente essere integrati nel nostro ordinamento: il rischio di una pronuncia di incostituzionalità che travolga tutto il sistema, soprattutto se si dovesse prendere acriticamente il "modello" tedesco, non può essere ignorato, neppure in nome della produttività.</div>
<br />Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-4752807058466247816.post-37600731726495984922014-08-13T04:53:00.001-07:002014-08-13T05:54:58.774-07:00Chi ha paura dell'art. 18? Parte seconda.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-RTM6NdARbSc/U-igLDLariI/AAAAAAAABDo/zV3dKk-SNYQ/s1600/o.138606.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-RTM6NdARbSc/U-igLDLariI/AAAAAAAABDo/zV3dKk-SNYQ/s1600/o.138606.jpeg" height="376" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Allora, le domande con cui <a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/08/chi-ha-paura-dellart-18-parte-prima.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">ci siamo lasciati</span></a> erano: è l'art. 18 Statuto dei lavoratori la zeppa che impedisce al meccanismo produttivo di funzionare? A chi da realmente fastidio l'art. 18?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Rispondere alla prima domanda parrebbe intuitivo se si è letta la prima parte: una norma che tutela pienamente il posto di lavoro (perché <b>solo la reintegra lo tutela pienamente</b>, è bene averlo ben chiaro in testa, specie in tempi in cui non è facile trovare un altro impiego)<b> esclusivamente per i licenziamenti palesemente discriminatori</b> (sì, si applica anche ai licenziamenti nei quali la causa addotta è<b> totalmente inesistente</b> o per la quale il CCNL non prevede il licenziamento, ma fidatevi, non esistono casi del genere in pratica...), quindi penalizza solo l'arbitrio puro del datore di lavoro, non può in alcun modo essere considerato un ostacolo alle assunzioni o in generale all'attività produttiva. Chiunque dica il contrario, o non sa di cosa parla (vero Alfano?), o è rimasto alla formulazione originaria dell'art. 18, oltretutto nell'interpretazione anni '70/'80 data dalla giurisprudenza. E allora perché salta fuori adesso il dibattito su questo articolo?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La ragione a mio avviso è duplice.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La prima è che la politica italiana si dibatte negli ultimi anni nella difficoltà di conciliare i vincoli fiscali imposti dall'Europa con la necessità di stimolare la crescita; l'appoggio dato a Monti da parte della quasi totalità della destra e della sinistra al momento del suo insediamento si spiega con la genuina speranza che egli potesse realmente mettere mano nella nostra disastrata economia in crisi e risanare il bilancio statale, ponendo le basi per una crescita del Paese, confidando nelle sue ricette, dure ma necessarie. Con Monti però si è implementato ancor di più un pensiero economico liberista che, si può dire schematicamente, pensa ed agisce solo dal lato dell'offerta, per il quale la competitività perduta è causata dal nanismo delle imprese e dal conseguente mancato o insufficiente investimento in ricerca ed innovazione, dalla tassazione eccessiva sul lavoro e la produzione, oltre che dalla rigidità del mercato del lavoro, in entrata ed in uscita e dal suo costo. Lo Stato nulla può fare, ed anzi deve intervenire il meno possibile attivamente, concentrandosi sul risanamento dei propri conti, attraverso tagli di spesa e temporanei aumenti di tasse, che dovrebbero portare in un secondo tempo a risparmi di spesa per interessi e quindi a meno tasse e sviluppo: la c.d. "austerità espansiva".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il risultato è sotto gli occhi di tutti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ormai però il mantra "più flessibilità" è entrato nell'immaginario sociale e politico e, dato che la flessibilizzazione in entrata ormai consolidata non ha portato ai risultati sperati (<a href="http://democraziaesovranita.blogspot.it/2014/08/chi-ha-paura-dellart-18-parte-prima.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">come abbiamo visto</span></a> appena la crisi si è fatta sentire la disoccupazione, soprattutto giovanile, si è impennata, in barba ai contratti di apprendistato, a tempo o a progetto) adesso ci si rivolge a quella in uscita, scaricando sulla supposta rigidità a licenziare la colpa delle mancate assunzioni. Questo per chi è in buona fede.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L'altra ragione è più sottile ed implica una consapevolezza unita al perseguimento di uno scopo preciso: la flessibilità estrema in uscita non interessa il nostro sistema produttivo, fatto in stragrande maggioranza da piccole e medie imprese, ma importa e molto alle grandi imprese e multinazionali estere, che intendono investire in Italia. Vediamo perché.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Le PMI sono caratterizzate dall'utilizzo di un numero limitato di lavoratori: ecco la situazione nel 2012</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-OEOzXTp_izE/U-s3hNMxhMI/AAAAAAAABD0/4ENGBwkquCg/s1600/Unioncamere-lavoro-2012-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-OEOzXTp_izE/U-s3hNMxhMI/AAAAAAAABD0/4ENGBwkquCg/s1600/Unioncamere-lavoro-2012-1.jpg" height="500" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Oltre il 50% delle imprese italiane ha un numero di dipendenti fra 1 e 49 ed il 71% è classificabile come PMI secondo i parametri europei, che prevedono un limite di 249 addetti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La caratteristica dei lavoratori delle PMI è che essi sono un vero valore aggiunto, trattandosi in grande maggioranza di c.d. <i>skilled workers</i>, ovvero lavoratori specializzati che sono stati formati all'interno dell'azienda, spesso acquisendo il<i> know how</i> produttivo che la caratterizza, molte volte considerabili quasi degli artigiani per la loro maestria. Questi lavoratori sono un patrimonio per l'imprenditore, che ha speso anni di tempo e fatica per plasmarli e che pertanto non ha alcun interesse a mandar via o sostituire, a meno che non ne sia costretto. Alla PMI pertanto non interessa affatto l'art. 18, neanche quando esso tutelava contro il licenziamento motivato astrattamente da ragioni meramente economiche. L'operaio di una piccola impresa è parte di una "famiglia produttiva" e spesso lo stesso datore di lavoro ne condivide gli orari e la fatica, ne conosce vita e problemi e preferisce dar fondo a tutte le sue risorse economiche piuttosto che mettere sulla strada i propri dipendenti e se non riesce, come purtroppo è successo e succede, si sente talmente in colpa che può arrivare a gesti estremi di disperazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A rigore, neanche la flessibilità in entrata interessa il piccolo/medio imprenditore: quando un lavoratore ha acquisito le conoscenze e l'esperienza produttiva il datore di lavoro ha tutto l'interesse a trattenerlo, sia perché c'è voluto, come detto, tempo e fatica per renderlo pienamente produttivo e se fosse a termine si perderebbe quella produttività, sia perché, avendo acquisito i "segreti produttivi" che caratterizzano spesso il successo di un'azienda, lasciarlo andar via significherebbe rischiare che tali segreti siano utilizzati in proprio o peggio acquisiti da un concorrente.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Neanche l'idea che l'art. 18 impedisca alle PMI di crescere, per paura di superare il limite di applicazione della norma, che ricordiamolo è di 15 dipendenti, ha alcuna base concreta: ecco due grafici tratti da uno studio del sito lavoce.info, con dati fino al 1998, ma che si possono considerare tutt'ora attendibili, estremamente illuminanti:</div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-dmtDpX5kE_4/U-tCEkGHlII/AAAAAAAABEE/XwFOMWbpb6M/s1600/PMI%2BLa%2BVoce.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-dmtDpX5kE_4/U-tCEkGHlII/AAAAAAAABEE/XwFOMWbpb6M/s1600/PMI%2BLa%2BVoce.jpg" height="442" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: La Voce 2012</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-nMZZSXWVNZY/U-tCGxL0dyI/AAAAAAAABEM/VwrqDmGBh34/s1600/PMI%2BLa%2BVoce-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-nMZZSXWVNZY/U-tCGxL0dyI/AAAAAAAABEM/VwrqDmGBh34/s1600/PMI%2BLa%2BVoce-2.jpg" height="474" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte La Voce 2012</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
Il primo mostra la distribuzione delle imprese secondo il numero degli addetti, il secondo la propensione a crescere delle imprese, man mano che raggiungono un certo numero di dipendenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come nota il sito economico nell'<a href="http://www.lavoce.info/articolo-18-tra-tabu-ed-efficienza/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">articolo che correda lo studio</span></a>, se l'art. 18 fosse un deterrente a crescere vi sarebbe un ammasso di imprese che si situano poco sotto il tasso soglia di 15 dipendenti e si avrebbe una forte riluttanza a crescere: nel primo grafico la distribuzione a decrescere appare invece omogenea, senza scalini particolari, mentre nel secondo grafico uno scalino c'è, ma è piuttosto irrisorio (la propensione passa dal 35% al 34%), ed è influenzato anche dal fatto che<b> è lo stesso limite dimensionale sopra il quale scatta l'obbligo di assunzione di un disabile</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Assodato che l'art. 18 ha un'influenza pressoché nulla sulle decisioni strategiche delle PMI e che l'interesse di queste a licenziare liberamente i propri dipendenti è estremamente basso, vediamo chi può invece averne maggior interesse, ovvero la grande impresa. Questa è caratterizzata dall'utilizzo in maggioranza di lavoratori "<i>no skilled</i>", in quanto inseriti in processi produttivi standardizzati nel quale l'operaio cura un limitato settore e viene impiegato per mansioni ripetitive o comunque di difficoltà relativa. Anche nei settori di servizi e distribuzione il dipendente è chiamato semplicemente ad imparare pochi concetti: l'utilizzo di certi tasti o procedure del software in uso nell'ambito dei servizi (banche, assicurazioni, servizi postali) o di semplici operazioni di collocamento e controllo merce (supermercati ed altri punti vendita "fai da te"). Nessuno di questi lavoratori acquisisce particolari competenze e <i>know how</i> aziendali, niente che un breve tirocinio non possa riformare in capo ad un nuovo assunto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In questo tipo di impresa però la possibilità di ristrutturare, chiudere e spostare interi complessi è fondamentale per rispondere a crisi e difficoltà economiche locali, oltre a permettere un controllo maggiore sulla propria forza lavoro, tenuta costantemente sotto pressione dal rischio di perdere il posto di lavoro e quindi, come diceva Kalecki, "tenuta in riga". Una norma quindi, per quanto depotenziata, che astrattamente può inceppare questo meccanismo, anche solo per l'incertezza dell'esito di una causa e per la lunghezza di essa (così si spiega l'interesse espresso più volte dalle società estere di avere una giustizia più rapida per investire maggiormente nel nostro Paese, anelito del tutto condivisibile, ma che, provenendo da multinazionali, mi suona sempre un po' sinistro...) è un ostacolo intollerabile e va quindi rimosso. Siccome in questo momento, per le ragioni che ben sappiamo, l'Italia è un paese in svendita e si avvia ad essere semplicemente un luogo dove avvengono le trasformazioni di materie prime e le lavorazioni intermedie, a beneficio delle produzioni estere, che stanno acquisendo buona parte del nostro tessuto produttivo, con <a href="http://www.repubblica.it/economia/2014/08/12/news/l_italia_piace_agli_stranieri_oltre_la_met_di_fusioni_acquisizioni_arrivano_dall_estero-93637959/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">il plauso di certa stampa</span></a> ed <a href="http://www.nanopress.it/economia/2014/07/11/made-in-italy-addio-tutte-le-aziende-italiane-vendute-all-estero/3549/" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">una certa preoccupazione di altra</span></a>, ecco che il dibattito su quello che rimane dell'art. 18 si fa di nuovo attuale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Così ha trovato risposta anche il nostro secondo quesito e forse adesso vediamo con più chiarezza il quadro di insieme.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se volete invitare Alfano o Sacconi o, perché no, Renzi a dare un occhiata a questo post, prima di lanciarsi in battaglie che hanno impatto zero sull'economia italiana, almeno finché rimane tale, avrete tutta la mia sincera gratitudine. Ma che accettino l'invito ci conto poco.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Luigi Pecchiolihttp://www.blogger.com/profile/09891161582160282049noreply@blogger.com1