Ci avviciniamo alla fine dell’anno (la fine del mondo a quanto pare è stata scongiurata) ed è arrivato il momento di fare i bilanci. Il 2012 è stato un anno pesante da molti punti di vista: sociale, economico, politico, culturale.
L’anno di governo concesso ai tecnici è stato caratterizzato da un inaridimento culturale che ha pochi precedenti nella storia della nostra Repubblica: questo infausto periodo verrà infatti ricordato come l’anno dello spread, ovvero l’anno in cui la grande finanza internazionale per tramite del suo portavoce Mario Monti ha fatto il suo ingresso trionfale sulla scena politica italiana per ribadire il suo ormai trentennale primato rispetto a tutti gli altri valori che dovrebbero caratterizzare la vita di questa Repubblica.
La coesione sociale innanzitutto, la solidarietà civile e il lavoro, che mai come in quest’anno è stato massacrato, umiliato e relegato al ruolo di rincalzo di interessi privati e spesso stranieri: la disoccupazione deve essere tollerata per tranquillizzare i mercati sulla nostra intenzione a tenere bassi i salari, la flessibilità deve essere aumentata e la contrattazione sindacale ridotta ai minimi termini per invogliare i mercati ad investire in Italia, i licenziamenti devono essere più facili per attirare i capitali dall’estero e il nostro patrimonio aziendale, pubblico e umano deve essere svenduto agli investitori stranieri per consentire a loro di fare profitti e a noi di diventare pura merce di scambio. E difatti mai come in quest’anno gli investitori e gli speculatori esteri hanno esultato per l’operato di un nostro governo. Ed è ovvio che da tutte le testate giornalistiche e sedi istituzionali estere si siano levati cori di giubilo prima e appelli accorati adesso affinché Monti e la sua banda di mercenari continuino nella loro "rigorosa e sobria" opera di spoliazione dell’Italia.
Tuttavia l’evento che più mi ha colpito in questi ultimi giorni è un altro. E’ singolare infatti che proprio alla conclusione di questo anno terribile per l’Italia uno dei giullari del regime infame che da tempo ci tiene sotto scacco, Roberto Benigni, sia stato chiamato in causa per magnificare i valori contenuti nella nostra Costituzione; cercando quasi di nascondere e occultare goffamente con la forza delle suggestioni e dello slancio emotivo le modalità criminali in cui la nostra pregevolissima Carta Universale dei Diritti Umani è stata ormai vilipesa e ridotta a pura carta straccia dagli eurocrati suoi committenti. Ma di cosa si è trattato? Di una burla? Di una beffarda provocazione? Di un palese raggiro? Si sa che i giullari lavorano al servizio dei regnanti di turno (in questo caso il committente principale è stato re Giorgio Napolitano), ma c’è sempre un limite alla decenza. Vi sarete sicuramente accorti che tutto il mellifluo panegirico del giullare di corte pagato a peso d’oro ruotava intorno ad un imbarazzante controsenso induttivo: il fondamento della nostra
Costituzione è il lavoro, la gabbia dell’eurozona in cui ci siamo incastrati non permette di attuare politiche economiche a difesa e tutela del lavoro, quindi la nostra Costituzione non ha più un fondamento, non serve più a niente, tranne che ad essere sbeffeggiata ed esposta al pubblico ludibrio dal primo deficiente che viene pagato per farlo. Ma c’è un altro particolare che rende raccapricciante l’intera messa in scena.Molti di voi si saranno accorti dell’enfasi con cui il giullare toscano ha concluso in bellezza l’intera carrellata con l’articolo 11 della Costituzione, che effettivamente è uno dei più belli e grandiosi della nostra carta dei diritti e dei doveri: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Benigni, da buon camerata piddino, ha dedotto che la conseguenza immediata di questo articolo sia l’adesione all’Unione Europea e in particolare l’introduzione della moneta unica euro, proponendola come necessario strumento di pace nel nostro continente. Vi risulta che nel passato una qualsiasi guerra sia stata fatta a causa di una moneta? Potreste citarmi un caso che sia uno in cui un re, un imperatore, un dittatore ha mosso guerra ad un altro paese perché adoperava una moneta diversa dalla sua? Non erano forse le ricchezze reali dei paesi conquistati i veri obiettivi dei belligeranti? Dal dopoguerra ad oggi avete mai sentito parlare di avvisaglie di guerra fra gli Stati Uniti e il Canada? Non mi pare. Eppure, secondo il camerata piddino, avendo queste due nazioni monete diverse, dovrebbero essere sempre ai ferri corti e sul piede di guerra. Ovviamente non è così, perché fra Stati Uniti e Canada esiste un preciso “ordinamento” sovranazionale e commerciale, che prescinde dalle monete che utilizzano i due paesi. Gli accordi sono basati su regole puntuali di reciproca convenienza e cooperazione, per facilitare gli scambi e i commerci, mentre la moneta come si sa è un semplice strumento di contabilità e di pagamento che serve a misurare, regolare e bilanciare le quantità di merci scambiate. La Moneta da sola non potrà mai sostituirsi ad un Ordinamento giuridico come quello previsto da una Costituzione, e allo stesso tempo è altamente immorale ed ingiusto che una Costituzione venga limitata e depotenziata a causa dell’adozione di una moneta unica.
Lo stesso discorso può essere fatto nei confronti dei trattati sovranazionali da noi stipulati dell’Unione Europea, che essendo di carattere mercantile e commerciale, non possono in alcun caso essere confusi con l’“ordinamento” giuridico di diritti e di doveri che è alla base della vita democratica di un popolo. Anche se in effetti i trattati europei contengono norme di collaborazione e cooperazione volte al benessere dei cittadini (come ad esempio la piena occupazione), questi ultimi sono stati però "stranamente" ignorati perché in Europa hanno sempre prevalso gli atteggiamenti competitivi ed aggressivi dei paesi economicamente più forti (la Germania innanzitutto). Noi, in quanto popolo italiano, abbiamo saggiamente o meno, consapevolmente o meno, stipulato degli accordi commerciali con gli altri paesi europei aderendo all’Unione Europea, per facilitare certe pratiche burocratiche ed evitare a monte qualsiasi diatriba o ritorsione di carattere puramente ostruzionistico, protezionistico o finanziario. Tuttavia la pacifica convivenza tra i popoli non è né garantita né promossa da questi trattati, che a volte risultano invece motivo di scontro diplomatico (vedi il brusco rifiuto del Fiscal Compact della Gran Bretagna), ma dalle rispettive Costituzioni che bene o male ripudiano tutte abbastanza esplicitamente le guerre di aggressione. Nel caso specifico della moneta unica, avendo quest’ultima creato squilibri esterni commerciali tra i paesi che ne hanno accettato l’adozione, abbiamo verificato nei mesi precedenti in quale maniera profonda l’euro abbia messo a repentaglio la corretta applicazione delle stesse disposizioni previste nei trattati dell’Unione Europea (non a caso è stato necessario stipulare in fretta e furia nuovi accordi intergovernativi come il Fiscal Compact o il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, per evitare il collasso e la frantumazione dell’intera eurozona) e quindi già solo per questo motivo la moneta unica andrebbe rimossa, per rilanciare un nuovo programma di migliore collaborazione e cooperazione tra i popoli. Ma è davvero questo l’obiettivo di tutti o alcuni paesi membri? E considerando che la moneta unica ha inficiato gravemente “le condizioni di parità” richieste dalla nostra Costituzione per ratificare continue cessioni di sovranità, non sarebbe già solo questo un motivo sufficiente per dichiararla definitivamente illegittima?
Scambiare l’importanza strategica ed esistenziale di un “ordinamento” giuridico costituzionale, che abbia come fondamento i diritti inalienabili dell’uomo e come presupposto la pace con gli altri popoli, con una moneta equivale a mercificare il diritto e a renderlo subalterno a ciò che accade a livello puramente contabile tra i paesi (surplus, deficit, debiti, crediti, bilancia dei pagamenti). Una moneta non può mai sostituirsi ad un qualsiasi principio costituzionale fondamentale, perché la prima è un semplice strumento di contabilità provvisorio che non ha alcuna caratteristica di universalità e immutabilità, mentre il secondo tende a configurarsi come un valore universale e permanente nel tempo: confondere le due cose è come dire che una moneta può in certi casi essere più sovrana di un popolo, della dignità di un uomo e dell’ordinamento istituzionale di uno stato democratico. E ricordiamo che stiamo sempre parlando di una semplice unità di conto, una convenzione, un mezzo di misura: ovvero sarebbe come dire che pur di mantenere il metro o il chilo come unità di misura in due paesi diversi, i rispettivi governanti potrebbero essere un giorno disposti a far morire di fame i loro concittadini. Avete mai sentito parlare di un’assurdità simile? Questo è un errore di leggerezza colossale che solo un camerata piddino, sulla scia della sua innata emotività, superficialità ed inclinazione al sogno, essendo stato indotto da anni a credere che l’Unione Europea sia soltanto una moneta, può fare con tanta disinvoltura. Una persona mediamente più accorta ad interpretare gli eventi, più capace a leggere tra le righe e più abituata a mettere insieme dei semplici numeri, avrà sicuramente capito che dietro la retorica della moneta unica come strumento di pace si nascondono invece dei precisi interessi di casta e di corporazione dei grandi gruppi finanziari e multinazionali che avevano necessità di scaricare tutti i costi di aggiustamento degli squilibri esterni tra paesi sui salari dei lavoratori e di fare transitare enormi quantità di capitali e merci attraverso le frontiere senza incorrere nel rischio di cambio.
Grazie alla compiacenza dei nostri governanti asserviti e funzionali a questi interessi (vedi il video sotto, magistralmente montato dai ragazzi dell’ARS, Associazione Riconquistare la Sovranità, per capire su quali leve puramente psicologiche e demagogiche puntasse da sempre la retorica degli eurocrati) e alla complicità dei camerati piddini, che spesso ingenuamente e altre volte opportunisticamente hanno avvalorato queste logiche contrarie alla loro stessa presunta etica della solidarietà universale, il pastrocchio è stato compiuto e viene continuamente ingigantito. Purtroppo i camerati piddini, come i membri di un qualsiasi gruppo totalitario e chiuso basato sulla fede e il riconoscimento reciproco, mettono in subordine qualsiasi timido approccio critico o tentativo di ragionamento razionale rispetto alle dinamiche di appartenenza al gruppo, alle ragioni della fede, all’assolutezza categorica dei giudizi: “io sono un piddino di sinistra, io sono un uomo giusto, solidale e sognatore, quindi il PD è un partito di sinistra formato da uomini giusti, solidali e sognatori come me”. E ovviamente, sulla base di questo fraintendimento e obnubilamento fideistico, qualsiasi iniziativa portata avanti dal PD, compresa l’accettazione passiva e incondizionata di una moneta unica (come abbiamo detto sopra, imposta dall’alto per motivi tutt’altro che etici e pacifici ma puramente pratici e commerciali, come qualsiasi non piddino ha imparato a capire), è una scelta di sinistra e come tale va abbracciata e sospinta ciecamente con tutta la passione e la forza d’urto necessaria. Anzi, la difesa ad oltranza dell’euro, a dispetto di tutte le evidenze empiriche contrarie e dei dubbi legittimi che dovrebbero attanagliare la coscienza di qualsiasi uomo ragionevole, diventa una dimostrazione ulteriore della propria fede incrollabile al gruppo e al partito di appartenenza. Sappiamo bene che sfruttando questo stesso schema mentale di fanatismo e bigottismo, in passato sono state giustificate le peggiori atrocità della storia dell’uomo, sempre in nome di qualcosa che è superiore ed esterno alla coscienza individuale del singolo uomo e alla sua razionalità: “In nome di Dio, in nome del Re, in nome della Patria, in nome della Legge, in nome del Partito, in nome della Moneta, in nome degli Stati Uniti d’Europa!”. Quando l’illusione prende il posto della ragione e diventa l’unico fattore discriminante delle proprie scelte, l’intera impalcatura giuridica e morale di un’organizzazione è sempre sul punto di collassare, perché se l’illusione non viene utilizzata per rafforzare la ragione ma cerca ostinatamente di sostituirla, allora la nostra stessa coscienza critica e capacità di scelta viene di fatto amputata. E come sappiamo, il sonno della ragione genera “mostri”.
E l’esibizione del giullare piddino di lunedì scorso è stata una prova esemplare di quali danni irreparabili ed errori di valutazione si possano commettere quando si antepongono le ragioni sterili dell’appartenenza e le inflessioni oniriche delle proprie illusioni alle considerazioni squisitamente razionali e universalmente accettate che si basano soltanto sui diritti umani inalienabili. Ma non dobbiamo stupirci di questo, perché in qualsiasi epoca o periodo storico, l’illusione è stata sempre utilizzata in modo strumentale da chi conosce bene i suoi effetti, per stravolgere le reali motivazioni che dovrebbero indurre gli uomini a fare una scelta piuttosto che un’altra. Qualsiasi dittatore o aspirante tale ha sempre dispensato a piene mani promesse illusorie come arma di distrazione di massa per mantenere il consenso e consolidare il suo prestigio. Avete mai sentito parlare di un despota che davanti al popolo non annuncia in pompa magna sogni di gloria, ricchezza o felicità eterna? Non era il tanto odiato fascista Mussolini a vendere ai suoi fedeli seguaci l’idea di un’Italia potente e imperialista? Non era il tanto vituperato Berlusconi, indicato come l’ultimo dei caimani, a promettere ai suoi ingenui accoliti posti di lavoro, lussi, vita da nababbi? E perché non dovrebbero farlo oggi banchieri e corporations, tramite i loro politicanti di servizio o giullari di corte, prospettando ai soliti allocchi di turno la felicità eterna degli Stati Uniti d’Europa? Funziona come strategia comunicativa, ha sempre funzionato e sempre funzionerà.
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