mercoledì 21 novembre 2012

La Criticità dell'Euro

Non è vero quello che ci raccontano i principali media. 

Fino a poco tempo fa, ero convinto che l'Euro fosse un bel sogno. L'unione dei popoli europei sotto un unico governo, moneta e bandiera...Tutto molto bello. Poi è arrivata la crisi. Ci hanno raccontato che la crisi era passeggera, poi che la crisi era causata dal riflesso della crisi USA e infine che la crisi era colpa nostra perchè, notoriamente, l'italiano è uno scansafatiche che non lavora e che non è capace di tenere i conti a posto.
Paradossalmente la crisi per me è stata come una scossa, ha svegliato il mio cervello per certi versi lobotomizzato dai media. Sono sorti in me alcuni interrogativi: ma perchè con la Lira si arrivava a fine mese? Perchè con l'Euro è tutto più difficile? Come è nato l'Euro? Chi lo produce, se gli stati che ne fanno uso non lo possono creare?

Tutte queste domande mi hanno spinto a intraprendere un viaggio di ricerca nei meandri della rete, per cercare risposte. La cosa bella è che queste risposte non erano poi così tanto nascoste, anzi l'opposto! Tantissimi economisti di fama mondiale, nobel, ne parlano continuamente da 15 anni a questa parte! Incredibile e io non ne sapevo niente! Totalmente tenuto all'oscuro dai media, che continuamente spostano l'attenzione su altre faccende. Per fortuna esiste la rete e grazie ad essa qualcosa s'inizia a muovere!

Ma torniamo a noi, la crisi. Non è vero che non fosse stata prevista. Già negli anni '70 si conoscevano le conseguenze di un aggancio monetario a tassi fissi tra economie forti ed economie deboli. Gli stessi governi italiani dell'epoca ne conoscevano gli effetti. Infatti, proprio in quel periodo, il dibattito politico per l'eventuale entrata nello SME era al centro del opinione pubblica e si sapevano benissimo le conseguenze ''pericolose'' che un aggancio fisso ad un economia forte, come quella tedesca, potevano portare all'Italia. La forza della Germania infatti era la capacità intrinseca, dovuta ad un mercato del lavoro ''flessibile'' al ribasso che soffocava la domanda interna a favore delle esportazioni, di tener la propria inflazione a livelli bassisimi. L'Italia d'altro canto aveva la tendenza ad usare la ''svalutazione controllata'' per sopperire il gap concorrenziale degli altri paesi. Il ministro del tesoro dell'epoca Pandolfi infatti, portò, con scarso successo, nel 1978 a Bruxelles un piano di meccanismi che potessero distribuire omogeneamente gli oneri di aggiustamento, causati dalle deviazioni dei tassi di cambio. Cosa successe poi? L'Italia, con l'entrata in vigore dello SME, perse il potere di svalutazione della moneta, che faceva da traino alla competitività delle imprese italiane e questo portò ad una crisi economica che costrinse l'Italia ad abbandonare lo SME. L'alternativa sarebbe stata distruggere i salari, per regolare la domanda interna e abbassare l'inflazione, Germania docet.
La crisi che viviamo oggi dunque, è la ''sorella maggiore'' di quella che ci ha accompagnato nel 1992. Infatti l'Euro a differenza dello SME è molto più rigido, con conseguenze maggiori sulla nostra economia, che possiamo osservare con i nostri occhi.

Sorgono spontanee delle domande, è colpa  nostra? E' la nostra economia che va corretta?

Dipende dai punti di vista. Se la si guarda con un occhio di riguardo al mercato di capitali, la risposta è si. Se la si guarda con un occhio di riguardo alle famiglie, ai lavoratori e ai loro diritti NO. 
Nel primo caso ovviamente, chi ha dei grossi capitali, ha tutto l'interesse ad avere cambi fissi, per poter investire in più paesi, senza incorrere nel rischio del cambio di valuta. Conviene anche alle grosse multinazionali, che investendo in un mercato del lavoro al ribasso aumentano il loro margine di guadagno ( vedere Marchionne con la FIAT, che in nome dei costi di produzione, insegue i mercati di ''lavoro/schiavitù" più convenienti).
Nel secondo caso il discorso è molto diverso. Grazie all'Euro e al ''c'è lo chiede l'Europa'', stanno distruggendo tutti i diritti per cui ci siamo battuti negli anni passati, in nome di un mercato del lavoro più flessibile. In nome del rigore stanno lasciando le famiglie per strada, che pur di trovare un lavoro per sfamarsi, sono disposte a lavorare per 300 euro al mese. Promettono una crescita che non arriverà mai e prendono come esempio di successo la povera Grecia.

Tutto questo può finire se ci riprendiamo la nostra sovranità, la nostra capacità di decidere di noi stessi. Loro vogliono che noi viviamo per lavorare. Io personalmente dico:

VOGLIO UN LAVORO, MA LO VOGLIO PER VIVERE!

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