Il fondatore di Repubblica non è, come sostiene nei suoi libri, l’ultimo dei moderni, ma il primo dei neomedievali: come i teologi dei secoli bui affermavano che senza religione l’uomo sarebbe preda del male e la società si disgregherebbe, così Scalfari immagina eventi terrificanti in caso di fuoriuscita dell’Italia dall’euro. Ma questi eventi sono già accaduti e stanno accadendo mentre siamo nell’eurozona.
Eugenio Scalfari ieri su Repubblica:
Se questo [la vittoria di Berlusconi] dovesse accadere crollerebbe in misura catastrofica la credibilità europea e internazionale del nostro Paese; i mercati si scatenerebbero e lo “spread” tornerebbe alle stelle. L’ipotesi di un Berlusconi vincente che riuscisse a “domare” Angela Merkel, cioè la Germania, è puro infantilismo. [...] Qualora la Germania non si accucciasse ai piedi del redivivo, il Cavaliere ha già previsto ed ha pubblicamente dichiarato che la lira come ritorsione uscirebbe dall’euro. Forse coloro che abboccando alla demagogia berlusconiana pensano che prima o poi l’asino volerà, non hanno ben chiaro che cosa significa il ritorno alla moneta nazionale: le banche americane e la speculazione giocherebbero a palla con la liretta, roba da emigrazione forzata, ma se il Pd non vincerà è esattamente questo che accadrà.
Al di là delle pur condivisibili critiche a Berlusconi, la cui credibilità è da tempo impalpabile, le affermazioni di Scalfari che meritano particolare attenzione ci sembrano due:
1) le banche americane e la speculazione giocherebbero a palla con la liretta
2) roba da emigrazione forzata
Riguardo la prima affermazione, Scalfari sembra non ricordare che l’Italia è già stata vittima della speculazione, a partire dalla metà del 2011. E lo è stata, insieme a Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, proprio in quanto membro “debole” dell’eurozona, cioè un paese che, presentando saldi negativi con l’estero – in particolare con la Germania -, può avere vantaggi a ritornare alla sua sovranità monetaria, riconquistando il tasso di cambio come strumento per gli aggiustamenti di competitività. La speculazione, in altri termini, ha fatto leva sul pericolo (percepito) che l’Italia potesse uscire dall’euro prima che essa lo facesse concretamente. O, se vogliamo metterla in altri termini, gli investitori hanno chiesto all’Italia tassi più elevati per proteggersi da un eventuale rischio di cambio. Non ha quindi molto senso sostenere che la speculazione scatterebbe con l’uscita dell’Italia dalla moneta unica e che quindi i mercati “giocherebbero a palla con la liretta”. Al limite si può sostenere che giocherebbero a palla con i titoli di stato prima dell’uscita dall’eurozona e in vista di questa. Ma è tutt’altra faccenda, evidentemente.
Di più: la speculazione ha potuto agire perché, a differenza dei paesi non-euro, i PIIGS non hanno una banca centrale in grado di proteggere i titoli di stato. E la speculazione è cessata proprio quando la BCE ha fatto intendere che nonostante i limiti dello statuto e dei trattati, avrebbe fatto “qualsiasi cosa fosse necessaria” per difendere la moneta unica. E nonostante questo, paesi come la Spagna ancora soffrono di tassi notevolmente superiori a quelli tedeschi ed anche l’Italia paga ben due punti e mezzo in più della Germania.
Se le cose stessero nei termini sostenuti da Scalfari, perché i mercati hanno “giocato a palla” con l’euro e con i nostri titoli di debito pubblico mentre nessuno “gioca a palla” con la corona svedese, il lita lituano, il lats lettone, lo zloti polacco, la corona danese, la sterlina britannica, la corona ceca, il leu romeno e il fiorino ungherese?
Forse, su questo dovrebbe riflettere l’autore dell’articolo, perché tutti questi paesi, pur facendo parte dell’Unione Europea, hanno la propria moneta e i propri titoli di stato garantiti dalle rispettive banche centrali.
Del resto Scalfari dovrebbe ricordare che nel 1992 l’Italia fu costretta, proprio dalla speculazione, ad uscire dal Sistema Monetario Europeo, l’antenato dell’euro. La speculazione non colpì solo la “liretta”, ma anche la ben più solida sterlina britannica, che abbandonò lo SME insieme alla lira. Fu proprio l’appartenenza ad un sistema di cambi fissi privo di meccanismi di protezione che rese possibile e fruttuosa la speculazione.
Riguardo la seconda affermazione, circa “l’emigrazione forzata“, Scalfari deve aver letto poco di teoria delle aree valutarie ottimali, cioè proprio la teoria sulla quale (alcuni dicono in spregio alla quale, ma non siamo d’accordo) è stato costruito l’euro (basti ricordare che Robert Mundell, fondatore della teoria della AVO, è anche il “padre dell’euro”). Se avesse letto qualcosa a riguardo saprebbe che una delle condizioni richieste per riequilibrare gli squilibri tra sottoaree è la “mobilità del lavoro”, che, in termini meno tecnici, vuol dire appunto emigrazione.
E, ancora, forse varrebbe la pena leggere qualcosa circa l’Irlanda, paese euro dal quale sono già emigrate centinaia di migliaia di persone a causa della crisi economica.
Sia chiaro: l’uscita “unilaterale” dell’Italia dall’euro avrebbe effetti molto pesanti non solo sul nostro paese, ma sull’intera eurozona. Tuttavia non si possono trattare questi argomenti con toni “terroristici”, senza valutare i costi concreti dell’attuale situazione da un lato e i benefici dell’uscita dall’altro e soprattutto senza prendere in considerazione l’uso della minaccia di uscita per ottenere quelle riforme necessarie a superare i problemi strutturali dell’euro, di cui abbiamo ampiamente parlato su questo blog.
La discussione non può quindi essere preconcetta e falsata da palesi distorsioni dei fatti. Spiace constatarlo, ma il fondatore di Repubblica non è, come sostiene nei suoi libri, l’ultimo dei moderni, ma il primo dei neomedievali: come i teologi dei secoli bui, mentre cristiani e musulmani si trucidavano, affermavano che senza religione l’uomo sarebbe preda del male, così Scalfari immagina eventi terrificanti in caso di uscita dall’euro, senza accorgersi che questi eventi sono già accaduti e stanno accadendo mentre siamo nell’eurozona.
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