giovedì 21 febbraio 2013

L’Euro ci porta in guerra, è da malati di mente


Gli economisti in genere, anche di altri paesi, criticano l’euro perché dicono che non ha consistenza economica. Cioè, le teorie economiche dimostrano quali sono le condizioni perché si possa fare un’unità monetaria. L’euro è stato fatto non tenendo conto di tutti quei criteri-base per cui si possa creare un’area monetaria omogenea che funzioni. Per questo Paul Krugman e molti altri hanno criticato l’euro. La moneta è uno strumento dell’economia, non è l’economia; quindi intestardirsi, insistere su un meccanismo che chiaramente non sta funzionando, rischia – e questo è l’aspetto doloroso – di minacciare e distruggere lo stesso progetto europeo. Dal momento dell’introduzione dell’euro fatta in modo così forzato, che è successo? Già l’introduzione dell’euro ha diviso l’Europa – volevamo un’Europa più larga, ma che crescesse insieme.
Come sapete, quando si è fatto l’euro, dentro ci sono 17 paesi, ma 10 stanno fuori e questi non sono i più balordi; stanno fuori paesi importanti come la Grecia, distribuzione di ciboGran Bretagna, ma anche paesi piccoli e molto efficienti e importanti per l’Europa, come la Danimarca e la Svezia. Quindi, la prima cosa che ha fatto l’euro: ha spaccato l’Europa in due, per imporre un’accelerazione che badate bene, non era necessaria. Perché? Esisteva una cooperazione monetaria. Come sapete, dopo la fine dell’aggancio al dollaro, nel ’71, non è che i paesi europei si sono messi a fare la guerra tra loro, ma fecero prima una cooperazione monetaria, il Serpente Monetario Europeo, che naturalmente rivelò punti di forza, ma anche dei difetti. Tanto è vero che successivamente, dopo circa dieci anni, si migliorò il sistema e venne il Sistema Monetario Europeo, cosiddetto Serpente 2, e si cercò di perfezionare questi meccanismi di scambio monetario.
Quindi, non è che prima c’era il caos e poi è arrivato l’euro. La decisione improvvisa di introdurre l’euro prima ha spaccato l’Europa, tra chi è dentro e chi è fuori – e tra l’altro, queste distanze si vanno sempre più allargando. Ormai è chiaro che l’euro sta allontanando sempre più la Gran Bretagna da un progetto europeo, ma questo vale anche per i paesi scandinavi. Non solo, i 17 paesi dell’euro zona hanno creato un’ulteriore divisione dentro la zona euro perché oggi tutti sanno che sono spaccati tra una zona nord e una zona sud. Perché non esiste nessun meccanismo che consente di trovare un equilibrio tra queste situazioni. Immaginate non dico l’Unione Europea, ma solo l’Eurozona. Con la moneta si è preteso di creare una sorta di Stato Europeo. Questa era l’idea. Ora, l’idea che si può fare uno Stato senza uno Jugoslavia, dopo la guerra civileStato fa un po’ sorridere. L’idea che 17 paesi possano essere governati da una banca è un’idea da ospedale psichiatrico.
E’ come se in Italia dicessimo: togliamo tutto, Parlamento e governo, basta la Banca d’Italia. Questo è ciò che è stato fatto a livello europeo. Insistere su questa strada rischia seriamente di portare alla rovina lo stesso progetto europeo – e badate bene che non abbiamo molto tempo. Con l’euro, siamo andati a sbattere contro l’iceberg. Le previsioni mie e non solo mie – da qui ad uno-due anni, e non a dieci— sono due: che se non si cambia rotta rapidamente ci sono due scenari possibili: uno, quello più probabile e più terrificante, è l’implosione dell’Europa come la Jugoslavia. Questo è lo scenario che molti economisti danno per scontato, se non si inverte la rotta. Lo scenario alternativo è quello di una soluzione programmata, in linea con l’idea europea di cooperazione: sarebbe quello, che viene dall’esperienza europea, che io chiamo lo scenario della Cecoslovacchia. Come sapete, la Cecoslovacchia era uno Stato europeo che ad un certo punto, siccome c’erano differenze, sia di aspirazioni ma anche di strutture economiche, ha deciso di dividersi in due Stati, ma non è stata fatta nessuna guerra: si sono messi d’accordo, hanno due monete diverse dentro l’Unione, tra l’altro hanno riorganizzato i rapporti.
L’idea che la zona dell’euro debba implodere, provocando situazioni di tipo jugoslavo, con l’uscita di paesi a cominciare dal sud, ed entro un anno arriverà anche a noi il problema, è una politica cieca, perché non tiene conto che questi problemi si potrebbero risolvere con un accordo in seno all’Eurozona, tra nord e sud, però stabilendo meccanismi di cambio che tengano conto delle esigenze dell’economia. Badate bene che quando l’Italia era nel Sistema Monetario Europeo ne è uscita per tre o quattro anni, perché aveva delle difficoltà economiche. Sia l’Italia che la Gran Bretagna uscirono e poi rientrarono. Non è che ci fu una guerra; non è che, se noi dovessimo Bruno Amorosouscire o stabilire una nuova forma di cooperazione monetaria, succede chissà che.
 
Le monete cambiano ogni 10-15 anni, questo lo sanno gli economisti. E’ sempre successo, nella storia. Pensate che alla fine dell’800 in Europa esisteva l’unione monetaria dei paesi scandinavi. E’ esistita per circa 30 anni. Poi, a un certo punto, siccome queste economie sono cresciute in modo diverso, l’hanno sciolta. Infatti voi oggi avete la corona danese, quella svedese e quella norvegese, mentre prima avevano una corona unica. Decisero intelligentemente di tornare a delle valute nazionali; ovviamente si chiamano ancora corone, c’è un aggancio privilegiato, però son tornate ad auto-governarsi. La stessa cosa vale anche per noi, perché l’Italia ha fatto parte a fine ‘800, per circa 30 anni, di quello che si chiamava Sistema Monetario Latino, con il Belgio, la Svizzera e la Francia. E’ stato sciolto dopo 30 o 40 anni; oggi infatti avete franco svizzero, franco francese e belga; l’Italia aveva mantenuto la lira, ma stando dentro il sistema del franco. Le scelte monetarie sono strumentali, non sono dogmi. La moneta non è un dogma. Simboli sono invece invece la cultura, lo Stato, la nazione. La moneta, come noi sappiamo nell’esperienza familiare, è uno strumento: deve servire i nostri progetti, non viceversa.
Fonte: Libreidee.org
Bruno Amoroso, dichiarazioni rilasciate il 13 febbraio 2013 alla libreria Feltrinelli di Perugia e raccolte dal blog “Sollevazione“. Allievo dell’insigne economista italiano Federico Caffè, Amoroso è docente emerito dell’università danese di Roskilde

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