martedì 26 febbraio 2013

Abbiamo votato...ora non fate cazzate!!



Eccoci qui.


A dire ai mercati l’ovvio, ovvero che l’esito elettorale italiano dovrebbe vederli entusiasti, a tal punto da abbassare gli spread di tutti i governi europei dell’area euro Sud. Perché se è vero che io non ho tifato per questo esito, a guardarlo da vicino ne apprezzo più le qualità dei difetti inevitabili che accompagnano ogni tornata elettorale e ogni nuova composizione parlamentare.
E a puntualizzare le poche cose che mai, mai e poi mai dovremo fare in questo nuovo contesto.
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Comincio dalle seconde. Mai, mai e poi mai cedere all’idea che si debba negoziare un prestito in aiuto dalla BCE, magari perché in preda al panico di uno spread che sale verso quota, chissà, 400. Perché come ben sappiamo questo aiuto viene in cambio di austerità. E l’Italia ha votato chiaramente, come richiamava il Premio Nobel Krugman: contro l’austerità.
E allora? Anche se fosse? Non saremmo comunque obbligati a farlo?
No. Mai. Sarebbe un suicidio.
Di suicidio convinto e liberatorio mi ricordo solo quello di Thelma e Louise nel grande film di Ridley Scott. Anche loro potevano arrestare la loro folle corsa verso il baratro ma scelsero di non farlo. Una scelta obbligata dalle circostanze e dal persistente inseguimento delle tutte identiche e burocratiche autovetture della polizia. Anche noi abbiamo i tanti funzionari grigi della Commissione europea che ci obbligano a lanciarci verso il suicidio chiedendoci ancora austerità (magari su questo punto tornerò con un altro post), ma la differenza è che possiamo dire “no” ed imboccare un’altra strada. Non solo, ma il “no” italiano può innescare una serie di dinamiche positive in Europa che porterebbe il continente a vedere finalmente la luce del sole e ad adottare le giuste politiche, le sole politiche in queste circostanze, per proseguire sul cammino comune europeo, rendendo docili e mansueti mercati e burocrati.
Abbiamo votato.
Contro l’austerità.
Contro l’austerità.
Contro l’austerità!
E’ stato un urlo corale, immenso che è venuto da tutta la penisola: la sconfitta di Monti in questo senso è mostruosa, ha perso 90 a 10. Avesse ascoltato quanto gli
chiedevamo da questo blog da più di anno chissà … Ma no, non era nel suo DNA, l’anti austerità. Ha perso, e gli va dato atto dell’eleganza del gesto di ammettere subito la sconfitta. Ma ora è fuori, basta. E non deve rientrare dalla finestra sotto le mentite spoglie di una organizzazione non politica basata a Francoforte a cui non spettano decisioni decisive per il nostro futuro come quelle delle politiche economiche da adottare.
Ma non è nemmeno questione di attribuzione o meno di competenze. E’ questione, appunto, di evitare il suicidio.
L’ingresso a gamba tesa della BCE sarebbe un suicidio per coloro come me che credono ancora nel fatto che senza euro s’interromperebbe per un lungo periodo la costruzione comune europea e vedono in ciò una sciagura.
Sono 2 i motivi che mi portano a sostenere che l’intervento della BCE porterebbe alla fine dell’euro. Primo, perché l’austerità negoziata nell’accordo con la BCE ucciderebbe l’euro (non è l’euro che genera austerità, ma le folli politiche che si perseguono all’interno della sua area) tramite quella recessione che con il voto abbiamo rifiutato. Secondo, perché con il voto abbiamo anche rifiutato 90 a 10 che la nostra politica economica fosse dettata unilateralmente da Bruxelles come è stata in maniera ottusa in questi ultimi anni.
Continuare a giocare con i processi democratici come se nulla fosse, ignorandoli, non sarebbe più tollerato: sarebbe una prova eclatante della non democraticità dell’attuale costruzione istituzionale europea che non rispetta il voto popolare, una prova talmente eclatante da rendere il partito non euro sempre più forte. Entro 1 anno la coalizione di Grillo, che pure oggi non è a vocazione maggioritaria contro l’euro, si riempirebbe di adepti dell’uscita dall’euro, richiedendo ed ottenendo un referendum su questo e con buone possibilità vincendolo. Usciremo dall’euro, pensando di avere risolto i nostri problemi e invece di avere combattuto per un’Europa migliore avremo abbandonato la sfida di migliorarci tramite dialogo e crescita. Ma sarebbe inevitabile.
I mercati capiscano questo e nel loro stesso interesse scommettano invece sugli aspetti incredibilmente pieni di opportunità che ci consegna questo voto.
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Quali opportunità?
Per prima cosa la possibilità finalmente concreta di negoziare con Bruxelles in maniera più convinta politiche a favore della crescita. L’Italia, al contrario di Grecia, Irlanda, Francia, Olanda, Spagna, ha avuto il coraggio piuttosto unico e raro di votare  senza se e senza ma contro l’austerità. I suoi rappresentanti, al tavolo politico europeo, non potranno presentarsi come hanno fatto sinora consistentemente tutti i leader vincitori delle consultazioni nei Paesi di cui sopra ovvero: parto per Bruxelles per dire no all’austerità e arrivo a Bruxelles e mi taccio umilmente (Hollande essendo forse il caso più smaccato di questo atteggiamento). Ecco, l’Italia può diventare il perno dell’alleanza per la crescita al tavolo europeo. Quello che Monti non è mai stato capace né desideroso di essere. E questo non può che far piacere ai mercati: non che l’Italia si attivi da sola, unilateralmente, cosa che li terrorizza, forse a ragione, ma insieme, con una strategia unita e coerente per la crescita. Perché nessuno ama avere un debito con una controparte la cui attività economica costantemente declina.
Ma di quale crescita parliamo? Anche qui è fondamentale capire che la nuova composizione parlamentare può tornare estremamente utile per fare finalmente chiarezza. Non la crescita via riforme imposte da Bruxelles, uguali per tutti i Paesi. Non le riforme dei taxi quando i taxi sono vuoti a causa della recessione. Non la riforma delle pensioni che lascia giovani ed esodati senza un lavoro. Non la riforma del mercato del lavoro che alza i costi delle imprese, nega i sussidi di disoccupazione ai giovani, riduce la domanda di consumi rendendo i licenziamenti più facili e quindi introducendo maggiore precarietà nel momento peggiore. Non la spending review fatta a casaccio che taglia risorse alle amministrazioni virtuose come a quelle più bisognose, riducendo l’unica fonte di domanda alle imprese attivabile in questa recessione, quella pubblica.
No. Parliamo della crescita che nasce dalla solida alleanza tra politiche delle infrastrutture e politiche della lotta agli sprechi. Ovvero quelle politiche che non solo ridanno fiato alla domanda interna ma abbattono i costi di competere delle nostre imprese perché vanno ad incidere sui nostri ritardi strutturali veri, non quelli che dice Bruxelles spesso senza sapere quello di cui parla. Non quelle facili da fare ma inutili. Politiche, piuttosto, che creano risorse abbattendo la recessione e usano parte di quelle risorse per compensare se del caso gli sconfitti dal cambiamento strutturale in cui si avvierà il Paese con le riforme vere di cui abbiamo bisogno.
Abbattimento della burocrazia pervasiva, della tassazione sul lavoro, dei ritardati pagamenti che mangiano vive le piccole imprese. Anti corruzione, ma vera. Riforma universitaria, ma vera. Riforma della scuola, riforma liberale e democratica. Veri investimenti senza sprechi: nelle carceri, nelle Pompei, nelle scuole, sul riassesto del territorio, sulle vie commerciali, negli ospedali, nei tribunali, nella ricerca.
Sono temi di cui su questo blog parliamo da sempre. Sono temi che vedono sensibile la coalizione del Movimento a 5 stelle. I mercati dovrebbero brindare alla possibilità che questi ritardi strutturali avranno finalmente più probabilità di entrare nell’Agenda (ooops) del Paese.
Come devono brindare alla quasi-fine di un quindicennio che ha visto spesso (anche se non sempre) una leadership incompetente al comando. Nulla ci garantisce che il Movimento a 5 stelle non riempirà le aule del Parlamento di decreti scritti male, di caos demagogico e populistico, di incompetenza. Anche se, se il buongiorno si vede dal mattino, l’atteggiamento adottato nel Consiglio regionale siciliano dal Movimento depone bene, è costruttivo e, a quel che mi è dato sentire, per ora efficace. Non è nemmeno pensabile che un partito nuovo che attragga il 25% dei votanti non sia stato capace di trovare al suo interno gente pulita e competente. E certamente non sarà difficile fare meglio di quanto è stato fatto in quest’ultimo quindicennio. Tanti motivi per dire ai mercati: aspettate e guardate, il potenziale c’è tutto.
Certo a fronte di una novità Grillo che giudicheremo nel tempo manca ancora in questo Paese la novità di una forza convintamente liberale e democratica, che metta al centro del suo progetto impresa e sviluppo abbinandolo a solidarietà vera per restaurare le pari opportunità dei discriminati. Non è detto che a questa costruzione non ci si possa dedicare nei prossimi mesi, con la buona volontà dei tanti che non si ritrovano in Grillo ma che sentono il bisogno di far entrare il nostro Paese nel XXI secolo edin Europa con tutto quel nostro enorme potenziale che non abbiamo ancora saputo mettere al servizio della felicità di questa e delle future generazioni.
Ma ai mercati, sono certo, può bastare per ora l’incredibile laboratorio di innovazione sociale che la penisola italiana può finalmente diventare per l’Europa. Sarebbe una mossa autolesionista prevenirne il successo facendosi prendere da un panico che noi italiani non abbiamo avuto nel votare come abbiamo votato contro l’austerità.

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