mercoledì 15 maggio 2013

L'Austerità e la banalità della trasmissione REPORT!!



Nel 1963 la filosofa e scrittrice tedesca Hannah Arendt scrisse un libro e coniò un'espressione che descrive bene uno degli aspetti più ambigui e perversi del male: la sua banalità. Spesso chi fa del male non ha nemmeno la capacità di pensare e riflettere, la facoltà di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, un metro di giudizio affidabile per valutare le proprie azioni e ponderare le implicazioni morali e conseguenze pratiche del proprio operato. Nello specifico, la Arendt rimase impressionata dalla superficialità e dall’indifferenza con cui il criminale nazista Eichmann presenziò al processo che lo avrebbe portato alla condanna a morte per impiccagione: si trattava di un omuncolo normale, mediocre, né demoniaco né mostruoso, che per tutta la vita non aveva fatto altro che eseguire ordini e istruzioni che venivano dall’alto senza mai eccepire o chiedersi intimamente qualcosa sulla loro giustezza, moralità, razionalità. In una visione totalmente burocratica e alienante della vita, Eichmann eseguiva ed applicava incondizionatamente delle regole, pensando di essere un cittadino modello, un uomo onesto che rispettava le leggi e l’autorità costituita. Disquisire sulla bontà delle leggi e sull’assennatezza dei propri superiori era qualcosa che esulava dai propri compiti e principi, perché per Eichmann la cieca obbedienza e la fedeltà erano gli unici valori che riecheggiavano all’interno della sua misera coscienza.

Con le dovute proporzioni, possiamo dire che da questo punto di vista tutti coloro che oggi stanno condannando alla miseria, alla disperazione, all’emarginazione milioni di persone in Europa, dagli altolocati tecnocrati di Bruxelles fino all’ultimo scribacchino di un qualsiasi giornale di regime, non sono tanto diversi dai gerarchi nazisti che massacrarono milioni di ebrei nei campi di concentramento. Sono “banali” e stupidi allo stesso modo: o perché non conoscono le conseguenze delle proprie azioni o perché non hanno la capacità di ragionare su possibili alternative alle proprie regole e leggi evidentemente sbagliate. E’ indubbio che in mezzo a questa massa indistinta di idioti e mediocri ci sia qualcuno più furbo e più in malafede rispetto agli altri, che volontariamente persegue il male per tutelare il bene di una minoranza, ma diventa sempre più difficile e complicato distinguerlo e isolarlo dal resto della sgangherata e gioiosa armata di imbecillità collettiva. 
Il caso della trasmissione di domenica scorsa di Report, intitolata “Gli Austeri”, è esemplare in questo senso: per tutta la durata del programma si è insistito a sottolineare gli effetti nefasti dell’austerità e la maggiore ragionevolezza delle politiche espansive della spesa pubblica in periodo di recessione, eppure con la stessa miopia e cecità di automi decerebrati si è ripetuto che in Europa non si possono attuare né programmi di infrastrutture e investimenti pubblici né manovre monetarie di alleggerimento quantitativo a causa del vincolo del pareggio di bilancio e della perdita della sovranità monetaria. Facendo però velatamente intendere che senza violare le regole e i vincoli previsti dai trattati europei esiste un geniale metodo intermedio per conciliare le politiche espansive con il mantenimento del pareggio di bilancio e della moneta unica privata chiamata euro. In altre parole si è trattato di un clamoroso e sfacciato spot della cosiddetta “austerità espansiva”, ovvero di una meschina mistificazione accademica che lo stesso Fondo Monetario Internazionale si è affrettato tempo fa a bocciare tecnicamente e a discreditare a livello politico e sociale.

Ma Milena Gabanelli cos’è? Un mostro, una demoniaca carnefice, un consapevole strumento della propaganda di stampo nazista? No. La Gabanelli è soltanto una delle tante persone “stupide”, “idiote”, “banali” che abbondano in questo periodo storico, la quale svolge il suo umile compitino pensando di fare il bene e ignorando invece di stare dalla parte del male. Ascoltando meglio le sue parole si capisce perfettamente che la giornalista di Raitre non sa nemmeno di cosa sta parlando quando si interroga su questioni come la spesa pubblica, il pareggio di bilancio, la politica monetaria di una normale banca centrale. 
Lei pensa che tutti i problemi dell’Italia siano dovuti agli sprechi, alla corruzione e all’evasione fiscale, prospettando il modello tedesco come l’unico eldorado virtuoso di felicità ed efficienza a cui ispirarsi. Eppure la Gabanelli è talmente “stupida” da non accorgersi che durante l’intervista del vice-capo economista della banca statale tedesca KFW, il dirigente con la solita superficialità e banalità di chi non sa di delinquere ammette di potere fare prestiti vantaggiosi alle imprese teutoniche grazie alla possibilità di finanziarsi con tassi di interessi bassi simili a quelli dei bund tedeschi e di ricevere ulteriori contributi dallo Stato per mantenere ancora più bassi gli interessi. 
Il modello tedesco quindi prospera su due evidenti storture e infrazioni dei trattati europei, a cui le altre nazioni, compresa l’Italia, sono costrette invece ad attenersi rigorosamente: da una parte l’incapacità della BCE di mantenere un tasso di interesse unico per tutti i paesi dell’unione monetaria e dall’altra il divieto di aiuti di Stato che possano avvantaggiare l’economia di un paese a danno degli altri, in aperto contrasto con il presunto spirito di cooperazione e collaborazione che anima almeno a parole gli stessi trattati.

Unendo a queste irregolarità, l’arcinoto dumping salariale iniziato con l'unificazione tedesca e concluso con le riforme Hartz del mercato del lavoro del 2003-2005, con cui la Germania ha lucidamente pianificato la sua politica di concorrenza sleale e aggressione commerciale nei confronti dei paesi alleati dell’unione, si comprende come gran parte del successo tedesco sia basato non solo sulla rigidità di cambio imposta dall’euro ma anche e soprattutto sul mancato rispetto degli accordi e dei trattati europei (a tal proposito consiglio vivamente di leggere l’articolo del blog Orizzonte48, che chiarisce ancora meglio a livello giuridico e normativo gli aspetti tecnici della questione). In pratica, senza nemmeno capirlo o paventarlo, la Gabanelli
vuole suggerirci che per uscire dalla crisi l’Italia dovrebbe essere scorretta e disonesta come la Germania: liberandosi dal tarlo dell’evasione fiscale e della corruzione (che guarda caso esiste, eccome se esiste, anche nella morigeratissima Germania), per abbracciare anima e corpo la strategia criminale della giungla giuridica e commerciale, che premia in Europa chi non rispetta i vincoli e le regole. E tutto questo per dire che si possono attuare politiche di sviluppo in Europa senza uscire dall’euro, senza abbandonare la dottrina mistica dal pareggio dei conti pubblici e del consolidamento fiscale, senza pregiudicare le regole sacre del libero scambio, tutte cose cioè che la Gabanelli non auspicherebbe mai essendo anche lei impelagata fino al collo (per ragioni più politiche, professionali, carrieristiche) nella palude melmosa del “Fogno dell’Euro” e nella mitologia arcadica degli “Stati Uniti d’Europa”. Non è un caso infatti che durante l’intera trasmissione non venga neppure fatto un minimo accenno o una rapida menzione ai problemi derivanti dall’adozione di una moneta unica e per giunta privatizzata in Europa: come se l’austerità fosse una scelta arbitraria e provvisoria e non avesse alcuno stretto legame di interdipendenza con l’euro. Un errore tecnico e uno strafalcione giornalistico che crea più di un dubbio sulla buona fede della “banale” professionista della disinformazione.

E nella parte finale del programma la Gabanelli ha pure la sfrontatezza di pungolare la nostra distratta e inqualificabile classe dirigente, affinché si affretti a farsi furba e a seguire l’esempio criminogeno della Germania. Siamo al paradosso puro, in cui gli adorati paladini mediatici del bene come la Gabanelli denunciano da una parte i mali e i vizietti provinciali dell’Italia, invitando dall’altra i nostri politici a delinquere in maniera più vistosa e internazionale. E la cosa più inquietante è che i nostri politici, “idioti” e “stupidi” ancora più che la Gabanelli, pare che abbiano preso sul serio questo tipo di ammonimenti e invettive, dato che si sono rinchiusi per giorni in ritiro in un’abbazia per studiare mirabolanti teorie economiche espansive senza espandere effettivamente il bilancio pubblico. Un ossimoro, insomma: come chi cerca di lavarsi senza bagnarsi, chi vuole saziarsi senza mangiare, chi vuole dissetarsi senza bere. Va bene che la politica è l’arte del compromesso e della mediazione, ma c’è un limite alla decenza e alla capacità di sopportazione. 
Bisogna decidersi una buona volta nella vita: o si vuole l’austerità, il pareggio di bilancio, la cesura fra politiche fiscali e monetarie, il taglio della spesa pubblica, l’aumento delle tasse, l’elevata disoccupazione, la svalutazione interna dei salari, la deflazione, le strategie mercantiliste di supporto alle esportazioni, le disparità e le sofferenze sociali e si rimane nell’euro. Oppure si decide di cambiare rotta con politiche espansive di spesa pubblica,coordinamento fra politiche fiscali e monetarie, taglio delle tasse, stimolo alla domanda e alla produzione interna, svalutazione monetaria, aspettative inflazionistiche, riduzione delle importazioni, politiche di piena occupazione e si esce dall’euro. La via di mezzo che mette al sicuro capre e cavoli, la soluzione salvifica dell’“austerità espansiva” prospettata dalla Gabanelli e da tutti gli “idioti” come lei non esiste e non esisterà mai sul nostro pianeta. Bisogna farsene una ragione. E un giorno tutte queste persone, volenti o nolenti, dovranno assumersi la responsabilità di tutto il male che hanno “banalmente” e “distrattamente” fatto al nostro paese, turlupinando la gente con una serie interminabile di menzogne e rendendola ignara della verità dei fatti.

Fra l'altro, è’ interessante notare come dal punto di vista dei conti pubblici l’austerità non garantisce nemmeno il raggiungimento dall’agognato pareggio di bilancio o degli avanzi strutturali necessari per l’abbattimento del debito pubblico al di sotto della fatidica soglia del 60%, dato che il drastico calo del reddito nazionale non solo causa minori entrate tributarie ma peggiora i rapporti del deficit e del debito pubblico, che pur diminuendo in valore assoluto aumentano poi in termini percentuali. Mentre diverso è il discorso che riguarda invece i conti con l’estero visto che la distruzione dei redditi, dei risparmi, dei consumi nel sud Europa sta in effetti portando ad una convergenza delle partite correnti della bilancia dei pagamenti: diminuiscono le importazioni del sud e di conseguenza si stabilizzano o si riducono i surplus commerciali della Germania (guarda grafico sotto). Tutto ciò però sta avvenendo a costo di pesanti sacrifici, tensioni sociali, proteste diffuse sia nel sud martoriato che nel nord che ha visto man mano diminuire i suoi precedenti tassi di crescita.






La speranza folle è che una volta rimarginati gli squilibri si possa ripartire con un nuovo ciclo espansivo, trainato o da una maggiore domanda al di fuori dell’Europa (Stati Uniti e Giappone in testa) oppure da una ripresa dei consumi interni all’eurozona dovuta alla riduzione dei prezzi e al maggiore potere reale di acquisto dei risparmi, che secondo le immaginifiche previsioni degli eurocrati dovrebbe riportare la fiducia e spingere gli europei a ricominciare a spendere ed investire. E’ una strada insomma lastricata di dolore, dubbi, incertezze che potrebbe presto interrompersi a causa delle rivolte popolari e delle reiterate bocciature elettorali che sicuramente si succederanno durante il faticoso percorso che ancora ci attende (ricordiamo che l’austerità in Europa è destinata a rimanere almeno per altri venti anni, come prescritto dai micidiali vincoli di abbattimento del debito pubblico previsti dal Fiscal Compact).

Ripetiamo che in altri paesi del mondo più “normali”, questi stessi aggiustamenti stanno avvenendo in modo infinitamente più indolore e democratico puntando su una maggiore spesa pubblica e su un più incisivo intervento diretto delle banche centrali: invece di svalutare i salari, Giappone e Stati Uniti stanno scommettendo sulla svalutazione della moneta, che a conti fatti porta ugualmente ad una riduzione delle importazioni, aumento delle esportazioni, miglioramento della bilancia dei pagamenti nel suo complesso. Quindi la vera domanda che bisognerebbe porsi è a chi giova veramente il dolore e la sofferenza che si sta infliggendo agli europei, visto che altrove la situazione è molto meno drammatica e insidiosa. Se un certo evento negativo è evitabile e però accade lo stesso, significa che è fortemente voluto da qualcuno. Ed è ormai inutile ribadire che le oligarchie europee sono molto soddisfatte di come stanno andando le cose in Europa e non rinunceranno molto volentieri al loro progetto reazionario di ripristinare gli antichi poteri assoluti e monarchici nel vecchio continente. In fondo i vassalli, valvassini, valvassori e menestrelli di corte pronti a tutto per difendere il sovrano e ansiosi di entrare nelle grazie dei nuovi regnanti si moltiplicano con cadenza esponenziale, come sempre accade in qualsiasi epoca storica e latitudine geografica. 

Basta dare un’occhiata al prossimo grafico sulla competitività per capire il motivo di tanto appagamento da parte dei ricchi governanti e spregiudicati despoti. In termini di Costo del Lavoro per Unità di Prodotto (CLUP, in inglese ULC, Unit Labour Cost), in Europa si sta assistendo ad un tentativo di convergenza che non punta molto sull’aumento della produttività, ma esclusivamente sulla riduzione dei salari e del reddito medio da lavoro dipendente. Tuttavia siccome il vantaggio competitivo accumulato dalla Germania nel periodo di boom è amplissimo, è quasi impossibile per gli altri paesi ripristinare lo scarto nel medio-lungo periodo. Si tratta insomma di una gara già persa in partenza, che farà tanti morti e feriti lungo il cammino senza arrivare mai ad una conclusione certa e favorevole per tutti. 
L’aggressiva politica mercantilista tedesca sta forzando tutti gli altri paesi dell’eurozona ad intraprendere una folle corsa al ribasso dei salari e dei diritti dei lavoratori che si sa quando inizia ma non si sa quando finisce: visto che le condizioni al contorno non sono quelle ideali per augurarsi una ripresa dell’economia per mezzo di una maggiore produttività e di un rilancio delle esportazioni (e poi c’è il solito ma non trascurabile dettaglio che non tutti i paesi possono diventare esportatori netti contemporaneamente), questa gara senza quartiere per massacrare lo stato sociale, le costituzioni democratiche e il tenore di vita dei lavoratori porterà senza ombra di dubbio ad un ulteriore inasprimento delle tensioni sociali, che prima o dopo sfocerà in aperto conflitto (speriamo non armato, anche se esistono tutte le premesse affinché la conclusione di questo scontro epocale fra monarchici e democratici sia sanguinosa e violenta). 






In buona sostanza, abbiamo visto che l’austerità funziona abbastanza bene come strumento di aggiustamento degli squilibri con l’estero, ma il prezzo da pagare in termini di coesione e malcontento generale è altissimo: come ripetono spesso gli esperti delle politiche del rigore, per applicare qualsiasi piano di intervento draconiano bisogna che ci sia un elevato grado di fiducia e di compartecipazione da parte di coloro che sono i principali danneggiati dai tagli. Ovvero proprio quello che manca ed è mancato in Europa in questi ultimi anni: lo scetticismo e lo scarso gradimento nei confronti delle azioni discutibili e delle scelte deprecabili della tecnocrazia europea ha infatti raggiunto, non a torto, il suo picco da diverso tempo. E come si può imporre dei sacrifici e delle privazioni alla gente che ormai non crede più nell’utilità di queste misure? Inoltre c’è un ultimo aspetto da considerare: la disoccupazione. Per favorire la dolorosa convergenza degli squilibri che si sta attuando oggi in Europa bisogna mantenere ancora per qualche anno un insostenibile tasso di disoccupazione nei paesi in deficit (stressed countries: Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia, Cipro, Slovenia) rispetto a quelli in surplus (vedi grafico sotto), perché un qualsiasi miglioramento nei livelli occupazionali della periferia potrebbe rendere vano il tentativo di recupero di competitività tramite svalutazione interna dei salari, far ripartire la ripresa delle importazioni e innescare la creazione di nuovi disavanzi commerciali. E fino a quando un’unione monetaria, che vive su impalpabili principi di omogeneità e uguaglianza di condizioni, potrà reggere ad una disparità così tragica ed evidente in uno dei fattori più determinanti e delicati nella vita sociale e politica di ogni singolo paese?






In definitiva, la Gabanelli e tutte le persone “banalmente” stupide (o “diabolicamente” malefiche) come lei, dovranno lavorare parecchio di trama e ordito per convincere milioni di persone che la via che si sta perseguendo oggi in Europa sia la migliore possibile e non esistano altre alternative valide per uscire dai pantani della depressione economica fortemente voluta e assolutamente evitabile. Per restare in bilico e rimanere credibili per molti anni ancora servono talmente tanti e tali equilibrismi logici e linguistici che è davvero difficile prevedere la buona riuscita di una simile strategia da circensi mediatici e truffatori di bottega. Quello che gli europei, dai tedeschi ai greci passando per italiani, spagnoli, francesi, dovranno chiedersi da qui in avanti è se vale la pena sacrificare le proprie vite, il proprio futuro, le proprie speranze, le proprie aspettative, per mantenere alto il totem di una moneta unica, che si regge soltanto sulla sofferenza, sul dolore, sull’umiliazione delle classi lavoratrici a vantaggio di quelle agiate e dei rentiers. E visto che per fortuna sta nascendo in Europa un forte partito di dissenso trasversale e transnazionale nei confronti di questo vessillo della stupidità e della brutalità umana, sarà molto complicato che così come accadde al nazista Eichmann, anche la Gabanelli e i suoi sodali potranno un giorno giustificarsi di fronte alle accuse di collaborazionismo, con un semplice: “Ma noi non sapevamo!”. Sapete, sapete, altroché se sapete, ma siete talmente idioti, stupidi, superficiali, banali da non riuscire nemmeno lontanamente ad immaginare le conseguenze pratiche delle vostre azioni scellerate e le implicazioni morali della vostra spregevole condotta.

Un enorme ringraziamento alla Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it

Nessun commento:

Posta un commento