La questione qui trattata prende spunto da questa dichiarazione che il Segretario della lega Nord ha rilasciato a Milano il 15 maggio e che su Twitter ha scatenato un putiferio fra euroscettici che la sostenevano nella sua legittimità ed eurofili che reagivo con indignazione o divertito sarcasmo.
Siccome sono un giurista prestato alla divulgazione economica, per un attimo torno nei miei panni e faccio qualche considerazione giuridica in merito: la questione "procurato allarme" nasce dal fatto che, a quanto è stato riferito da Salvini, molti sindaci leghisti sarebbero stati interpellati da i propri concittadini per avere rassicurazioni sulla realtà o meno delle conseguenze catastrofiche che avverrebbero se l'Italia uscisse dall'euro. Questi poveri funzionari, di fronte a richieste pressanti, avrebbero inviato mail per chiedere lumi al proprio partito, che, come tutti sanno, è in prima linea nella battaglia per uscire dalla moneta unica. Da qui, visto che i sindaci sono pubblici ufficiali per la legge, la reazione del segretario della Lega di ricorrere all'art. 658 c.p. che punisce "chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio".
La questione a mio parere deve essere affrontata in altri termini. L'art. 658 c.p. infatti punisce il reato di chi, con informazioni non corrette, mette in moto inutilmente la macchina statale: il tipico caso è la denunzia infondata dell'attuarsi di un grave reato o il propagare la notizia infondata dell'accadimento di un disastro (naturale o sinistro) in modo tale da mettere in allarme operativo le forze di pubblica sicurezza o gli organi preposti alle calamità. Quello che viene punito è quindi l'aver smosso inutilmente le autorità o averle messe in stato di preallarme: il Tribunale di Bologna, ad esempio, ha ritenuto sussistente la fattispecie dell'art. 658 nell'aver telefonato all'operatore del 112 annunciando falsamente il tentativo di suicidio da parte di una donna, determinando l'intervento delle forze dell'ordine (Trib. Bologna 15.1.2010). Non è punita pertanto la notizia allarmistica in sé, ma il fatto che sia stata comunicata alle autorità, mettendole in allarme o in moto; ciò significa che diffondere notizie false di pericoli inesistenti alla gente non è reato, se ciò non provoca un intervento concreto da parte delle autorità, dove per "concreto" si intende un intervento di tipo istituzionale ed operativo o l'approntamento di un tale intervento.
Il sindaco che non sa cosa rispondere a chi lo interpella sulle sciagure che colpirebbero i redditi ed i risparmi se si uscisse dall'euro e scrive al proprio partito, non compie un'attività istituzionale od operativa nell'ambito dei suoi poteri, e quindi non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 658 c.p..
Ma ci sono comunque dei limiti alla propaganda volta a terrorizzare le persone comuni? La questione non è facile.
A prima vista sembra soccorrerci l'art. 656 c.p. "Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico." il quale punisce "chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico". Qui in effetti il reato non è più nei confronti degli organi dello Stato, bensì a tutela dell'ordine pubblico: ma cosa si intende con "ordine pubblico"? Vi risparmio le discussioni dottrinali su uno dei concetti più oscuri ed indeterminati di tutto il codice penale, criticato soprattutto per la pericolosa genericità che ha dato adito a repressioni autoritarie (basti pensare che si è considerato, nella vigenza del codice Zanardelli del 1889, violazione dell'ordine pubblico persino il cantare a voce alta l'Inno dei lavoratori!), dove l'ordine pubblico era inteso come ordine costituito e quindi come preservazione del potere al governo, per arrivare all'interpretazione "democratica" data dalla Corte Costituzionale di ordine pubblico come diritto delle persone alla "pubblica tranquillità": in quest'ottica le notizie false, esagerate o tendenziose sono punibili in quanto turbino la tranquillità dei cittadini.
Sembrerebbe tutto risolto, quindi: la propaganda, che per sua natura è esagerata e tendenziosa, sarebbe punibile se arriva a spaventare, a togliere la tranquillità generale della popolazione ad essa soggetta. Vengono in mente le dichiarazioni catastrofiste che, ad esempio abbiamo visto qui. Ma non è così. Proprio per evitare che venissero colpite le opinioni e quindi il diritto sacrosanto di espressione del pensiero, sancito dall'art. 21 Cost., la giurisprudenza ha precisato l'ambito di applicazione della norma penale: il reato è compiuto quando quella che viene diffusa in maniera falsa o distorta è una notizia, ovvero l'accadimento di un fatto reale. Ecco le parole del Tribunale di Milano: "Poiché in base ai principi costituzionali in materia di libertà di manifestazione del pensiero, il termine "notizia", di cui all'art. 656 cod. pen., deve essere interpretato restrittivamente come annuncio, informazione, comunicazione di determinati fatti od eventi, non è configurabile il reato di pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico, qualora ci si sia limitati a formulare valutazioni, critiche, previsioni, apprezzamenti, sia pure tendenziosi, ovvero ad esprimere giudizi politici." (Trib. Milano 17.4.1972). Sulla stessa onda il Tribunale di Ravenna: "Il principio affermato dalla Corte costituzionale, secondo il quale l'espressione "notizie false, esagerate o tendenziose" impiegata nell'art. 656 c.p. è una forma di endiade con la quale il legislatore si è proposto di abbracciare ogni specie di notizie che, in qualche modo, rappresentino la realtà in modo alterato, è destinato a marcare una più netta distinzione tra le notizie e le opinioni: punibili, le prime, ove vengano presentate con notazioni di falsità e turbino concretamente l'ordine pubblico, pienamente lecite le seconde ancorché inesatte ed eterodosse." (Trib. Ravenna 2.7.1974). Le date delle sentenze sono importanti: ambedue le decisioni sono state emesse in un periodo di grandi turbamenti politici e sociali e tendevano a salvaguardare l'opinione, soprattutto politica, di tipo rivoluzionario o comunque anti-sistema espresse in pubblico o con scritti. Passato infatti quel periodo storico e soprattutto dopo il 1990 non vi sono più sentenze che si occupano di tale fenomeno.
Quello però che stiamo attualmente vivendo è di nuovo un periodo difficile e potenzialmente atto anche a disordini sociali (il movimento dei "forconi" ne è stato solo un assaggio), pertanto il problema si ripropone con una certa forza: fino a quando possiamo considerare lecita la proposizione di opinioni che ventilano o danno per inevitabili eventi futuri catastrofici per l'economia ed i redditi dei cittadini, in caso di rottura dell'unione monetaria? Fino a quanto è lecito spaventare l'opinione pubblica per costringerla a rimanere nella situazione attuale e sopportare le conseguenze dell'austerità? Proviamo a trovare un criterio oggettivo.
Nel principio sancito dalla Corte Costituzionale e riportato dal Tribunale di Ravenna si intuisce che la notizia inesatta o falsa diventa reato solo quando la libertà di espressione tutelata dall'art. 21 Cost, che è anche, si badi bene, libertà di dire cose assurde o false o distorte, va a collidere con un altro principio tutelato dalla Carta, come appunto l'ordine pubblico, inteso come regolare e tranquillo svolgimento dell'attività democratica e civile. Ma esistono anche altri principi: quello al lavoro ed alla giusta retribuzione (artt. 4 e 36), quello alla formazione di famiglie e alla tutela dei figli (art. 31), quello alla salute (art. 32), ecc.. Tutti questi diritti non possono venire calpestati o messi in pericolo e se il risultato di una comunicazione distorta di massa è l'attenuazione di questi principi o della loro tutela, ovvero l'accettazione che siano limitati, allora la comunicazione stessa diventa illecita. Ciò è conforme con tutta la giurisprudenza della Corte Costituzionale sull'equilibrio delle tutele e soprattutto sul limite generale della salvaguardia dei diritti fondamentali come criterio per valutare la liceità di qualsiasi norma o comportamento anche non normativamente previsto. Il caso ad esempio della risarcibilità dei danni non patrimoniali, anche se non derivanti da reato e quindi esclusi generalmente da tutela, quando il bene violato è costituzionalmente garantito, è ben noto in campo civile.
Si può quindi affermare che una propaganda che agevoli e favorisca la persistenza di una situazione di violazione di principi costituzionalmente garantiti è da considerare illecita: ma tale illecito è penalmente rilevante? Se applichiamo una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 636 c.p., allora si può concludere che vi possono essere forme di propagazione di opinioni che integrano il reato: quando ad esempio chi la esprime ha un ruolo istituzionale, ovvero si presenta con credenziali che rendono le sue affermazioni "fatti" per l'opinione comune e le opinioni non vengono presentate come tali, ma come certezze e quindi come fenomeni che sicuramente accadranno. La valutazione dovrà tenere presente la manifesta esagerazione nella descrizione di eventuali fenomeni catastrofici o dannosi, che superano qualsiasi possibilità seria di previsione da parte di un esperto in materia, configurandosi quindi in una consapevole e premeditata menzogna. La presenza di queste caratteristiche porterebbe l'opinione espressa a rappresentarsi come un vero e proprio fatto futuro che il propagandatore presenta come certo ed inevitabile e quindi idoneo a turbare concretamente l'opinione pubblica.
Altro aspetto è poi la possibilità che tale propaganda integri il reato di favoreggiamento reale di cui all'art. 379 c.p., il quale recita. "Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis, 648-ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da euro 51 a euro 1.032 se si tratta di contravvenzione.". Viene in mente ad esempio una propaganda che agevoli la turbativa dei mercati di cui all'art. 501 c.p., che significativamente ha come aggravanti "se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri" e "se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.", ovvero una propaganda che agevoli il ben più grave reato di cui all'art. 246 c.p. "corruzione del cittadino da parte dello straniero" (e vengono in mente gli incarichi e le consulenze che taluni hanno, per sé o per propri familiari, in istituzioni europee o banche internazionali...).
Come si vede il terreno è scivoloso ed il confine fra lecito ed illecito e soprattutto fra ciò che è penalmente rilevante e ciò che non lo è non è facilmente tracciabile: quello che è indubbio è che si possono e si devono trovare criteri per colpire ciò che va al di là della semplice affermazione di opinioni, per quanto infondate o bislacche, specialmente valutando che le conseguenze possono essere queste:
Vi è una correlazione fra suicidi e tasso di disoccupazione che, pur con tutte le cautele, è ormai da considerare assodato. Non a caso l'ISTAT, dal 2010 ha cessato di fornire le statistiche di tali cause di suicidio... Ora ritengo che propagandare come giuste, necessarie ed inevitabili politiche economiche che hanno come fine necessario l'aumento della disoccupazione, come si è visto in Spagna, Portogallo e Grecia, ed al contrario come foriera di disastri ancora peggiori l'attuazione di altre politiche, che presuppongono il recupero di sovranità fiscale e monetaria da parte dello Stato, soprattutto da parte di chi sa benissimo quali sono gli esiti delle une e conosce i reali pericoli delle altre, debba essere valutato con una severità maggiore in questo periodo, in cui è in gioco la vita dei cittadini e la sopravvivenza economica della Nazione.
Basta leggere lo splendido blog di Barra Caracciolo (linkato sulla home page) per comprendere che è in atto un tentativo concreto di attacco ai nostri diritti sociali ed economici, attraverso la gestione della crisi: siamo in una vera e propria guerra, combattuta con la moneta unica e le relative politiche liberiste al posto delle pallottole e degli eserciti, ma con effetti nei Paesi colpiti pari a quelli di una guerra guerreggiata (rileggete qui e poi mi dite se sto esagerando...), anche le parole quindi possono essere armi e devono essere maneggiate con cautela e responsabilità e il loro uso esageratamente distorto e terroristico deve essere impedito e sanzionato.
Non si può e non si deve scherzare sulla pelle delle persone...
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