Negli ultimi giorni si sono acuiti i segnali di un inequivocabile peggioramento economico e politico nella zona euro. I paesi maggiormente esposti al rischio speculazione hanno visto aggravare la propria posizione sia per l’incessante avanzata della crisi sia per una manifesta incapacità politica, condita da scandali e defezioni.
Le notizie che arrivano dall’Europa meridionale, come avevamo anticipato, ci raccontano l’assoluta instabilità dei governi, per scandali in procinto di esplodere (Spagna) o per esecutivi sull’orlo di una crisi di nervi (Portogallo e Grecia). La situazione è molto difficile in particolar modo nel paese ellenico, già formalmente fallito da tempo, che a fronte della richiesta di aiuti aggiuntivi si è vista sbattersi in faccia un elenco di ulteriori tagli e manovre atte a soddisfare i pruriti dell’austerità della Troika; stessa sorte per il Portogallo, con il tasso di interesse sui titoli di Stato cresciuto fino all’8%, e un governo che cerca disperatamente di trovare la forza per resistere, schiacciato da quella parte politica che, forse, si sta rendendo conto della macelleria che si è fatta negli ultimi anni.
L’Italia è stata retrocessa, come outlook, a BBB, ad un passo dalla spazzatura. Le ingerenze dei giorni scorsi in merito ai provvedimenti che il governo dovrebbe prendere hanno inevitabilmente pesato su questa decisione, visibilmente sospetta nel tempismo con cui è arrivata; il vincolo esterno, ancora una volta, domina un paese che avrebbe urgenza di ben altro (ad esempio una moneta “tagliata” sulla propria economia e una classe politica almeno dignitosa).
In Francia la situazione precipita speditamente, il Fronte Nazionale aumenta la sua popolarità e i potenziali elettori, la recessione che ha colpito il paese transalpino sta mettendo in serio pericolo la stabilità dell’euro e ne vedremo le conseguenze nei prossimi mesi. Il Presidente Hollande si trova con le spalle al muro, stretto tra la necessità di salvare l’apparenza nel finto asse franco-tedesco e la necessità di attendere l’esito delle elezioni in Germania di fine settembre per capire chi sarà l’interlocutore con cui trattare il futuro.
La necessità di una nuova manovra correttiva, per l’Italia, è uno spettro che giorno dopo giorno di materializza. La tenuta del debole governo è aggrappata a un filo sottile che potrebbe a breve spezzarsi se la condanna di Silvio Berlusconi divenisse definitiva. A quel punto il caos regnerebbe sovrano, ma la cosa potrebbe anche non essere negativa per noi, sotto molteplici aspetti. La situazione politica è fortemente orientata dalle decisioni del Presidente della Repubblica che a sua volta manifesta segni di affaticamento, forse si è reso conto di aver costruito un mostro a due teste che, sebbene abbiano comprovato di coesistere benissimo (e non da oggi), si è dimostrato ancora una volta incapace di affrontare i problemi reali e di discutere del vero e grande ostacolo alla ripresa, ovvero l’euro e i trattati europei che ci stanno distruggendo.
Le prospettive di crescita (0,5% nel 2014) sono talmente bizzarre e fraudolente che ormai nessuno ci crede più, tanto meno gli investitori che infatti monitorano costantemente l’evoluzione della crisi per approfittarne nel momento in cui la realtà (ovvero il precipitare del rapporto deficit/PIL) verrà a chiedere il conto.
La realtà è che con tale classe politica spaventa perfino l’eurexit. Non si tratta semplicemente di abbandonare una moneta per introdurne un’altra, si tratta di determinare una serie di accorgimenti per far si che il panico non furoreggi, che la società risenta il meno possibile dello shock, che l’inevitabile periodo transitivo che si porterà dietro la svalutazione della nuova moneta possa essere ammortizzato attraverso provvedimenti economici che ne favoriscano l’assunzione dei benefici e ne controllino gli effetti negativi.
Tutto questo a chi lo affidereste? Io un nome non sono in grado di farlo.
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