di Wolfgang Munchau
A due mesi dalle elezioni in Germania, non si può imputare al ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble di aver rifiutato di considerare la cancellazione parziale del debito greco nella sua recente visita ad Atene. L'approccio di Berlino alla crisi, sostiene Wolfgang Munchau in A Grexit is starting to look more feasible for Athens, è però semplicemente non applicabile nel breve periodo. Ma la domanda che pone il Columnist del Financial Times è sempre più pressante: è economicamente razionale per la Grecia seguire il sentiero indicato dal ministro delle finanze tedesco, oppure dovrebbe lasciare l'eurozona o, terza opzione, dichiarare default ma restando nell'euro?
La principale difficoltà che si incontra nel cercare di rispondere a questa domanda, prosegue Munchau nella sua analisi, risiede nelle opzioni politiche in gioco non a conoscenza dei media: ad esempio, il governo greco potrebbe aver ricevuto assicurazioni ufficiose sulla ristrutturazione del debito – estensioni del prestito, riduzioni del tasso d'interesse, ulteriori aiuti - che non sono pubbliche. Del resto, in conversazioni con uomini politici europei, Munchau sottolinea come solo raramente qualcuno si espone sulla possibilità che Atene potrà mai consolidare il suo debito e riportare l'economia alla piena occupazione.
Valutando le condizioni attuali, un'uscita sarebbe l'opzione più semplice.
Con una bilancia dei pagamenti primari in attivo – senza considerare gli interessi accumulati - un paese può avere meno difficoltà da questo punto di vista. E nelle sue ultime previsioni rilasciate a maggio, la Commissione europea ha stimato a zero la bilancia fiscale primaria della Grecia per quest'anno ed un surplus dell'1,8% per il prossimo anno. Da un punto di vista economico, la Grecia andrebbe incontro ad una recessione nel primo periodo, ma una deprezzamento reale della nuova moneta potrebbe presto restaurare il sentiero della crescita soprattutto per il boom del turismo. L'argomento economico contro l'uscita è che il guadagno immediato in competitività sarebbe stato assorbito dall'aumento salariale, lasciando il tasso di cambio immutato.
Dopo aver sottolineato che la sua critica alla politica europea non riguarda il grado di riforme imposte – anzi Atene dovrà continuare a farle per i prossimi anni soprattutto per il settore pubblico – Munchau sottolinea come le riforme e l'austerità, in modo paradossale ed ironico, costituiscono oggi una precondizione simultanea per restare nell'euro-zona ed una per la sua uscita.
Il contesto economico e finanziario creato lascia ad Atene due opzioni solamente: la prima è di riformare e dichiarare default all'interno della zona euro – una strategia che sarebbe accolta solo da alcune capitali europee – la seconda è di riformare e dichiarare default al di fuori dell'euro zona – una decisione che la Grecia può prendere unilateralmente se accompagnata dalle scelte macroeconomiche giuste. Dato che non è percorribile a lungo, l'opzione di Schäuble - riformare senza default - ha senso solo se si considera la possibile uscita di Atene nel breve periodo.
Un paese può decidere di restare all'interno dell'eurozona per ragioni politiche e di sicurezza, conclude Munchau, ma il dibattito è arrivato ad un livello diverso, vale a dire se ci sia la convenienza di un'uscita da un punto di vista economico. E quando ci sarà la scelta definitiva, gli esiti diventeranno sempre più difficili da prevedere.
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