Il default dichiarato dalla città di Detroit (18 miliardi di dollari) è l’ennesima figurazione dei danni provocati dalla finanza “deregolamentata” (correa la politica), la stessa che ha causato il crack 2007-2008 e che ha contribuito a smascherare la vera natura dell’euro e di questa Europa, mettendo in ginocchio l’economia europea.
La libertà di circolazione dei capitali, sotto forma di prestiti indiscriminati, ha spinto i paesi (o le città, come nel caso di Detroit) e i loro governanti a prostrarsi di fronte agli afflussi di denaro prima e merci poi, salvo poi dover rendere conto quando la situazione è diventata insostenibile.
Non si tratta di etica, i mercati operano anche in base ai vincoli imposti o, per contro, alle libertà di cui usufruiscono; il capitalismo si fonda sul debito, questo è universalmente accettato, ma quando diventa danno perché in se nutre il secondo fine (che può essere il mero profitto come il controllo di altri paesi) ecco che rivela il suo pericolo ed ecco che le istituzioni dovrebbero (devono) intervenire.
Non è accettabile che uno stato come la Grecia sia relegato a paese di terza fascia perché gli viene sollecitato di onorare un debito sconsiderato (colpa del debitore) offerto da un paese approfittatore (colpa del creditore).
I parametri dell’Unione Europea sono ormai insostenibili per la maggior parte dei paesi che hanno adottato la moneta unica, il rapporto deficit/PIL è in costante aumento perché l’economia non riparte e si soffocano investimenti e futuro nel nome di un meccanismo che ormai ha mostrato il suo lato oscuro e porterà solo a un ulteriore ampliamento dei danni; il primo passo da fare, per l’Italia e gli altri paesi periferici alla Germania, è quello di ridiscutere i trattati, rivedere le proprie posizioni, riavvicinarsi alla possibilità di riacquistare quella sovranità che è stata svenduta a poco prezzo, per qualche spicciolo di euro.
Il futuro dell’Europa e della sua stabilità sociale dipenderà solo ed esclusivamente dalla capacità che avranno i partiti di maggioranza nei vari stati di riportare il proprio paese al centro del dibattito, riportare l’Europa a una dimensione di collaborazione internazionale e scambio commerciale ma che rispetta l’identità e le Costituzioni dei suoi membri, e non le fa a pezzi ponendosi come faro guida ed entità sovranazionale per inseguire il sogno di profitto tedesco.
Andrea Visconti
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