lunedì 23 marzo 2015

Le pillole rosse - 8° pillola: la corruzione



Forse, insieme al debito pubblico, la corruzione è il tema più caldo da trattare. Quando si pronuncia la parola corruzione (con due erre arrotate ed una zeta che paiono tre) si evoca nel pensiero dell'ascoltatore un mostro mitologico che inghiotte risorse ed impoverisce il Paese, che sotto i suoi piedi ungulati costringe l'Italia a rimanere ferma nella corsa al progresso ed allo sviluppo. Un mostro nutrito da una classe politica incapace ed inefficiente che solo grazie ad esso può assurgere a posizioni rilevanti, a scapito di tanta gente capace ed onesta che meriterebbe e che viene calpestata e derisa (la citazione non è casuale...). Il vero problema della crisi italiana.

O no?

Capiamoci: la corruzione è un male e va combattuta e qualsiasi norma che la contrasti, qualsiasi azione volta a colpirla e debellarla è assolutamente utile e meritoria, ma chiunque la assurga a spiegazione della crisi od a giustificazione del vincolo esterno europeo, per definizione moralizzatore e benefico contro la piaga corruttiva, beh, o è vittima della martellante campagna mediatica di Matrix (per chi non sa cosa sia consiglio di cominciare dalla pillola n. 1), o ne è volontariamente complice.

Per valutare l'effettiva pericolosità di questo mostro occorre innanzitutto conoscerlo e capirlo, per cui vediamo cosa è la corruzione e da dove nasce.

La corruzione si può definire come quell'azione da parte di un soggetto tendente a modificare a suo favore l'iter normale di una decisione od il suo esito da parte di un organo amministrativo o politico. Il risultato è che un appalto, una fornitura o un servizio vengono affidati ad un soggetto piuttosto che ad un altro. La corruzione è un costo ulteriore per il corruttore (normalmente un impresa) e un guadagno extra per il corrotto (funzionario o politico). Dal punto di vista economico la corruzione non è un male in sé, in quanto determina solo uno spostamento di ricchezze fra due soggetti ed al limite una diversa allocazione di risorse pubbliche, che non è detto sia meno efficiente. Bisogna infatti distinguere le cause e le conseguenze della corruzione: se chi corrompe lo fa per sveltire un iter che comunque si dovrebbe compiere, la corruzione ha addirittura un effetto positivo sul sistema. Questo è ad esempio il caso di un Paese in via di sviluppo con procedure decisionali poco efficienti, le quali vengono sveltite dalla c.d. mazzetta, che permette il raggiungimento dello scopo (che si sarebbe raggiunto ugualmente, come una commessa di acquisto di beni esteri) in un tempo minore.

In generale comunque la corruzione ha un effetto distorsivo sulla spesa pubblica, perché può favorire un fornitore di beni o un appaltatore non ottimale, sia per la qualità oggettiva del prodotto offerto, sia per il rapporto qualità/prezzo dello stesso, con il risultato di avere un bene pubblico di minore qualità o comunque troppo costoso per il suo valore. Con i limiti alla spesa derivanti da vincolo esterno poi, ciò si traduce in minor possibilità di spesa per ulteriori beni o servizi. A ciò si aggiunga che, di solito, un bene di minor qualità ha una vita più breve o necessita più frequentemente di riparazioni e sostituzioni, con un aggravio della spesa ad esso relativa.

Sintetizzando le ragioni che causano la corruzione, essa si manifesta più facilmente quando:

- Vi sono regole di comportamento o procedure decisionali troppo complesse o farraginose.
- C'è un'alta discrezionalità del soggetto decisorio.
- I controlli sono assenti o ex post rispetto alla decisione.
- Gli stipendi dei funzionari addetti alla decisione od al controllo sono bassi.

Qui già è possibile fare un'osservazione che spiazzerà tutti i sostenitori dell'opera moralizzatrice dell'Unione Europea: molte di queste fonti di corruzione sono state incrementate dalla legislazione comunitaria.

La UE infatti ha decisamente complicato gli iter decisionali e la complessità della vita economica delle aziende, stabilendo minuziosi quanto pedanti requisiti per la produzione di beni o l'effettuazione di servizi ed opere; ha spostato i livelli decisionali decentrandoli, aumentando così il potere e la discrezionalità in ambito locale, molto più suscettibile di pressioni corruttive; ha infine spostato i momenti di controllo dell'attività amministrativa locale, ponendoli quasi tutti ex post (per un esauriente sintesi vedi questo post di Barra Caracciolo). L'austerità decisa a livello europeo e alimentata dai rigorosi vincoli di spesa, che dovevano essere moralizzatori, ha poi impoverito il settore pubblico, sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista delle risorse umane disponibili, rendendo da una parte più corruttibili i funzionari, dall'altra meno efficienti i controlli, per la scarsità dei soggetti controllori rispetto al volume di attività, oltretutto a volte con la tagliola temporale del silenzio-assenso, che impone tempi di intervento incompatibili con la scarsità dei mezzi e del personale.

Una pubblica amministrazione propagandata come più snella e quindi più agile (come se fosse un corpo fisico che si muove meglio se pesa meno...) nei fatti si è trasformata in più vecchia (per il tasso di sostituzione minore degli impiegati, a causa del blocco dei turn-over), più povera (sono tre anni che vige il blocco dei salari), meno rapida ed efficiente (pochi addetti per alto volume), meno controllata e meno controllante l'attività privata e, complessivamente, meno motivata, quindi meno produttiva. Tutti questi sono ottimi terreni di coltura per il proliferare di attività corruttive o concussive.

Ma la corruzione che impatto ha sui fondamentali economici di un Paese? Esiste una correlazione fra corruzione e crescita del PIL, corruzione e debito pubblico, corruzione e crisi economica?

Per quanto riguarda la prima questione un interessante analisi empirica pubblicata dall'Università di Milano -Bicocca ci dice che, mentre per i Paesi in via di sviluppo la corruzione influisce sulla crescita del PIL con un moltiplicatore maggiore di 1, ovvero un aumento di 1 unità dell'indice di corruzione percepita (CPI) (aumento perché l'indice va da 10, zero corruzione, a 0, paese totalmente corrotto) corrisponde ad un tasso di crescita economica di 1,22% e dello 0,50% del PIL reale pro-capite, per i Paesi ad economia avanzata, come l'Italia, l'impatto, a parità di altri fattori, è molto meno rilevante, addirittura provoca un aumento solo dello 0,05% del tasso di crescita economica. Ciò quindi esclude una seria rilevanza ed una correlazione fra corruzione e crescita nei paesi ricchi. Qualcuno potrebbe storcere il naso per la poca autorevolezza dell'autrice dello studio (una semplice laureanda): questo lavoro però trova autorevole conferma in questo articolo su Foreign Policy dove vengono riportati i risultati di alcuni studi accademici che dimostrano la scarsa correlazione fra corruzione e crescita economica che risulta molto più legata alla qualità della classe politica, al grado di libertà delle istituzioni ed al livello dell'economia globale.

Una frase merita di essere riportata, perché è riferita alla situazione attuale in Sud Europa: "While anti-corruption measures are probably a net positive in the long run (not to mention an essential PR move in countries rightly seething with anger at their elites), they can also be something of a red herring; in European countries decimated by austerity, teetering banks, and the loss of independent monetary policy, corruption is a secondary issue." (grassetto mio).

Neanche il debito pubblico sembra correlato con la corruzione: un'analisi empirica rigorosa compiuta dall'economista Alberto Bagnai e pubblicata nel suo blog, dimostra che non vi è rapporto di causa - effetto fra CPI e livello di debito pubblico. L'analisi di Bagnai è confermata da questa elaborazione grafica tratta dal blog di Wendell Gee su dati FMI




I puntini, rappresentanti i singoli Stati, sono dispersi e non offrono alcuna correlazione fra livello di debito e tasso di corruzione (che qui va da 0 (nessuna corruzione) a 100 (massima corruzione)).

Per il rapporto fra crisi e corruzione, basta dare un occhiata a questi grafici, che a qualche lettore saranno ben noti:


Fonte dati: ISTAT





Fonte: goofynomics


Ora i casi sono due: o il livello di corruzione in Italia è aumentato vertiginosamente a fine anni '90, peggiorando il nostro saldo estero, deprimendo la produzione industriale e portandoci al declino rispetto ai nostri vicini, o la crisi italiana non dipende dalla corruzione, che c'era ben prima (e basta rileggere la storia degli anni '80 - '90 per rinfrescarsi la memoria...).

Questo è lo storico dei livelli di corruzione negli anni dal 1995 al 2004:


Nel periodo in cui comincia a calare la produzione, il conto economico peggiora ed aumenta lo scarto reddituale fra Italia e resto dell'UE, l'indice CPI di corruzione sale (quindi la corruzione percepita scende) da 3.4 a 5.3 per arrivare ad un massimo di 5.5 nel 2001, quando gli indicatori economici cominciano a collassare. La minor corruzione non sembra quindi portare ad una maggiore crescita, anzi paradossalmente sembra accada il contrario: evidentemente non vi è relazione fra i due fenomeni e il declino prima e la crisi poi sono causati da altro.

Il fatto è che sicuramente la corruzione è una distorsione che impedisce l'allocazione ottimale delle risorse pubbliche, ma crea comunque una ricchezza in capo a soggetti che viene in effetti spesa o, come accade negli ultimi tempi, la corruzione è essa stessa direttamente spesa per beni o servizi che il corrotto non potrebbe permettersi, per cui non può essere considerata la causa della crisi, che come abbiamo più volte detto è una crisi di redditi e quindi di domanda di beni e servizi e conseguentemente di investimenti, come si può vedere:



Pare vero invece il contrario, ossia che la crisi abbia peggiorato il livello di corruzione dell'Italia, poiché il funzionario pubblico, con i tagli di stipendio o comunque il mancato adeguamento dello stesso all'inflazione, tende più facilmente a cercare di mantenere il proprio livello di vita e consumi attraverso entrate extra, derivanti appunto da corruzione, una corruzione spicciola che spesso prende la forma opposta di concussione: la richiesta di denaro del soggetto pubblico per compiere il suo dovere. Se vediamo i dati di CPI storici dell'Italia abbiamo la conferma di questa situazione:



Come si nota fino al 2008 il CPI rimane costante oscillando fra 5.3 a 4.8, a seconda delle rilevazioni. Dopo il 2008 l'indice CPI scende, quindi aumenta il tasso di corruzione percepita, andando fino al 3.9 del 2011.

Un ultima considerazione: a vedere il primo grafico comparativo l'Italia sembrerebbe storicamente porsi in una via di mezzo fra l'onestà dei Paesi industrializzati, che viaggiano su una media fra il 7.6 e il 7.9 e quella dei Paesi in via di sviluppo, che si attestano fra il 3.8 e il 4.2. Il peggioramento degli ultimi anni poi ci porrebbe decisamente al livello delle democrazie meno sviluppate ed i risultati del 2014, che hanno trovato profondo eco sui mezzi di informazione, ci darebbero come i più corrotti in Europa, per la gioia degli auto-razzisti di cui la nostra nazione pullula. Questo ci dice l'indice di corruzione percepita che prende in considerazione le impressioni di un panel di imprenditori e manager. Ma se si va a vedere un'altro tipo di sondaggio che prende in considerazione una domanda diretta, allora si hanno delle sorprese:

Fonte: Global Corruption Barometer


La percentuale degli episodi di corruzione/concussione diretta e non percepita pone l'Italia incredibilmente al pari dell'Inghilterra e in posizione migliore addirittura della Svizzera, anni luce distante dalla Grecia, che invece secondo il PCI avremmo superato. Ora, questo non significa che la situazione sia effettivamente così rosea, vi possono essere molti fattori che vanno presi in considerazione, come l'importo complessivo delle tangenti o la reticenza ad ammetterle, anche in via anonima, ma significa comunque che gli indici di corruzione sono da prendere con molta cautela, trattandosi a volte di meri convincimenti, magari alimentate dalla stampa, o a volte di semplice sentito dire. Quello che è sicuro è che ad oggi non vi è un metodo preciso e sicuro per conoscere l'entità del fenomeno corruttivo in un Paese, né un organismo realmente indipendente e trasparente che ne possa dar conto.

Se pensate quindi che il problema dell'attuale declino si risolva con la lotta alla corruzione, giusta e sacrosanta ma non primaria, fate solo il gioco di chi vuole sviarvi dai veri problemi: se non li conoscete basta leggersi questo per cominciare a farsi un idea e magari questo per capire perché c'è tanta gente che si frega le mani e vi incoraggia quando gridate come Giannini "Stato ladrooo"...


2 commenti:

  1. C'è una parte del tuo articolo che è molto significativa, quella in cui fai una distinzione tra un tipo di corruzione, limitata alla sola assegnazione di un lavoro ad un soggetto piuttosto che ad un altro e che comporta un costo espresso in termini di tangente che potrebbe avere una influenza poco significativa sull'economia nel suo complesso, e quella viceversa del secondo tipo che invece comporta l'assegnazione di un lavoro ad un soggetto che poi esegue l'opera, diciamo, non a regola d'arte. Inoltre comporta talvolta un costo maggiorato dovuto ad una progettazione finalizzata a questo obiettivo. In questo caso allora la questione si fa differente ed il fenomeno influisce sensibilmente sull'economia nel suo complesso se il numero di casi è elevato, non magari a tal punto da causare una crisi però costringe tale economia ad un gap di competitività, soprattutto se accompagnato da altre anomalie quali evasione e malavita.
    Quello che oggi fa discutere si riferisce ai molteplici casi che da decenni ci hanno riguardato in quasi tutte le grandi opere: eventi sportivi internazionali, Expo, MOSE, ricostruzioni o comunque interventi post-disastri naturali (o pseudo tali), autostrade etc... Qui non si tratta solamente di aver assegnato i lavori ad una ditta piuttosto che ad altre ma un complesso di fattori che hanno poi portato gli stessi a costi ingiustificati. Io inserirei pure la complessità della burocrazia come elemento che favorisce la corruzione.
    Ci si chiede a quanto ammonterebbe questo malaffare, giusto per comprendere quanto questo influisca sull'economia. E' ovvio che stime possono essere fatte solo in via approssimativa, in base anche alla metodologia scelta, prendendo i dati relativi a fatti emersi e poi tramite opportune equazioni effettuare una stima. A mio avviso anche senza arrivare a determinare una cifra attendibile è intuibile come si possa parlare di diversi miliardi di euro l'anno visto che come sappiamo sono emersi casi che hanno coinvolto praticamente la maggior parte delle grandi opere.
    Poi sempre in tema di stima occorre definire che cosa considerare per tale valutazione, solo il costo delle tangenti oppure anche altro? Esempio, se tu devi decidere a chi assegnare un appalto per la costruzione di un ponte (in teoria con gara pubblica, poi nella realtà con questa 'truccata') ed io mi presento inizialmente con due progetti: uno di valore 100 e l'altro da 150 e ti dico che a te riservo una 'mazzetta' del 3%, tu propenderai quasi certamente per il progetto più oneroso (e in parte superfluo), in questo caso come calcoli il costo del malaffare: 4,5 (la sola tangente) oppure 50 (il maggior costo - non necessario - dell'opera) più 4,5 della tangente? Se facciamo riferimento al solo ammontare delle tangenti allora la sua implicazione sull'economia è irrilevante ma se consideriamo anche i maggiori costi (spesso definiti sprechi) allora il discorso cambia.
    Altro esempio: il fattore disincentivante di investimenti dall'estero è da considerare? Magari non è strettamente correlato alle grandi opere però interessa altri casi in cui comunque c'entra la corruzione.
    Io sono dell'opinione che la corruzione sia un fenomeno impossibile da eliminare del tutto però è possibile ridurlo. Da solo non comporta danni rilevanti, ma sensibili sì, però se unito ad altre 'malattie' come l'evasione fiscale e la malavita allora può mettere un freno rilevante alle capacità di sviluppo del Paese. Ecco perché credo che se vogliamo uscire dalla condizione di apatia in cui versa la nostra economia bisogna affrontare tutti i temi a prescindere se uno da solo non è in grado di far cambiare passo al Paese.

    RispondiElimina