domenica 7 settembre 2014

Minijob e Costituzione



Si torna a parlare di minijob. Se ricordate, ne abbiamo accennato quando abbiamo visto le ragioni della concorrenzialità della Germania dopo il 2002 e, se ne volete un consuntivo da parte di chi li ha applicati, questo articolo su Voci dalla Germania ne mostra luci ed ombre. Da ultimo l'ottimo blog Kappa Di Picche ha esaminato come funzionano.

Quello che a me interessa approfondire è il rapporto fra questo modello di lavoro e i concetto di lavoro che vige nella nostra Costituzione, per vedere se i sistemi sono compatibili. Intanto poniamoci una domanda: tutti sappiamo che l'art. 1 definisce l'Italia come una Nazione fondata sul lavoro, ma, in concreto, cosa significa questo essere fondati sul lavoro?

L'art. 1 è la norma che da, non solo una definizione del nostro Paese, ma diciamo la cornice entro la quale esso si definisce e caratterizza; l'Italia come Nazione, ovvero come una comunità che si riconosce in un sistema sociale ed in un territorio, è tale in quanto è una Repubblica ed è retta da un sistema democratico ove il popolo è sovrano, quindi si autodetermina nei limiti e con le forme previste dalla Costituzione. Se mancasse uno di questi elementi mancherebbe la Nazione stessa. Fate attenzione: quanto detto basterebbe già a definire uno Stato, vi sono tutti gli elementi caratterizzanti, ma la norma va oltre, definisce anche il principio fondante di questa comunità e, fra tutti i principi (libertà, uguaglianza, giustizia, pace, ecc.) indica il lavoro, facendolo diventare così un ulteriore elemento indispensabile alla definizione di Italia come Nazione.

Questo non è di poco conto: siccome il lavoro è un espressione della personalità dell'individuo, la nostra Costituzione ci dice che l'Italia considera questa espressione come la più alta in assoluto. Il lavoro è quindi la più elevata e nobile espressione della persona, con il lavoro l'uomo afferma la sua dignità di cittadino e quindi crea insieme agli altri la Nazione che si chiama Italia. La nostra Costituzione conseguentemente non ama gli sfaticati, quelli che possono, ma non lavorano: il lavoro è un dovere, oltre che un diritto, ce lo dice l'art. 4, perché appunto la crescita della comunità, la sua prosperità economica e morale deriva dall'apporto lavorativo, ciascuno secondo le sue capacità, del singolo individuo, lavoro che può essere fisico o mentale, materiale o spirituale o artistico, ma che deve concorrere al progresso della società.

Cosa comportano queste affermazioni? Evidentemente che il lavoro è un valore che deve essere salvaguardato, che deve avere dignità e che rientra fra i compiti dello Stato garantirlo e far si che sia effettivo, in quanto diritto supremo del cittadino. Come vedete dalla collocazione del lavoro nell'art 1 possiamo già dedurre quello che sarà poi effettivamente esplicitato negli artt. 3, 4, 35, 36, 37, 38, 39 e 46 della Costituzione: se andate a leggerli (tutti dovrebbero leggere e rileggere la nostra Carta, così poco conosciuta...) vi troverete quanto abbiamo finora detto ed altre necessarie conseguenze, come la tutela previdenziale, sindacale ed il diritto a partecipare alla gestione delle aziende.

Uno di questi articoli, il 36, merita un'attenzione particolare. Vediamo cosa dice:

Articolo 36

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

La norma è chiara e, come detto, è l'esplicazione del principio della concezione "alta" del lavoro: la retribuzione, pur parametrata all'attività svolta, deve in ogni caso permettere al lavoratore di non essere schiavo del bisogno (questo è il senso del concetto di libertà) e di esistere dignitosamente, che è cosa ben diversa dal mero sopravvivere.

In questo quadro quindi come si pongono e soprattutto che compatibilità hanno i minijob? Vediamo qualche dato, tratto da uno studio spagnolo:

Fonte http://blogs.publico.es

I minijob come si vede sono massicciamente utilizzati in alcuni settori dei servizi e dei lavori più semplici, a bassa specializzazione: il dato non irrisorio di occupati nell'industria di trasformazione (596.769, dato a luglio 2013) conferma quel dumping salariale che è alla base del boom delle esportazioni che ha fondato il "miracolo" economico tedesco e che è stato messo in luce da un'inchiesta del settimanale Die Zeit, di cui trovate la traduzione qui e qui. Il dato più significativo è però quello della terza tabella relativa alla durata media dei contratti minijob, contratti che ricordo nascono con l'intento di fornire un'attività lavorativa temporanea a studenti, casalinghe o altri soggetti che non vogliono un'attività a tempo pieno, ma un aiuto economico per integrare i loro redditi: quasi il 12% dei minijobbers impiegati nel settore imprenditoriale (esclusi quindi colf e lavoratori comunque domestici) hanno un contratto che dura da almeno sette anni e complessivamente sono il 32% i lavoratori che da almeno quattro anni lavorano con questo tipo di contratto.

Secondo Francisco Trillo, professore di Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale all’Università di Castilla-La Mancha, più di 4,5 mln. di donne lavorano con contratti del genere e di queste più di 3 mln. non hanno altra fonte di reddito: inoltre sempre le donne sono impiegate in una percentuale tra il 70 e l'80% nella fascia di lavori di bassissima qualità.

Infine riguardo alla previdenza, stando a un rapporto del Ministero del Lavoro tedesco, le contribuzioni per gli impiegati dei minijob daranno loro diritto solo a 3,11 euro di pensione al mese per ogni anno di lavoro: calcolando un lavoratore che non avesse altra fonte di reddito per 37 anni lavorativi alla fine si ritroverebbe con una pensione mensile di 115,7 euro!

Se quindi consideriamo come in pratica sono stati applicati in Germania non possiamo che rispondere alla domanda che ci siamo posti in questi termini: i minijob sono in insanabile contrasto con il dettato costituzionale. Essi sono l'espressione coerente del principio liberista della perfetta flessibilità del salario in basso ed il loro uso è coerente con l'idea del lavoro come merce, antitetico alla visione "keynesiana" del lavoro nella Carta.

Il primo articolo violato è evidentemente proprio l'art. 36: una retribuzione media di 450 euro per una attività lavorativa che nella pratica viene utilizzata per sostituire un contratto regolare (dall'introduzione dei minijob sono stati eliminati 340.000 posti di lavoro stabili), pur con gli aiuti statali a sostegno, non può essere considerata una retribuzione dignitosa; conseguentemente all'impossibilità di un tenore di vita, se non di mero sostentamento, viene violata anche la norma dell'art. 29 e dell'art. 31 che prevedono il dovere dello Stato di garantire ed agevolare la formazione della famiglia, intesa come nucleo originale sociale.

Altro articolo in contrasto è l'art. 38 che garantisce la previdenza, visto che alcuni minijob, quelli più bassi, non prevedono alcun tipo di tutela per malattia, ed il diritto alla pensione, che, come abbiamo visto, è praticamente inesistente.

Anche l'art. 37 che tutela il lavoro femminile e con esso il diritto della lavoratrice alla propria maternità, è incompatibile con l'applicazione di questi contratti, che non prevedono la maternità e soprattutto che relegano le donne ad un'attività lavorativa di bassissima qualità, creando dei veri e propri "ghetti" mansionali, in dispregio del principio sancito della parità di trattamento con l'uomo.

Perseguire quindi una "piena occupazione" attraverso il minijob è non solo un'ipocrisia sociale, poiché si fa finta di risolvere un problema occupazionale gonfiando a dismisura la precarietà, ma e soprattutto una chiara violazione del principio costituzionalmente garantito della dignità del lavoro, come mezzo supremo di esplicazione dell'uomo e come strumento per godere pienamente di tutti gli altri diritti, ovvero quella libertà di partecipare alla vita sociale, politica, culturale e d economica del paese, sancito dall'art. 3.

Il nostro Governo ed il nostro Parlamento dovranno valutare bene quindi in che misura e con quale grado di tutele dovranno eventualmente essere integrati nel nostro ordinamento: il rischio di una pronuncia di incostituzionalità che travolga tutto il sistema, soprattutto se si dovesse prendere acriticamente il "modello" tedesco, non può essere ignorato, neppure in nome della produttività.

6 commenti:

  1. Caro Luigi, ho letto il tuo articolo che in pratica non fa altro che ribadire i tanti luoghi comuni e inesattezze che ruotano attorno ai famigerati (per noi, non per chi li ha in vigore, ovvero i tedeschi) minijob.
    Qui da noi sono stati presentati con estrema superficialità e non si è nemmeno compreso il perché siano stati introdotti: non per creare (o pagare meno) lavoro, bensì per ridurre gli oneri assistenziali.
    Ma andiamo per ordine, intanto cosa sono i minijob (e mi limito a questa categoria tralasciando la versione maggiore: i midijob)? Se lo chiediamo in giro molti risponderanno che si tratta di contratti che prevedono un compenso mensile di 450 euro. E' quindi comprensibile che un lavoratore che si alza alle 6:00 del mattino (se non prima), prende poco dopo un mezzo di trasporto, inizia la sua attività alle 8:00 per terminarla verso le 17:00 e fare ritorno a casa un'ora dopo per un compenso di 1.100-1.300 euro netti mensili, sentire parlare di contratti che vengono retribuiti meno della metà non può che far scattare in lui una avversione come si trattasse di peste.
    Ma se li definiamo correttamente e spieghiamo bene cosa sono e quando si applicano può essere che la valutazione di chi legge possa risultare diversa. I minijob sono contratti 'atipici' (tu sei un legale quindi non serve che ti spieghi il significato) che sono utilizzati a fronte di lavori secondari o marginali in cui non è possibile o conveniente prevedere le forme standard o regolari. I minijob godono di benefici fiscali e contributivi a patto che il compenso non superi ad oggi i 450 € mensili o i 5.400 € annuali nel caso la durata raggiunga tale periodo. Quindi si può utilizzare un minijob se retribuito con 450, 330, 270, 150 euro etc... Prima però di parlare di sfruttamento e chiamare in causa la Costituzione facciamoci una domanda: quante ore di lavoro sono previste? Eh si, perché scusa, se non mettiamo insieme compenso e orario come possiamo parlare di sfruttamento? Una cosa sono 450 € mensili per lavorare 8 ore al giorno, 40 alla settimana e 160 al mese; altro è se il contratto prevede ad esempio 15 ore settimanali e quindi circa 60 al mese. Oppure 200 euro se si chiede di svolgere in tutto 20 ore.
    Quali tipi di lavoro vengono compensati con i minijob e chi sono coloro che lo sottoscrivono? I tipi di lavoro sono tutti quei lavori marginali che sono presenti dappertutto, anche da noi, con la differenza che spesso (soprattutto in Italia) vengono retribuiti in nero e questo avveniva anche in Germania: Poi con le riforme Hartz, che li ha modificati rispetto a come erano prima (i contratti atipici sono presenti dal 1977) riducendo di molto il cuneo fiscale e prevedendo pesanti sanzioni in chi non denuncia i compensi (sia per il datore di lavoro che per i percettori del reddito), non c'è convenienza all'irregolarità. Perché il governo Schröder ha voluto questa riforma? Semplice, il welfare tedesco prevede un intervento assistenziale verso chiunque si trovi disoccupato e/o in una condizione di necessità e questo senza una scadenza prefissata. Molti però, prima della riforma, percepivano l'assegno statale e svolgevano comunque qualche lavoretto (spesso più di uno) in nero, arrivando così a percepire complessivamente un reddito non indifferente. Le spese del welfare erano elevate e per ridurre l'onere Schröder ha pensato bene di fare questa riforma, così se si percepisce un reddito via minijob lo si viene a sapere (quando si fa richiesta di un sostentamento si rilascia l'autorizzazione all'agenzia federale per il lavoro di guardare dentro il proprio conto corrente) e quindi l'importo viene scalato dall'assegno sociale (tranne una parte forfettaria). [1/2]

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  2. Chi accetta un minijob? Di certo non il cittadino che ha necessità di lavorare l'intera giornata, ergo di percepire un reddito atto a permettergli un adeguato livello di vita. Certo, poi se uno è disoccupato e dopo qualche tempo non riceve alcuna proposta, è comprensibile che si affidi ai lavoretti part-time o meglio mini part-time, spesso svolgendo più di un 'lavoretto' e quindi mettendo insieme più di un minijob. Io posso darti tutte le informazioni a riprova di quanto detto e che dimostrano come i minijob tanto famigerati non sono, anzi sarebbero utili anche da noi proprio perché denunciando tutti (o gran parte) dei compensi percepiti a fronte di lavori marginali l'onere nominale di un welfare simile risulterebbe molto meno oneroso e quindi facilmente proponibile.Ti lascio il link della sezione "Offerte di Lavoro" dell'Agenzia Federale per il Lavoro così puoi (e lo stesso vale per chiunque lo desideri) verificare che genere di lavori, talvolta con i relativi compensi, sono offerti con i minijob: https://jobboerse.arbeitsagentur.de
    E' in tedesco ma in alto a sinistra puoi cambiare l'impostazione in lingua italiana (nel menu "Sprache", poi premi "Ändern"), poi nel menu a tendina alla prima voce obbligatoria "Cercate" seleziona "Occupazioni di piccola entità/lavori occasionali" (nella versione originale in tedesco appare direttamente la voce minijob) e clicca invio, vedrai che nell'elenco risultante compariranno diverse offerte che citano i minijob. Il contenuto è in tedesco ma con un traduttore potrai dedurre la descrizione così ti fai una idea. Poi ti consiglio di fare altrettanto con le offerte regolari, verificherai che la maggior parte prevede contratti a tempo indeterminato (Unbefristetes Arbeitsverhältnis).
    Insomma, i minijob possono non piacere, ma almeno capiamo correttamente cosa sono. [2/2]

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  3. Caro Maurizio, tu mi fai la ricostruzione di quello che sono i minijob secondo il diritto e la legislazione, io ti ho mostrato cosa sono in pratica.
    Lo so anch'io che i minijob sarebbero una forma di lavoro temporaneo e sussidiario, soprattutto applicabile a servizi ecc. ecc, ma, se hai letto il post, ti sei sicuramente accorto che in pratica sono stati utilizzati anche in tutt'altra maniera.
    L'inchiesta di Die Zelt, linkata nell'articolo ha mostrato ad esempio che nel nuovissimo stabilimento BMW di Dresda, alla stessa catena di montaggio lavoravano operai con contratto normale e operai che, tramite esternalizzazione di alcune fasi di produzione, erano con contratti minijob e guadagnavano circa un sesto pur svolgendo la stessa attività (nascosti da un telo per pudore...).
    Lo studio spagnolo, ma lo stesso sindacato tedesco, ammettono che vi è stata un'applicazione distorta di uno strumento che, in se, è perfettamente lecito e può avere tutti i benefici che ricordi. D'altronde non si spiegherebbe un incremento così massiccio dei minijob dal 2004 al 2014 (attualmente sono circa 6,5 mn i lavoratori così impiegati) se non fossero utilizzati anche e soprattutto per lavori, nel commercio nel terziario, ma anche nella produzione industriale, che sarebbero di competenza di un lavoratore "normale".
    Come ha dimostrato un consulente del lavoro italiano Matteo Mazzon in un suo studio, assumere due minijobber al posto di un lavoratore a tempo indeterminato porta ad un risparmio del 14,95% del costo totale del lavoro; questo è perfettamente compreso dalle imprese, per cui illudersi che i minijob sarebbero solo applicati per lavoretti integrativi, casalinghi et similia è solo un'ipocrisia a cui non si deve cedere.
    La realtà è quello che è accaduto in Germania: boom dei minijob, aumento della disuguaglianza sociale, contestuale crollo degli investimenti infrastrutturali pubblici, poiché i fondi erano tutti utilizzati per il sostegno dei minijobber, ed aumento del rischio previdenziale, dato che i nuovi lavoratori non coprono con i versamenti le pensioni da erogare ed a loro volta non avranno una pensione che permetta loro la sopravvivenza. Di tutti questi problemi ne ha parlato recentemente anche un economista tedesco, Marcel Fratzscher: qui di seguito c'è il link della traduzione dell'articolo di Der Spiegel e ti consifgli di leggerlo con attenzione http://vocidallestero.blogspot.it/2014/09/der-spiegel-la-germania-un-paese-in.html

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    1. Guarda Luigi, l'articolo che ho letto in merito alla BMW era su Voci dalla Germania e non parlava di minijob, bensì di lavoratori interinali. E qui concordo: In Germania si fa un largo uso di lavoro interinale. Quanto ai minijob è completamente falso che siano utilizzati in sostituzione dei contratti regolari. I dati dell'articolo spagnolo sono del tutto privi di fondamento e posso tranquillamente dimostrarlo non riportandoti altri dati tratti da questo o quel quotidiano, ma quelli ufficiali dell'Agenzia Federale per il Lavoro (Bundesagentur für Arbeit). Sempre dai dati "ufficiali" (e non letti di qua o di la) i minijib erano 5,5 milioni il primo anno in cui sono stati introdotti (2003). Secondo te sono stati 'creati' cinque milioni e mezzo di posti di lavoro in un anno, o sono stati sostituiti altrettanti contratti ordinari con minijob? Certamente no, il fatto è che non si tiene conto che i contratti atipici c'erano anche prima (dal 1977), i minijob sono solo una modifica apportata all'interno delle riforme Hartz. Scendendo in dettaglio sempre nel 2003 erano 4,4 milioni i minijob 'puri', mentre erano 1,1 milioni coloro che abbinavano un minijob ad un contratto ordinario (a tempo pieno o part-time). A Dicembre 2012 dei 7,5 milioni di minijob erano 4,85 i minijob puri e 2,65 milioni i minijob abbinati a contratti ordinari. Dei 4,85 milioni di minijob (del 2012) 800 mila erano gli ultra 65 enni (probabilmente per arrotondare la pensione dato che in Germania sono sempre calcolate su base contributiva e quindi mediamente inferiore rispetto alle nostre calcolate su base retributiva). Considera poi gli studenti universitari che utilizzano i minijob quale modo per contribuire alle spese di studio e mantenimento visto che in Germania oltre il 60% degli studenti universitari hanno un lavoro part-time e il fatto che due terzi dei minijobber sono donne per conciliare impegni familiari e lavoro. Infine, cosa che pochi sottolineano, dove c'è la maggiore la maggiore concentrazione di minijob? Nei Länder più ricchi, non in quelli dell'ex DDR. Ora, si può benissimo essere contrari all'introduzione di questa tipologia di contratti in Italia, ma almeno capiamo correttamente cosa sono in realtà liberandoci da luoghi comuni. Nelle aziende non ci sono minijob, basta informarsi, ci possono essere come scritto prima molti interinali ma del resto è lo stesso anche qui e in altri Paesi. Da noi i lavori da minijob in ogni caso esistono e sono tanti, sono semplicemente pagati in nero (e/o molto poco) e senza alcuna copertura assicurativa. Oppure abbiamo le cooperative che vengono utilizzate per sfruttare i lavoratori. Tutto qui, poi se preferiamo tenerci la situazione attuale o seguire altre strade va bene, ma basta descrivere i minijob come contratti full-time retribuiti 450 euro al mese.
      Qaunto al blog Voci dall'estero è evidente la loro inclinazione anti-tedesca, che per me ci può anche stare ma se si dicessero cose sensate. Ho smesso di leggere e commentare i loro articoli farlocchi da mesi perchè usano articoli presi ad hoc per il loro scopo (anche pubblicati da riviste e quotidiani tedeschi) e poi ne evidenziano gli aspetti considerati negativi. Lo stesso con l'articolo che hai citato. Gli investimenti pubblici in Germania sarebbero scarsi? Ma sono mai stati in Germania ed in particolare nei Länder orientali? Hanno visto quanto hanno ricostruito? A Lipsia, a Dresda e alla stessa Berlino praticamente rivoltata come un calzino? Se lo avessero fatto come faccio io tutti i mesi recandomi in Germania sia per lavoro che per motivi personali verificherebbero come l'articolo di Der Spiegel è esagerato. E molto. Ma a loro fa comodo considerarlo realistico. E va bene così, a ognuno le proprie convinzioni.

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  4. Caro Maurizio, guarda che lo dicono i dati che la Germania non ha investito: secondo l'OECD la Germania fra il 2000 3 il 2010 ha speso per infrastrutture dei trasporti mediamente lo 0,7% del PIL, contro lo 0.9% della Francia, l'1,1% dell'Italia, l'1,6% della svizzera e il 2,1% del Giappone. Lo stesso FMI ha chiesto alla Germania di investire di più in infrastrutture e trasporti. Il problema è reale.
    In Italia non abbiamo bisogno di ulteriore flessibilizzazione e di lavori temporanei, ma di lavoro e l'unico che può spendere in tempi di ciclo negativo, perché il rendimento del capitale investito non è il suo principale scopo, è il pubblico, attraverso opere mirate che diano lavoro alle imprese, prima di tutto edili. Certo per fare ciò dovrebbe avere una sovranità decisionale monetaria e non solo che attualmente non ha.
    La leva degli investimenti pubblici anticiclici era ben conosciuta in macroeconomia ai tempi in cui la studiavo io e solo la follia liberista degli ultimi decenni ha permesso di dimenticare questo fondamentale driver economico.

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  5. Guarda Luigi, le statistiche andrebbero spesso prese con cura e approfondite. I dati OCSE parlano di investimenti scarsi in un Paese che ha circa 42 mila chilometri di rete ferroviaria (6° al mondo per lunghezza) contro i 20 mila dell'Italia, Italia che, come sappiamo, è divisa in due per efficienza di tale rete a livello nazionale. La Germania ha 645.000 Km tra strade e autostrade contro i 488.000 Km dell'Italia. La rete autostradale tedesca è lunga circa 12.800 Km contro i quasi 3.000 in Italia. Dopo l'unificazione hanno rifatto le maggiori vie di comunicazione nei territori dell'ex DDR e aperto un corridoio tra il Land del Brandeburgo e la Polonia. Sono stati investiti in quel Land più di tre miliardi di euro per lo sviluppo della zona e per favorire l'apertura di centri logistici. Ne so direttamente qualcosa perché quando ero socio della Camera di Commercio italo-tedesca AHK Italien fui invitato a recarmi a Francoforte sull'Oder per visitare la zona e i servizi offerti nel caso fossi stato interessato ad investire. Per questo ti dico che quelle statistiche le prendo con una certa freddezza. Altra cosa semmai è il tema sollevato da Der Spiegel che parla di decadimento delle strutture per una non sufficiente manutenzione e visti i numeri che ho scritto può essere possibile. Ma non si dica che necessitano di investire particolarmente in infrastrutture nuove. Quello lo dobbiamo fare noi perché, sempre a discapito delle statistiche, siamo noi ad avere scuole ed edifici pubblici che cadono a pezzi, per non parlare della sicurezza del territorio.

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