di Antonio Maria Rinaldi
Mentre i candidati di tutte le compagini politiche alle prossime elezioni per il rinnovo quinquennale del Parlamento Europe già fanno a gara, con sfumature diverse, nel professarsi critici contro questa aggregazione monetaria e verso ogni cosa provenga dai palazzi di Bruxelles, gli eurocrati stanno preparando in silenzio la più micidiale delle trappole a danno dei paesi eurodotati; una sorta di punto di non ritorno nei confronti della totale abdicazione delle residue sovranità nazionali.
E’ drammatico, e nel frattempo stesso patetico per le sorti del Paese, il modo con cui molti esponenti politici italiani trattano argomenti economici pubblicamente senza averne le più che minime conoscenze tecniche e ignorando completamente i vincoli e i dettami sempre più pressanti imposti dalle regole dei Trattati sottoscritti.
DAL TRATTATO DI MAASTRICHT AL FISCAL COMPACT
Cerchiamo però di spiegarci meglio. Il “vecchio” Trattato di Maastricht, firmato nel 1992 e ribadito da quello di Lisbona entrato in vigore nel 2009, prevedevano essenzialmente la possibilità dell’indebitamento massimo del 3% rispetto al rapporto con il PIL e il contenimento del debito non oltre il 60%, sempre secondo l’indicatore della crescita. Successivamente si sono voluti irrigidire ulteriormente questi criteri di convergenza, introducendo il Trattato sulla Stabilità, meglio conosciuto come Fiscal Compact, dove veniva introdotto il principio del pareggio di bilancio, quindi la non più possibilità per uno Stato membro di ricorrere all’indebitamento, inserendo il vincolo anche nel dettame costituzionale, e una metodologia precisa e pianificata per il rientro delle eccedenze delle porzioni di debito pubblico superiori al citato 60% nel limite temporale di venti anni.
IL FISCAL COMPACT SECONDO IL PROF. GUARINO
Premesso che l’Italia è stato per ora l’unico Paese dei 25 firmatari ad averlo inserito in costituzione (art.81), ricordiamo che l’impianto del Fiscal Compact è illegittimo secondo le puntuali deduzioni del prof. Giuseppe Guarino, in quanto lo stesso testo precisa che si applica se non in contrasto con altri Trattati su cui si fonda l’Unione Europea (art.2) mentre questi ultimi specificano chiaramente che il limite dell’indebitamento è del 3% (art. 104 c di Maastricht e art.126 di Lisbona) e non lo 0% come invece recita l’art. 3, n.1, lett.a del Trattato in questione.
IL MICIDIALE, ULTERIORE, MECCANISMO AUTOMATICO
Ma la bruciante crisi economica che da più di 5 anni attanaglia l’eurozona e che ha fatto precipitare tutti i dati macroeconomici, ha indotto la Commissione Europea ad “escogitare” un micidiale ulteriore meccanismo automatico per il rispetto delle regole previste dal Fiscal Compact che altrimenti rischiavano di rimanere lettera morta se affidate solamente alle “volontà” dei rispettivi governi nazionali.
LA SORPRESINA POST ELETTORALE ESCOGITATA DA BARROSO
Pertanto, mentre per soddisfare i fabbisogni finanziari in regime di “pareggio di bilancio”, per noi tollerato al 0,5%, dovremo far ricorso solo ed esclusivamente a tagli della spesa pubblica e/o aumenti della pressione fiscale a carico delle famiglie e del sistema delle imprese che saranno in questo modo considerati a tutti gli effetti i soli “prestatori di ultima istanza” e non come in tutto il resto del mondo dove questa funzione è svolta correttamente e proficuamente dalle proprie Banche Centrali, per ottemperare lo scoglio della riduzione del debito, la Commissione guidata da Barroso ci ha riservato una bella sorpresina post elettorale. Non guasta ricordare comunque in questa sede che la spesa primaria, cioè al netto degli interessi sul debito, è già comunque inferiore alla spesa sostenuta dalla media dei Paesi dell’eurozona, essendo minore a quella di paesi come la Francia, Finlandia, Austria, Belgio, Germania e Olanda (dati ufficiali AMECO) e che pertanto il futuro reperimento di fabbisogni finanziari sarà soddisfatto con sempre maggiore ricorso alla fiscalità e circostanziando il problema della spesa a criteri qualitativi e non quantitativi.
LE VARIE INTERPRETAZIONI
Poi c’è la questione sulla data di applicazione del Fiscal Compact perché anche qui piovono interpretazioni: nei gineprai dei Regolamenti europei ne spunta uno, il 1467/97 e successivi, che ci dà una piccola mano in quanto prevede che uno Stato membro, soggetto precedentemente a una procedura per disavanzi eccessivi, soddisfa i requisiti per un triennio a decorrere dalla correzione. Pertanto, essendo stata chiusa la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia il 29.5.13, secondo l’interpretazione della Banca d’Italia dovrebbe scattare dal 2015, perché le lancette le fa partire dal momento dell’inizio della manovra correttiva avvenuta nel 2012, mentre per il Ministero dell’Economia dal 2016, poiché considera invece la chiusura della procedura d’infrazione del maggio 2013!
QUANTO CI COSTERA’ LA STANGATA
In ogni caso se volessimo ad oggi simulare l’entità delle risorse necessarie per soddisfare la riduzione dell’eccedenza del debito così come previsto dal F.C. e tenendo conto dei dati previsionali forniti dal FMI sulla dinamica del debito e del PIL nel 2014 e 2015 nel nostro Paese, dovremmo reperire 38,4Mld di euro, ma a conti fatti potrebbero essere molti di più perché le elaborazioni che in genere fornisce il FMI sulla crescita si sono rivelate essere sempre troppo ottimistiche e non veritiere.
IL FAMIGERATO RUOLO DI UN COMITATO DI ESPERTI…
Ma in ogni caso il Fiscal Compact, almeno come lo conosciamo ora, quasi sicuramente subirà una terrificante evoluzione perché essendo la Commissione Europea conscia che in pochi riusciranno a rispettarlo, ha incaricato un Comitato di esperti di redigere un altro “pilota automatico” per il suo rispetto tecnico. Questo Comitato, composto da 11 titolati economisti europei di cui neanche uno italiano e presieduto dall’integerrima ex banchiera centrale austriaca Gertrude Trumpel-Gugerell, ha terminato i lavori a fine marzo facendo propria la proposta del German Council of Economics Expert avanzata alla fine del 2012 che prevede la costituzione di un Fondo Europeo di Redenzione, ovvero l’ERF, acronimo di European Redemption Fund. Questa proposta, su cui il sottoscritto era già sulle tracce già un anno fa, tanto da inserirla a pag.164 del saggio “Europa Kaputt” del giugno 2013, è stata presa a totale riferimento nel lavoro degli esperti incaricati da Bruxelles per ridurre coercitivamente le eccedenze di debito senza possibilità di moratorie e con modalità automatiche.
ECCO CHE COS’E’ IL FAMIGERATO ERF
Il micidiale ERF funziona essenzialmente in questo modo: tutti gli Stati aderenti conferiscono a un Fondo specifico le eccedenze delle porzioni di debito superiori al 60% del PIL e lo stesso Fondo, per finanziarsi e tramutare i titoli nazionali con quelli con garanzia comune, emetterà sul mercato dei capitali una sorta di super eurobond al cubo e avvalendosi della tripla A, concessa dalle Agenzie di rating alle emissioni della UE, potranno godere di tassi presumibilmente più bassi rispetto a quelli di molti paesi “periferici”.
GLI EFFETTI NEFASTI PER L’ITALIA
Ma siccome nessuno ti regala nulla per nulla, tantomeno i ragionieri esattori europei, in cambio viene pretesa a garanzia l’asservimento dei rispettivi asset patrimoniali nazionali, riserve valutarie e auree e parte del gettito fiscale (es. IVA). In questo modo si firmano cambiali in bianco e la riduzione del debito avverrà automaticamente con la vendita dei beni patrimoniali seguendo la logica del curatore fallimentare più orientata a soddisfare i diritti del creditore che del debitore se non si sarà in grado di versare gli importi previsti ogni anno e per vent’anni! Praticamente per noi una specie di euro Equitalia esattrice-liquidatrice o come avviene con la cessione del quinto stipendio, rimanendo però con il residuo del debito (il 60%) da onorare senza più contare sul “collaterale” patrimoniale!
LA TRISTE FINE DELLE PARTECIPAZIONI DI STATO
Le partecipazioni di ENI, Finmeccanica, Poste, ENEL ecc., beni immobiliari pubblici, riserve auree e valutarie, saranno liquidate automaticamente con il pericolo che saranno letteralmente svendute a favore dei soliti noti, per soddisfare il criterio della riduzione ventennale del debito, visto che attualmente la nostra eccedenza di debito ammonta a circa 1170 Mld., pari al 73% del PIL essendo ora al 133%.
LA TOTALE ABDICAZIONE DELLA SOVRANITA’
Inoltre in questo modo il nostro debito, anche se attualmente espresso in euro, ma di fatto valuta per noi estera in quanto non la stampiamo, almeno è ancora sotto la giurisdizione italiana, mentre con la conversione in emissioni comuni (eurobond), si tramuterebbe in giurisdizione internazionale e non più convertibile in valuta nazionale in caso di uscita poiché non più applicabile il principio di Lex Monetae previsto dagli artt.1277 e 1278 del nostro codice civile. Si tratterebbe dell’abdicazione più totale di qualsiasi residuo di sovranità e saremo depredati di tutto il nostro patrimonio pubblico. E poi per la nota massima “Moneta buona scaccia la cattiva”, il residuale di debito del 60% sul PIL, che rimarrebbe comunque in nostro carico, subirebbe un forte deprezzamento in termini di tassi pur espresso sempre in euro!
Ma possiamo star pur certi che la nostra classe politica, già fortemente deficitaria sulla conoscenza del funzionamento del Fiscal Compact nonostante l’abbia votato e inserito in Costituzione, ignora completamente cosa stiano tramando a Bruxelles e la decisione politica sull’applicazione dell’ERF, il cui iter è da scommettere inizierà un minuto dopo la chiusura delle urne il 25 maggio prossimo, li troverà totalmente impreparati.
Ma questa volta c’è in gioco il destino, il futuro e l’identità del nostro Paese e sono certo che la corretta informazione preventiva farà in modo che la coscienza dei cittadini italiani compenserà l’incapacità dimostrata fino ad ora dalla classe politica nel non comprendere l’irreversibilità di certe scelte scellerate!
Fonte: http://www.formiche.net/
Nessun commento:
Posta un commento