La cancelliera avrebbe offerto altri nove miliardi di euro di aiuti in cambio di un colpo di spugna sull'occupazione nazista
Nuova tranche di aiuti da Berlino ad Atene in cambio del silenzio sui danni (miliardari) perpetrati dai tedeschi alla Grecia? La crisi ellenica si arricchisce di un nuovo capitolo buono, forse, anche per confermare un macrodato: che proprio in concomitanza con i periodici report che i rappresentanti di Fmi e Bce redigono sui conti del Paese, fanno capolino populismo e propaganda che non aiutano a risolvere quello che è stato ribattezzato il puzzle del secolo.
Secondo la stampa di Atene Angela Merkel avrebbe offerto altri nove miliardi alla Grecia, sotto forma di nuovi aiuti per ridurre il debito, purché Atene rinunci al maxirisarcimento tedesco della seconda guerra mondiale. Su cui, come riportato a suo tempo anche dal Financial Times, Atene ha istituito un gruppo di lavoro per valutare i documenti ufficiali presenti negli archivi storici. Nel 2011 i conteggi dell'economista francese Jacques Delpla, stimavano che la Germania avrebbe dovuto corrispondere alla Grecia 570 miliardi: di qui un paper redatto con il dettaglio di danni, quantificazioni e importi attualizzati inviato a Berlino già dallo scorso marzo. Numeri significativi, ma con nel mezzo settant'anni trascorsi senza che nessuno se ne sia occupato. Oggi tornano nuovamente sulla scena in questa vera e propria guerra di nervi che ormai si sta consumando lungo il triangolo Washington (Fmi), Berlino (Bundestag) e Atene (crisi).
Secondo indiscrezioni apparse sulla stampa greca, la cancelliera, nel mezzo di dure trattative con i socialdemocratici per la formazione del governo e con la zona euro per le nuove norme del Fmi, «ricatta» il governo greco ad accordarsi in anticipo su un nuovo contratto di finanziamento, con l'obiettivo di annullare la richiesta di Atene. Che, dati alla mano, avrebbe diritto a quei denari mai ottenuti dalla Germania per i danni della seconda guerra mondiale. E che azzererebbero il maxi prestito figlio del memorandum. Una notizia che si inserisce in un contesto di per sé già complicato e foriero di fibrillazioni, con ulteriori tensioni tra il governo greco e la troika nuovamente ad Atene per i consueti controlli: l'esigenza improvvisa di altre misure fiscali da 2 miliardi nel 2014 è una mossa che il governo Samaras (ieri in visita a Palazzo Chigi da Enrico Letta) non accetta, assieme all'eventuale decisione di riduzione del debito dopo le elezioni europee di maggio. Il risultato? Ancora nessun accordo sul fronte licenziamenti pubblici, con all'orizzonte il rischio del quarto taglio a stipendi e pensioni in tre anni, e con il tfr (già decurtato del 20%) che pare sarà concesso a rate ai lavoratori che vanno in pensione. Mentre la tensione sociale, in verità mai sopita, torna ad infiammarsi per via del probabile sciopero generale promosso delle confederazioni sindacali per fine ottobre. Ma con il nodo rappresentato dal maggiore sindacato greco che di fatto è espressione del partito socialista del Pasok, attualmente nel governo delle larghe intese assieme ai conservatori di Nea Dimokratia.
Insomma una situazione proibitiva da cui si chiama fuori il ministro delle Finanze Ioannis Stournaras che adesso definisce «inopportune» le nuove richieste avanzate dalla troika dopo aver accettato, sic et simpliciter, il memorandum che nel novembre 2012 i trecento deputati greci hanno votato senza aver avuto il tempo materiale di leggere (400 pagine). Per inciso, Stournaras fu membro della speciale commissione presieduta dall'allora premier socialista Costas Simitis, che curò il passaggio della Grecia dalla dracma all'euro, poi promosso al tempo della crisi a «guardiano» delle finanze. Con i risultati che sappiamo.
Fonte:http://www.ilgiornale.it
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