Ieri mattina abbiamo avuto modo di analizzare parte dell’uscita domenicali del buon Udo Gumpel nel confronto televisivo con Magdi Cristiano Allam. Oggi analizzeremo un’altra parte del suo intervento, un’ulteriore affermazione pronunciata dal medesimo, sempre nel corso della stessa trasmissione, Omnibus di La7: l’Irlanda oggi non è più un PIGS!
Davvero? E cosa avranno mai fatto per meritarsi la palma di nazione affidabile e rigorista da parte di giornalisti di siffatta natura? Quali passi da gigante avranno mai effettuato per uscire fuori da una delle più colossali crisi che un fragile e minuscolo sistema paese abbia mai vissuto nella sua storia? Cerchiamo di capire chi sono quest’isolani che io adoro forse persino più dei miei compaesani. Uno degli stati da sempre più poveri dell’Europa occidentale (a fine anni 60) che ad un certo punto divenne uno dei più prosperi dell’area sino al punto di guadagnarsi l’appellativo di tigre celtica.
Computer, farmaceutica, tecnologia medica, servizi internazionali, elevate competenze professionali al servizio di questi settori e tanto altro ancora, ad alto valore aggiunto, determinarono l’espansione economica irlandese degli anni ’70. Gli anni ‘80 invece furono anni di inflazione (all’11% annuo circa) e alta disoccupazione giovanile. All’inizio degli anni ’90, invece, elevati tagli alla spesa pubblica e alla tassazione aziendale (che attirò I.D.E.), ad esempio l’imposta sulla produzione fu fissata al 10%, determinarono l’arrivo di numerose multinazionali che, facendone la piattaforma logistica per i mercati europei, determinarono una prima ripresa espansionistica.
Intorno al 2000, oramai la popolazione era in crescita e le sue condizioni economiche erano notevolmente migliorate. L’avvento dell’euro, congiuntamente alla crescita della domanda di beni e servizi, in particolar modo per le abitazioni, scatena una crescita impressionante che porta la nazione ad esser considerata sempre più un modello da seguire. E però, peccato, il problema era che prese il via il boom edilizio. Nel 1990 le case erano 1,2 milioni, in meno di 20 anni raddoppiano di numero. È chiaro che la pressione di una tale domanda di abitazioni in così breve tempo, unita alla grande disponibilità di capitali affluiti dal nord-europa in cerca di impieghi con dumping sui tassi, ne fa salire prezzi e rendite. Il “mattone” inizia a rendere tantissimo, la speculazione edilizia diviene il settore fondamentale dell’economia e, piano piano, prende forma la Irish property bubble: la bolla speculativa che, come per l’Italia del 2004-2006, sgancia i prezzi delle abitazioni dalle variabili macroeconomiche reali determinando elevate sopravvalutazioni.
Se l’Italia passò da 2.400 a 4.000 euro il metro quadro, non fu da meno la sopravvalutazione irlandese: +30%!
Con la successiva caduta prezzi, seguita alla scoppio della bolla, la crisi si trasferì al settore bancario-finanziario. Le banche, che avevano riempito l’economia di mutui e debiti in linea con i dettami del ciclo di Frenkel e che, al sopraggiungere della crisi, non erano più sicure di rientrare dei prestiti da parte di migliaia di debitori, entrarono in fibrillazione, prima, e forte crisi, poi. Dublino ricapitalizzò per 10 miliardi di euro le maggiori banche e garantì i depositi bancari per cifre spropositate (rispetto al Bilancio di Stato); addiritturaa nel 2009, nazionalizzò la Anglo Irish Bank ma la crisi era troppo forte e la Troika, richiese le operazioni di fiscal retrenchment oramai tristemente note anche al popolino italico.
Le conseguenze della crisi e dei tagli pro-ciclici furono:
- Pil al -7,5%;
- disoccupazione al 13,8% nel 2009;
- deflazione del 6,5% nel 2009;
- Delta deficit pubblico da 33,6 miliardi di euro a 40,46 miliardi di euro,
- debito-PIL al 63,7%.
Il governo si impegnò in continue manovre di e tasse ed effettuò sistematici riduzioni della spesa pubblica corrente (trovandosi poi costretto a spendere di più per l’assistenza sanitaria delle persone). Ed ecco che a forza di tagli e tasse oggi, in conseguenza del mix di azioni intraprese, l’Irlanda si ritrova al seguente punto:
Cinque anni di deficit (uscite maggiori delle entrate) per cifre molto consistenti (considerate che noi in Italia stiamo ragionando SE siamo al 3 o al 3,7 come penserei io);
Ovviamente, come arcinoto, il Ciclo di Frenkel ha lavorato alla grande, dal rapporto debito/pil del 64,4% del 2010, in soli 3 anni il debito è salito al 117,4%!
E questo è normale visto che (all’incirca, con le dovute semplificazioni) vale la seguente espressione matematica:
D2013 = D 2012+deficit 2013
Ed ancora…D2013 = D 2010+deficit 2011+deficit 2012+deficit 2013
E per terminare:
Questo è il tasso di crescita del PIL dell’Irlanda su base annua.
Si si, egregio Prof. Udo Gumpel, ha proprio ragione: l’Irlanda non è più il caso di definirla un PIGS.
Avremo modo di tornare sull’Irlanda in settimana causa analisi del nuovo budget emesso dal governo ma per ora fermiamoci qua; il nostro intento era solo quello di far comprendere come certi individui manipolino le informazioni televisive, in modo deliberato, senza che vi sia qualcuno in grado di porre un argine al dilagare delle menzogne.
Ecco miei cari amici, con questo pezzo abbiamo terminato l’elogio ad uno dei più stimati giornalisti tedeschi esperti di economia europea e mondiale.
Ma io dico!
E gli altri? Se la caratura del massimo degli esperti italo-tedeschi è questo gran professionista, come sono gli altri? Quelli che non conosciamo?
Odio ripetermi ma vorrei affermare nuovamente quanto sostenuto in chiusura sul pezzo di ieri….
Da uno, capisci come son tutti!
(Virgilio – Eneide).
Maurizio Gustinicchi
Economia 5 Stelle
Fonte: http://scenarieconomici.it
Per approfondire consiglio http://vocidallestero.blogspot.it/2013/12/varoufakis-il-finto-successo-del.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+VociDallestero+(Voci+dall'estero)
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