Fu nell'anno 2016 che la maggioranza della gente si accorse di cosa è veramente la moneta e per mesi, dopo che la "scoperta" ebbe riempito le pagine dei giornali, i canali televisivi, i siti internet e le discussioni nei bar divenne un solo ritornello: "Ma come avevamo fatto a non accorgercene prima?"
Il cambiamento arrivò con il collasso finale dell'eurozona nel 2015, un evento che era stato previsto da un numero crescente di esperti ormai da anni ma che nonostante tutto colse molti alla sprovvista. Una delle sorprese fu che il crac si verificò non in Grecia o Spagna, ma in Italia, cioè in quello che era una volta il settimo paese industriale al mondo e che era stato lentamente strangolato nella camicia di forza dell'austerità. Il paese in cui il caos politico era degenerato con diverse regioni che chiedevano la secessione, un governo paralizzato da anni e manifestazioni sempre più violente. Alla fine la capitolazione arrivò l'11 settembre del 2015, con la dichiarazione del nuovo governo che le pensioni sarebbero state pagate nella "nuova valuta nazionale italiana" e anche incrementate del 10% (per compensare i tagli dei governi Monti I, Monti II e Monti III) e che le tasse sarebbero state pagabili solo in Lire. Il nuovo governo dichiarò anche una Vacanza Fiscale di un anno, in cui l'IVA e l'Irpef vennero dimezzate, durante la "Transizione Nazionale" alla nuova valuta, per rilanciare immediatamente l'economia ormai in stato comatoso, dopo otto anni di depressione e austerità.
Le fosche previsioni circa l'iperinflazione non si avverarono. Invece la gente, essendo ora finalmente pagata (in lire), tornò a lavorare andando a raccogliere l'immondizia che si era accumulata in molte città e i cocci e i rottami delle devastazioni delle dimostrazioni degli ultimi mesi, rimettendo così in sesto anche tutte le altre infrastrutture degradate negli anni dell'austerità e della grande depressione causata dei governi Monti-Troika, durante i quali le maggiori imprese avevano ridotti gli investimenti, anche quelli di semplice manutenzione
La cosa però che sorprese tutti fu la decisione del Ministero delle Finanze su come effettuare la transizione di moneta: perchè ricominciare a stampare di nuovo tutte le banconote in Lire? I cellulari erano da anni in grado di ricevere addebiti e accrediti, e di fare pagamenti. Perchè non emettere una "Carta Digitale in Lire" (CDL) che poteva essere caricata di Lire a un Bancomat e poi usata per pagare qualunque negozio o ufficio tramite cellulare ?
Non appena il governo ebbe emesso il Decreto per la Transizione (alla Lira) i lavoratori addetti alla ricostruzione (assunti per rimuovere la spazzatura accumulatasi e i danni delle dimostrazioni) iniziarono a ricevere i loro stipendi, inserendo le loro carte digitali in Lire nei bancomat, dove le Lire apparivano grazie al fatto che al ministero delle Finanze digitivano i numeri necessari nei loro computer collegati. Non appena le "Carta Digitale in Lire" ebbero raggiunto tutta la popolazione, i negozi tornarono a riempirsi e persino i teatri principali a Roma e Milano, che avevano cancellato buona parte della stagione 2016, riaprirono. Anche lo scontro politico, che era diventato sempre più acuto, si calmò. Ci si rendeva conto che l'Italia non era senza soldi: era solo rimasta senza euro!
L'altro effetto, però, fu che l'assenza di banconote e il fatto che tutto il denaro era digitale cambiava la percezione del denaro, che non era più una cosa fisica, cioè associato a una certa quantità data, con un numero finito di banconote nelle casseforti, nascoste da qualche parte. E il modo in cui si era passati alla Lira aveva d'improvviso chiarito a tutti da dove arrivava il denaro: da un computer presso il Ministero delle Finanze che aveva istantaneamente accreditato milioni di bancomat di miliardi di nuove Lire. Non erano soldi che il governo aveva prima incassato con i bonifici e con gli assegni versati all'Agenzia delle Entrate. Erano numeri digitati in uno schermo di computer al Ministero, collegato in modo elettronico tramite i bancomat alle nuove "Carte Digitali in Lire" (CDL) che tutti i cittadini ora avevano. Il modo in cui il governo creava queste lire digitali era simile a quello in cui l'Enel o Hera immettevano elettricità nella rete elettrica nazionale per far girare gli impianti elettrici, l'illuminazione, le TV e tutto il resto.
Riguardo alle banche, quando ora erogavano un mutuo o un prestito per l'acquisto di un auto, si vedeva apparire nel proprio cellulare l'ammontare in lire a destra, ad esempio 100mila lire, ma anche a sinistra: "meno 100mila lire". La somma tra il debito venutosi a creare e il saldo netto in lire era zero, indicando che la banca non aveva creato vero denaro. I questo modo diventava chiaro che solo quando il governo spendeva accreditando di un ammontare le "Carte Digitali in Lire" (CDL) si creavano lire. Cioè, in pratica, solo quando il governo spendeva per qualche cosa aumentava la moneta in circolazione. Questo era diventato tanto più chiaro in quanto, per risollevarsi dalla Depressione creata da cinque anni di Austerità dei governi Monti, nell'anno della transizione alla Lira erano stati sospesi metà dei pagamenti dell'Irpef e metà dell'IVA, per cui il governo aveva incassato solo metà delle tasse che strappavano Monti e Befera. E nonostante questo però, il governo era stato in grado di accreditare a tutti un ammontare di nuove lire superiori a quello degli euro che sostituivano.
Il governo lanciò un piano di infrastrutture per 60 miliardi (di euro equivalenti) dalla fibra ottica, ai parcheggi, alla rete ferroviaria, alle autostrade, alla pulizia delle coste, ai rigassificatori. La combinazione della spesa per infrastrutture e la riduzione massiccia delle tasse fece scendere la disoccupazione dal 22% al 5% e fece esplodere il PIL, che passò dal -3% anno, cui ci si era abitati sotto i governi Monti-Troika, a un +8%, superando India, Cina, Brasile e ritornando ad un ritmo di crescita che l'Italia aveva conosciuto per l'ultima volta nel 1965 (e di cui avevano memoria ormai solo gli anziani, a cui nessuno credeva, quando lo raccontavano). Avendo imposto una moratoria di un anno su metà della tassazione, tutti gli italiani, volenti o nolenti, erano stati costretti a notare che il governo non aveva avuto per questo il minimo problema a finanziare le spese (come ci si era sempre sentiti predicare falsamente per generazioni: "se non si fa la finanziaria, se non si aumentano l'Iva e la benzina, non ci saranno i soldi per i lampioni, per le volanti di polizia e per il riscaldamento degli ospizi!"). Passato l'anno di moratoria, in cui le tasse erano state ridotte da 700 a 400 miliardi, in euro equivalenti, dovendo ripristinarne una parte per evitare un'eccessiva inflazione, si aprì un nuovo dibattito sulle tasse. Ora era chiaro a tutti che il governo non aveva bisogno di raccogliere prima le tasse, per poi avere dei soldi da spendere: era diventato evidente invece che il governo, spendendo prima, metteva in circolazione la moneta grazie alla quale, successivamente, i residenti potevano pagare le tasse. Era insomma ora chiaro che le tasse sono solo un modo per ridurre la quantità di moneta in circolazione (immessa nell'economia dal governo, quando spende), in modo che una volta ottenuta la piena occupazione delle risorse poi non si generi inflazione.
Va da sè, a questo punto, che non aveva quindi alcun senso per lo Stato indebitarsi nuovamente, vendendo a residenti o investitori esteri BTP che gli costavano un 4-5% l'anno, e nel corso di 20 anni facevano raddoppiare il suo debito iniziale. Lo stato era libero dalla schiavitù del "debito pubblico", quello strano debito che come si diceva "è dovuto a noi stessi", cioè che lo Stato deve ai cittadini per poter spendere a loro favore e che poi, per essere ripagato, lo costringe a tassarli sempre di più, in un circolo vizioso in cui l'unica cosa certa è l'accumulo all'infinito di interessi su interessi. In questo modo, invece, ora lo stato italiano poteva risparmiare quasi 80 miliardi l'anno (di euro equivalenti), riducendo quindi anche le tasse, ovviamente, dello stesso ammontare
Dato che si voleva che l'economia producesse reddito e occupazione, adesso era più chiaro che non aveva molto senso tassare la produzione annuale di reddito con imposte come l'irap, irpef e sul valore aggiunto (iva). Era piuttosto logico tassare invece alcuni consumi finali di lusso o nocivi per l'ambiente e la proprietà terriera ed immobiliare, il cui valore non rifletteva alcun input di lavoro, ma solo un dato geologico. Cioè: il valore del patrimonio immobiliare e terriero, oltre ad essere stato gonfiato negli anni precedenti alla crisi dal credito bancario, dipendeva in generale dalla bellezza naturale dei luoghi e dalla posizione (distanza dal mare...), e poi dal contesto economico produttivo creato dal lavoro dell'ingegno applicato. Una tassazione della rendita immobiliare riduceva le differenze sociali dovute all'accumulo per eredità e alla fortuna (o connivenza) nella distribuzione delle aree fabbricabili e, inoltre, riducendo la convenienza dell'investimento immobiliare come speculazione sull'incremento di valore, toglieva l'incentivo delle banche a finanziarlo e faceva scendere i prezzi della case, con beneficio per le nuove generazioni.
Tutta questa rivoluzione in Italia, generata dalla transizione alla nuova Lira digitale, ovviamente creava molta discussione all'estero, mettendo in difficoltà economisti ed esperti che dovevano spiegare ora il nuovo "miracolo economico" italiano, sostenuto da una serie di ampi deficit pubblici e drastiche riduzioni di tasse che costituivano la ricetta esattamente contraria a quella praticata dai famigerati governi Monti, che avevano avuto il plauso entusiasta della "comunità finanziaria" di Londra, New York e Francoforte. I fondi,le banche e gli investitori esteri, per un decennio avevano tenuto in ostaggio l'Eurozona attraverso una "crisi del debito pubblico" artificiale, in cui spingevano sempre più su il costo del debito greco, portoghese, irlandese, spagnolo e italiano, rifiutando di concedere ristrutturazione del debito quando le nazioni non riuscivano a pagare, impoendo quindi governi come quello Rajoy in Spagna, quello Papademos in Grecia e quello Monti in Italia, che spremevano la popolazione e chiedevano di svendere i beni pubblici.
Di fronte alla nuova Lira i "padroni dei bonds" andarono al Ministero delle Finanze a Roma minacciando che non avrebbero più comprato bonds italiani e che questo avrebbe provocato un crac del debito italiano sui mercati globali. Ma al Ministero a Roma risposero: "Quali bonds ? quali BTP ? Noi non vendiamo più bonds, perchè mai lo stato italiano deve indebitarsi con voi?" Allora i padroni dei bonds dissero: "Ma noi vogliamo comprare i vostri bonds! Abbiamo bisogno di mettere in qualche investimento finanziario sicuro i nostri miliardi. Vogliamo un investimento che paghi ogni anno sempre un interesse garantito dallo stato. Noi abbiamo bisogno che voi emettiate ora, adesso, subito dei bonds in Lire !". E il nuovo Governo italiano, il primo degno di tal nome, rispose: "Se volete investire dei soldi in Italia aprite un'attività, un business, una fabbrica, una centrale, un servizio di qualche genere, un villaggio turistico. Comporta forse qualche rischio, rispetto ai bonds, ma può rendere, ora che le tasse sono più basse, e soprattutto fa girare l'economia. Ma non potete venire in Italia a pretendere di comprare BTP. Qui in Italia ne abbiamo avuto abbastanza di tenere al sicuro il vostro denaro, e di pagarvi, per di più, per il servizio che vi stavamo offrendo!".
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